Presunzione da prelevamenti bancari: stop per i professionisti?

i prelievi rilevati sui conti correnti costituiscono o no presunzione legale ai fini dell’accertamento degli esercenti le attività professionali?

I prelievi rilevati sui conti correnti non costituiscono presunzione legale ai fini dell’accertamento del maggior imponibile IVA ed ai fini dell’accertamento del maggior compenso nella determinazione del reddito imponibile degli esercenti le attività professionali.

Queste le due conclusioni contenute nella sentenza della CTP di Modena del 18 gennaio 2012 n. 15, sentenza che si distingue per il convincente ragionamento logico giuridico espresso e formulato.

Si propone, in sintesi, il ragionamento logico e sistematico proposto dai giudici di merito, che ripone nel giusto equilibrio il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuente nell’utilizzo di uno strumento presuntivo che più volte è stato oggetto di denuncia di anticostituzionalità per il suo fare eccessivamente invasivo e contrario ai principi della corretta determinazione della capacità contributiva del contribuente.

 

La presunzione da indagine bancaria IVA

La commissione osserva la diversa stesura delle norme che, in materia IVA e in materia di imposte dirette, azionano la presunzione legale relativa sulla base dei dati ed informazioni di natura finanziaria.

A tal fine si propone la lettura distinta delle norme che operano nel campo IVA e nel campo delle imposte dirette.

Presunzione legale IVA

Art. 51 del DPR 633/72:

I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 52, ultimo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504a, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 54 e 55 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili;

Presunzione legale Imposte dirette

Art. 32 del DPR 600/73

I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18 comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni.

La Commissione rileva che, nella disposizione operante per l’IVA, la proposizione normativa, identica nella prima parte a quella in materia di imposte dirette, non riproduce anche la seconda parte in quest’ultima espressa che appunto fa riferimento alla presunzione legale basata sui prelievi. Ne deriva che, la presunzione dei prelevamenti opera esclusivamente nel campo delle imposte dirette e non sussiste titolo legale per qualificare i detti prelevamenti in fase di accertamento come corrispettivi non fatturati, fermo rimanendo che detti prelievi sono qualificabili per presunzione legale come ricavi.

L’interpretazione letterale è spiegata nella sentenza anche sulla base di un ragionamento logico, ragionieristico ed economico.

La presunzione che ad un prelievo non giustificato corrisponda un acquisto di un bene occulto e clandestino, trova fondamento nel fatto noto che tale acquisto in nero introduce un fattore produttivo preordinato alla creazione di valore aggiunto, valore aggiunto che si concretizza nell’incremento del valore della produzione, costituendo al contempo un elemento positivo del reddito ai sensi dell’articolo 2425 primo comma , lett. A) del c.c..

In sostanza, nel campo delle imposte sul reddito di impresa, l’acquisto di un bene, quale fattore produttivo, in nero, accede sempre, nella logica ragionieristica contabile, all’incremento del valore della produzione quale incremento delle rimanenze.

Tuttavia tale presunzione non può andare oltre, e il presupposto di fatto del prelievo che è dimostrativo, per presunzione legale relativa dell’acquisto di un fattore produttivo sì correlato ad un elemento di incremento del valore della produzione, non può essere dimostrativo anche del presupposto di applicazione dell’IVA, perché questa richiede un ulteriore presupposto di fatto, il trasferimento di ricchezza tra soggetti.

Mancando quindi la presunzione che dimostri che quel bene sia stato anche trasferimento manca la presunzione legale ai fini delle imposte indirette che giustifichino, legalmente, una maggiore IVA correlata presuntivamente ad un prelievo.

 

La Presunzione dei prelievi non opera per i professionisti

Sulla base del ragionamento sopra esposto, la Commissione sostiene l’irrilevanza dei prelievi rilevati dai movimenti finanziari ai fini della presunzione dell’accertamento di maggiori compensi dei professionisti, rilevando che tale presunzione regge pienamente il vaglio logico nell’ambito delle attività imprenditoriali per le quali opera, in un contesto di razionalità, la creazione di valore a seguito e con l’impiego/investimento di fattori produttivi.

La conclusione sopra esposto sul piano logico, sistematico, economico e ragionieristico, è supportata anche dall’interpretazione letterale della norma.

Quest’ultima, che di seguito sarà argomentata, rappresenta indubbiamente una novità interpretativa che si distingue da quelle elaborate fino ad ora dalla giurisprudenza e dalla dottrina, che al cospetto della nuova interpretazione letterale, appaiono frettolosamente concentrate sul termine compensi e non anche sulla modalità in cui storicamente tale termine è stato introdotto.

Per comprendere il filone interpretativo proposto occorre esaminare la lettura della norma prima e dopo le modifiche introdotte con la finanziaria 2005.

Testo previgente:

[…]alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario, i prelevamenti annotati negli stessi conti e non risultanti dalle scritture contabili.”

Testo dopo le modifiche della Finanziaria 2005

[…]alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni.”

Secondo la Commissione, dalla lettura comparata della norma emerge che il legislatore non ha voluto allargare il perimetro di applicazione della presunzione legale di maggiori ricavi sulla base dei prelevamenti contestati, già operante e calibrata per l’imprenditore, ma ha voluto introdurre una nuova e parallela ipotesi di presunzione legale, precisamente e distintamente calibrata per le attività professionali e affatto simile a quella tracciata per l’impresa.

Dalla lettura della nuova norma emerge che il legislatore ha introdotto i termini “o compensi” e “o gli importi riscossi”, termini da correlare tra di loro in modo biunivoco ed esclusivo e sulla base dei quali dovrà operare la presunzione introdotta con la finanziaria 2005 per i professionisti.

Da tale lettura sistematica si rileva la seguente scomposizione della norma:

 

1 – Presunzione per l’imprenditore: alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti;

2 – Presunzione per il professionista: alle stesse condizioni sono altresì posti come compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, gli importi riscossi.

 

La commissione precisa che il termine “riscossione” non può essere assolutamente confuso, e scambiato con il termine prelievo perché l’interpretazione di tale termine deve essere esercitata non sul piano oggettivo ma da un punto di vista soggettivo. La riscossione deve essere intesa come riscossione del professionista, e tale riscossione è presunzione di maggiori compensi, se non diversamente imputata.

La diversa interpretazione sul piano oggettivo del termine riscossione porterebbe ad una non stabile valutazione, laddove è evidente che ogni debito è oggettivamente anche un credito, che ogni entrata è oggettivamente anche un’uscita ma anche che ogni salita è anche oggettivamente una discesa. Tale non stabile interpretazione non può ovviamente essere il fondamento di applicazione di una presunzione legale relativa, funzionale all’accertamento della capacità contributiva del contribuente.

Ed ecco in sintesi secondo la commissione come operano le presunzioni da accertamento finanziario per il professionista:

  • Se il professionista effettua un versamento in conto corrente scatta la presunzione generale di maggior reddito;

  • Se il professionista si fa pagare il compenso clandestino mediante bonifico o versamento, risultando un importo riscosso dal professionista a mezzo del conto bancario, si perfeziona il presupposto di fatto che innesca la presunzione legale relativa voluta dal legislatore e di cui sopra.

Innovativa e convincente l’interpretazione fornita dal giudice di merito di Mantova, che ha l’assoluto pregio nell’evidenziare l’aspetto soggettivo della presunzione conferendo alla riscossione, presupposto di fatto di innesco della presunzione stessa, la sua corretta interpretazione.

Una interpretazione che conforta e corrisponde al ragionamento economico sostanziale il quale, in modo palese e acclarato (al pari di un fatto assoluto dimostrato dall’esperienza), esclude, per gli esercenti attività professionale, che il prelievo possa essere causa di un maggior compenso quale maggior valore della produzione.

La conclusione della commissione che facciamo quindi nostra è:

i prelevamenti non possono venire accertati come compensi professionali non fatturati, ma solo come ricavi d’impresa e, per far scattare la presunzione in ordine ai compensi professionali, è strettamente necessaria la presenza di importi riscossi.”

 

26 novembre 2012

Mario Agostinelli