Accertamento anticipato nullo anche con il vaglio del Fisco

La Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità dell’atto di accertamento anticipato, rispetto alla consegna del PVC, pur se motivato dall’ufficio.

Con sentenza n. 16999 del 5 ottobre 2012 (ud. 22 giugno 2011) la Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità dell’atto di accertamento anticipato, rispetto alla consegna del Pvc (i classici 60 giorni), pur se vagliato dall’ufficio.

 

IL PROCESSO

La società contribuente ha proposto ricorsi avverso avvisi di accertamento, per gli anni 2002 e 2003, accolti in primo grado e riformati dalla commissione regionale, la quale ha rilevato, tra l’altro, che, nella specie, “non poteva riscontrarsi violazione delle prescrizioni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, poichè l’emanazione degli avvisi di accertamento impugnati era, comunque, avvenuta dopo la presentazione di osservazioni da parte della società contribuente”.

 

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

sentenza corte di cassazioneLa Corte, innanzitutto, rileva – ritenute assorbite le altre doglianze – che gli avvisi di accertamento impugnati sono stati emessi prima della scadenza del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, c. 7, in assenza di motivazione in merito alla ricorrenza di ragioni d’urgenza.

In proposito, la Corte richiama l’ordinanza della Corte costituzionale n. 244/2009 e un proprio precedente (sent. 22320/10) che hanno puntualizzato che la previsione della L. n. 212 del 2000, art. 12, c. 7, secondo cui l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal verbale di chiusura delle operazioni ispettive, salvo casi di particolare e motivata urgenza, “implica – in applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 21 septies, nonchè D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, – la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione. E ciò, peraltro, senza che al criterio possa derogarsi nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, posto che ai sensi di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore”.

 

 

Accertamento anticipato nullo – Le nostre riflessioni specifiche

Già su queste pagine avevamo affrontato la particolare questione oggi sottoposta alla Corte di Cassazione relativa all’accertamento anticipato ma vagliato1:

“poniamo il caso che l’ufficio rilasci al contribuente il processo verbale di constatazione il 2 febbraio 2010 e che il 10 febbraio 2010 presenti una memoria all’ufficio. Successivamente, l’ufficio in data 3 marzo 2010 – antecedentemente quindi allo spirare dei 60 giorni – notifichi l’avviso di accertamento, motivando, ribattendo punto su punto alle eccezioni di parte, e confermando quindi integralmente le risultanze del pvc, ovvero in parte accogliendole.

A nostro avviso, non si può ritenere che l’ufficio non abbia rispettato lo spirito della norma. Lo spirito della norma – detto da più parti – è quello di costringere l’ufficio a leggersi il pvc e a non fare il cd. copia incolla. In pratica, occorre che l’ufficio, nell’esame del pvc, operi il cd. vaglio critico… Sicuramente – nell’ipotesi delineata – nessuno ha inteso svuotare il dettato normativo; anzi, lo ha applicato correttamente. E’ ovvio che attendere i 60 giorni – in assenza di particolare e motivata urgenza – è sempre opportuno. Tuttavia, c’è comunque per l’ufficio una valida linea difensiva, che va a toccare proprio l’argomento molto caro a chi vede in tale norma un complemento della motivazione”.

Ma la Corte di Cassazione non è di questo avviso, ravvisando comunque la nullità dell’atto perché anticipato.

 

La questione nel suo complesso

Rileviamo che di recente – con la sentenza n. 11944 del 13 luglio 2012 (ud. 21 febbraio 2012) – la Corte di Cassazione ha affermato che non rileva il problema generale relativo agli effetti derivanti dall’inosservanza del termine di sessanta giorni, di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, c. 7.

“La norma, infatti, nel prevedere che l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvi i casi ‘di particolare e motivata urgenza’ impone un termine per l’esercizio dell’azione amministrativa piuttosto che un obbligo di motivazione circa il requisito dell’urgenza nell’emissione, anticipata, dell’atto impositivo.

Una siffatta omissione non rientra, infatti, nell’ambito applicativo della L. n. 212 del 2000, art. 7, secondo cui gli atti dell’Amministrazione finanziaria devono indicare ‘i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione’ dato che tale norma (così come quella, specifica, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56) si riferisce al contenuto stesso dell’atto impositivo e non ai tempi della sua emanazione e non si occupa, in alcun modo, delle regole procedimentali, o pregiurisdizionali, secondo la denominazione della ricorrente. Deve, perciò, ritenersi che l’esonero dall’osservanza del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, opera in concorrenza del requisito dell’urgenza nell’emissione dell’avviso, pure se di tale ragione non si fa menzione nella motivazione dell’avviso stesso”.

In pratica,

“l’effetto derogatorio dell’urgenza sussiste ex se senza che sia a tal fine necessario che il fatto che la determini sia enunciato nell’atto impositivo, il quale, a norma del menzionato art. 7 dello Statuto del contribuente, deve indicare esclusivamente le ragioni della pretesa tributaria.

Resta da aggiungere che la sussistenza del predetto requisito può esser dimostrata dall’Ufficio e, viceversa, esser contestata, unitamente alle ragioni di merito, tanto in via amministrativa, col ricorso in autotutela, quanto in via giudiziaria, entro il termine ordinario previsto dalla legge nel corso del giudizio. Nel caso in esame, l’esigenza di provvedere senza ritardo risulta in re ipsa dal fatto che era in scadenza, come dedotto dalla controricorrente, il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per l’accertamento relativo al periodo d’imposta 2001”.

In tale sentenza la Corte riteneva che la norma – nell’ipotesi dell’urgenza – imponga un termine per esercitare l’azione amministrativa piuttosto che un obbligo di motivazione. E l’eventuale omissione non rientra nell’ambito delle regole sulla motivazione.

Così che l’urgenza può essere pure in re ipsa, senza che sia enunciata nell’atto impositivo, atteso che trattasi di annualità in scadenza.

La Corte aderiva quindi a quella corrente di pensiero dottrinario2 secondo cui nelle ipotesi in questione

“ l’urgenza dell’Ufficio impositore è talmente evidente da non necessitare di alcuna esplicita menzione nell’atto di accertamento, tenuto conto che il termine per gli accertamenti è stabilito a norma di legge ed è ben noto ad entrambe le parti: se, quindi, l’Ufficio applicasse pedissequamente la norma contenuta nel comma 7, dell’art. 12, rinuncerebbe ad avvalersi del proprio potere impositivo, stante l’impossibilità di notificare accertamenti dopo il decorso il termine decadenziale.

Per cui, in primis, deve ritenersi che i ‘casi di particolare e motivata urgenza’ cui si riferisce il legislatore, esulano dal contesto delle decadenze – la cui urgenza è in re ipsa – , riguardando altre ipotesi per le quali la norma impone una adeguata e specifica motivazione, che giustifichi l’emanazione dell’atto di accertamento prima del termine previsto”.

 

Ricordiamo che sempre di recente, con ordinanza n. 11347 del 5 luglio 2012, la Corte di Cassazione ha, invece, affermato che la sanzione della nullità dell’avviso di accertamento va ricollegata alla assenza di motivazione in ordine all’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione.

Ancora di recente, con sentenza n. 4687 del 23 marzo 2012 (ud. 14 marzo 2012) la Corte di Cassazione ha affermato che

“la sanzione di invalidità dell’atto – prevista in via generale dalla L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, e con specifico riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA rispettivamente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5 – consegue, quindi, solo quando l’avviso medesimo non rechi motivazione sull’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione” (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 3.11.2010 n. 22320).

Evidenziamo che, con ordinanza n. 244 del 24 luglio 2009 (ud. del 16 luglio 2009), la Corte Costituzionale ha ritenuto manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, c. 7, L. 27 luglio 2000, n. 212, sollevata, in riferimento agli artt.24 e 111 della Costituzione.

“Infatti, la norma censurata, essendo diretta a regolare il procedimento di accertamento tributario, non ha natura processuale ed è, quindi, estranea all’ambito di applicazione dei suddetti parametri costituzionali (ex plurimis, sentenza n. 20 del 2009; ordinanze n. 211 e n. 13 del 2008, n. 180 del 2007; nonché, con particolare riferimento all’art. 24 Cost., ordinanze n. 940 e n. 21 del 1988, n. 324 del 1987)”.

Pronuncia, peraltro, fatta propria dalla stessa Corte di Cassazione che, con sentenza n. 22320 del 3 novembre 2010 (ud. del 28 settembre 2010), richiamando quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 244 del 2009, ritiene che per effetto del combinato disposto di cui all’art. 12, c. 7, della L. n. 212 del 2000, e degli artt. 3 e 21 septies della L. n.241/90,

“l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del termine di 60 gg.…, non è per ciò stesso nullo ma, atteso il generale obbligo di motivazione degli atti amministrativi – ivi compresi quelli dell’A.F. -, tale è da considerarsi solamente laddove non rechi motivazione sull’urgenza che ne ha determinato una siffatta adozione”.

Per la Suprema Corte,

“l’inosservanza dell’obbligo di motivazione in relazione alla particolare urgenza dell’avviso di accertamento risulta infattiespressamente sanzionata in termini di invalidità dell’atto, in via generale, alla citata L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, (ove tale sanzione è prevista per il provvedimento amministrativo privo di un elemento essenziale, quale è la motivazione), nonchè, con specifico riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, rispettivamente al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, ove si prevede che l’avviso di accertamento deve essere motivato, a pena di nullità, in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato (v. Corte Cost. n. 244 del 2009)”.

Per la Corte,

“nel ravvisare – condividendo quanto sul punto ritenuto dai giudici di prime cure – la nullità dell’avviso di accertamento impugnato in base alla mera circostanza della relativa emanazione prima della conclusione dell’attività ispettiva, senza nulla indicare in motivazione in ordine al requisito dell’urgenza, anche sotto il profilo della verifica della eventuale mancata deduzione e allegazione ad opera dell’odierna ricorrente (e allora appellante) Agenzia delle entrate, il giudice del gravame di merito ha nell’impugnata sentenza disatteso invero il suindicato principio”.

 

29 ottobre 2012

Francesco Buetto

 

NOTE

1 Cfr. BUETTO, L’accertamento anticipato ma vagliato, in www.https://www.commercialistatelematico.com, 2010.

2 Cfr. ANTICO, in La verifica fiscale, di ANTICO-CARRIROLO, Buffetti editore, Roma, 2012.