Consigli pratici al professionista che vuole disconoscere le risultanze delle indagini bancarie dell'Agenzia delle Entrate

è nullo l’accertamento a carico del professionista che riesce a dimostrare che le movimentazioni bancarie non sono altro che operazioni di disinvestimento?
Come si può difendere il contribuente? Occorre considerare che la legge impone di considerare ricavi sia i prelevamenti sia i versamenti su conto corrente, salva la prova che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinanti beneficiari anziché costituire acquisizione di utili…

Pronuncia

Il contribuente professionista può dimostrare che i più importanti movimenti finanziari rilevati dai conti correnti non hanno attinenza con l’attività di architetto ma riguardano operazioni di disinvestimento, rilevando, in tal caso, sulla base della documentazione depositata nel corso del processo “l’estraneità e non imponibilità degli importi oggetto di accertamento”. Tale assunto è stato precisato dalla recente ordinanza del 18 Luglio 2012, n. 12440 della Corte di Cassazione.

 

Premessa

Orbene, la disciplina delle presunzioni legate agli accertamenti bancari è stabilita dall’art. 32 del D.P.R. 600/73 e in virtù di queste disposizioni i dati egli elementi attinenti ai rapporti e alle operazioni bancarie sono posti a base delle rettifiche degli accertamenti (artt. 38, 39, 40 e 41 del D.P.R. 600/73) se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indichi il soggetto beneficiario1 e sempreché non risultino dalle scritture contabili i prelevamenti o gli importi nell’ambito dei predetti rapporti (art. 32, cc. 1 e 2 D.P.R. 600/73).

 

Soggetti coinvolti

Sono imputabili a reddito imponibile i versamenti non giustificati non solo di professionisti e autonomi ma anche di collaboratori e di qualunque altro contribuente. La Corte ha affermato che “gli artt. 32 e 38 D.P.R. n. 600/1973 hanno portata generale e pertanto riguardano le rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell’attività dagli stessi svolta e dalla quale quei redditi provengano, la qual cosa in particolare è da ritenersi per quanto relativo all’applicabilità della presunzione di cui all’art. 32, comma 1, n. 2” (Cass. 27-09-2011 n. 19692 sez. T).I versamenti operati sui conti bancari di un privato, privi di giustificazione, costituiscono reddito, dovendosi ritenere legittima l’attività accertativa; non sussistel’impossibilità di applicare le presunzioni sulle indagini finanziarie a contribuenti che non producono reddito di impresa né di lavoro autonomo.

 

Natura giuridica

La natura di presunzione legale della presunzione in merito ai prelevamenti e versamenti operati sui conti correnti bancari, è stata statuita dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 22853 del 25 ottobre 2006 sez. V.

La Consulta ha affermato, con la sentenza n. 225 dell’8 giugno 2005 che la norma impugnata stabilisce “una mera inversione dell’onere probatorio” e non priva affatto il contribuente di adeguata tutela, dal momento che “gli è consentito liberarsi dagli effetti della presunzione iuris tantum indicando il beneficiario del prelievo“.

 

Riferibilità dei conti intestati al contribuente

Una volta provata la riferibilità dei conti intestati al contribuente, scattano le presunzioni di rilevanza reddituale stabilite dall’art. 32 del D.P.R. 600/73, con la conseguenza che il contribuente deve dimostrare2 che i movimenti bancari non sono riferiti ad operazioni imponibili (Corte di Cassazione sentenza n. 17387/2010).

 

Prova specifica

Nel rapporto tra amministrazione/contribuente, per quel che concerne la distribuzione dell’onere probatorio in tema di indagini finanziarie, sussiste l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente L’art. 32 del D.P.R. 600/73, come l’art. 51 del DPR 633/72, impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinanti beneficiari anziché costituire acquisizione di utili Pertanto, tutti i movimenti finanziari sono oggetto di ripresa se non viene fornita la prova contraria e questo senza alcun limite per l’Amministrazione di restringere l’azione solo per determinati periodi. È legittimo l’accertamento emesso dall’Ufficio nei confronti di un contribuente in base sull’art. 32, c. 1, n. 2, D.P.R. n. 600/1973, e quindi con la presunzione che i movimenti bancari effettuati sui conti correnti dello stesso siano a lui imputabili, senza che risulti necessario procedere all’analisi delle singole operazioni. È onere del contribuente provare che i movimenti di un suo conto corrente sono irrilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA.

Qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio si fondi su verifiche di conti correnti l’onere probatorio è soddisfatto dai dati risultanti dai predetti conti (Cassazione 11-05-2012 n. 7296 sez. V).

L’onere probatorio dell’ufficio è soddisfatto attraverso i dati e gli elementi emergenti dai medesimi conti, mentre si verifica un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente che è tenuto a dimostrare che ogni operazione effettuata non si riferisca ad operazioni imponibili fornendone una prova non generica, ma analitica in riferimenti ad ogni versamento bancario (Cass. n. 18081/2010). Si verifica un’inversione dell’onere della prova (Cassazione n. 19330 del 7 giugno 2006), che impone al contribuente, posto di fronte alla documentazione di versamenti o prelevamenti evidenziati dai conti bancari o postali e non annotati nelle scritture contabili, di provare di averne tenuto conto nella determinazione del reddito o a fini Iva, o di provare l’estraneità alla tassazione, perché esenti o soggetti a ritenuta a titolo di imposta.

Le indicazioni che il contribuente deve fornire in merito alle entrate dei conto correnti non devono essere generiche ma specifiche ovvero devono riferirsi ad un corrispondente documento contabile – spetta al contribuente fornire la prova che le somme in entrata siano correlate a fatture emesse oppure riguardano circostanze estranee all’attività (CTR di Roma 28-02-2012 n. 40 sez. 2). Il contribuente che in tema di accertamento bancario si limiti a semplici e generiche affermazioni quali i giroconti bancari non è in grado di confutare l’operato dell’ufficio (CTR di Roma 25-01-2012 n.34 sez. 14).

La prova liberatoria, che consente di superare la presunzione di cui all’art.32 del D.P.R. n. 600/1973, secondo cui le movimentazioni dei conti correnti bancari legittimano l’accertamento di maggiori ricavi, non può essere meramente generica ma deve essere specifica in relazione ad ogni singola operazione. Pertanto, la rispettiva movimentazione, in assenza di idonea giustificazione, è configurabile quale ricavo non dichiarato (sentenza n. 1180 del 27 gennaio 2012 della Corte Cass., Sez. tributaria).

In tema di accertamento dell’Irpef e dell’Iva, le presunzioni, stabilite dagli artt. 32 del D.P.R. n. 600/1973 e 51, c. 2, n. 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo le quali i singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti rispettivamente previsti dai successivi artt. 38 e 39 e 54, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili, hanno un contenuto complesso, consentendo di riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime Iva, eventualmente dalla persona fisica, e di qualificare gli accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti; essa può essere vinta dal contribuente il quale offra la prova liberatoria che dei movimenti egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che questi si riferiscono ad operazioni imponibili (cfr. Cass., sentenze n. 3929 del 2002, n. 2435, n. 8457 del 2001, n. 9946 del 2000 e n. 18421, n. 26692 e n. 28324 del 2005).

Sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività d’impresa, se questi non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei (i.e. si pensi ai rimborsi di imposte;si pensi ai prelevamenti che sono stati impiegati, come si evince da idonea documentazione, per spese personali del contribuente o per donazioni o beneficenza ovvero per operazioni extra professionali) alla produzione del reddito.

I versamenti e i prelevamenti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti in quanto sono considerati come componenti positive di reddito occultate, in base ad una presunzione, qualora non si indichi il soggetto beneficiario e sempre che non risultino in contabilità.

I prelevamenti o gli importi riscossi non risultanti dalle scritture contabili, nel caso in cui il contribuente non ne indichi l’effettivo beneficiario(si pensi al pagamento di tangenti, di retribuzioni fuori busta o di acquisti in nero), sono considerati ricavi o compensi e sono accertati in capo allo stesso soggetto (i.e. se il fornitore non viene individuato è perché dal costo nero il professionista trae un compenso presumibilmente superiore allo stesso, poiché la mancata individuazione del percettore del costo sottende una preordinata convergenza evasiva di comune convenienza).

Dal punto di vista di imposizione indiretta gli importi accreditati sono considerati vendite di beni o prestazioni di servizi in nero e gli importi riscossi o prelevati rappresentano acquisti altrettanto in nero. L’utilizzazione da parte dell’Amministrazione finanziaria dei dati relativi ai movimenti bancari del contribuente costituisce valida prova presuntiva (Cass. n. 15447/2001), che esige, per essere disattesa, l’integrale prova liberatoria da parte del contribuente (Cass. n. 7329/2003; Cassazione sent. n. 8637 del 6 aprile 2007).

L’utilità dello strumento investigativo de quo risiede nella cosiddetta inversione dell’onere della prova, per cui spetta al contribuente dimostrare che gli incassi e i pagamenti sono stati regolarmente dichiarati (Cassazione, sentenza n. 2435 del 19/02/2001) oppure che non hanno alcuna rilevanza ai fini della determinazione del reddito; ad esempio, il contribuente, al fine di vincere la presunzione de qua, deve fornire concrete giustificazioni in ordine a ogni singolo movimento (Cassazione sentenza n. 18429 del 16 settembre 2005) bancario, non essendo in alcun modo sufficiente a questo scopo mere illazioni o supposizioni. Non è sufficiente per il contribuente sostenere che le entrate sono ad esempio le risultanze di vendite di immobili o di finanziamenti in conto capitale poiché occorre in tal caso la relativa idonea documentazione. I prelevamenti esigui, occasionali e coerenti con il tenore di vita rapportabile al volume di affari dichiarato (si pensi, infatti, ai casi dei prelevamenti del professionista per fini di spese attinenti la sfera personale)n on hanno rilevanza fiscale; i contribuenti interessati possono ritenersi sollevati dall’onere di fornire la predetta dimostrazione in relazione a prelievi che, avuto riguardo all’entità del relativo importo ed alle normali esigenze personali o familiari, possono essere ragionevolmente ricondotte nella gestione extra-professionale (si pensi ai ticket sanitari, le bollette per le lampade votive nei cimiteri, l’acquisto ondine di biglietti per spettacoli o manifestazioni sportive).

I prelevamenti in contanti del contribuente, considerato il loro modesto importo in confronto al reddito accertato, sono ritenuti giustificabili come uscite ordinarie e le stesse vanno dedotte dal maggior importo accertato. Con riferimento ai prelievi di denaro, i medesimi trovano giustificazione nell’esigenze di vita del ricorrente (CTP di Macerata, 25-08-2011 n. 264 sez. 2).

 

Prova contraria liberatoria – Valenza di presunzioni semplici

La prova contraria alla presunzione legale relativa basata su movimentazioni bancarie può essere costituita da presunzioni semplici (Corte di Cassazione sentenza n. 25502, depositata il 30 novembre 2011) Va disatteso il precedente orientamento, secondo cui, alla presunzione legale exart. 32 del D.P.R. 600, va contrapposta una prova e non un’altra presunzione semplice (Cass. 5 dicembre 2007 n. 25365), in quanto la prova per presunzioni è ad ogni effetto una prova; nell’ordinamento vige il principio di libertà dei mezzi di prova, mentre non è ricavabile il principio secondo cui la prova contraria ad una presunzione legale non può essere fornita, a sua volta, per presunzioni. Tale circostanza, tuttavia, non esonera il giudice del caso specifico “dalla precisa individuazione dei dati noti dai quali dedurre quelli ignoti, da una verifica precisa e analitica degli indizi offerti dal contribuente in relazione ad ogni movimento bancario contestato e dalla valutazione espressa della gravità, precisione e concordanza dei suddetti elementi in relazione a ciascun movimento, valutato nei suoi tempi, nel suo ammontare e nel suo contesto”, non essendo sufficienti mere affermazioni apodittiche, generiche e sommarie.

 

31 ottobre 2012

Ignazio Buscema

 

ALLEGATO

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA 18 LUGLIO 2012, N. 12440

Svolgimento del processo

La controversia promossa da XX contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dalla Agenzia contro la sentenza della CTP di X n. 483/3/2007 che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento n. X per iva irpef e irap relative agli anni 2001 e 2002. Il ricorso proposto si articola in unico motivo. Resiste con controricorso il X. II relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. Il presidente ha fissato l’udienza del 21/6/2012 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. II P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

 

Motivi della decisione

Assume la ricorrente la violazione e falsa applicazione degli artt. 33 dpr 600/73, 5 e 63 del dpr 633/72 nella parte in cui la CTR ha rigettato il gravame sul rilievo della mancata acquisizione, da parte dell’Ufficio dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

La censura è inammissibile, Costituisce principio consolidato di questa Corte che, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottala, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Sez. L, Sentenza n. 3386 del 11/02/2011). Ciò ricorre nel caso in esame in cui la CTR ha rigettato l’appello nel merito, ritenendo che il contribuente abbia dimostrato che i più importanti movimenti finanziari rilevati dai conti correnti non hanno attinenza con l’attività di architetto ma riguardano operazioni di disinvestimento, rilevando altresì, sulla base della documentazione depositata il 7/2/2007 “l’estraneità e non imponibilità degli importi oggetto di accertamento”.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore del X, delle spese del grado che si liquidano in complessivi € 3.100,00, di cui € 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

 

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi € 3.100,00, di cui € 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

1 In tema di accertamenti bancari l’indicazione del soggetto beneficiario della somma riportata nell’assegno è sufficiente a soddisfare l’onere probatorio incombente sul contribuente.(CTR di Roma 30-05-2011 n. 593 sez. 39).

2 In tema di accertamento bancario l’onere della prova a carico del contribuente è assolto tramite un dettagliato prospetto di raccordo tra entrate e uscite con le scritture contabili e con le spese personali che trovano riscontro nelle matrici dei libretti degli assegni e relativa annotazioni sulle stesse.(CTR di Roma 17-05-2011 n. 360 sez. 14).