L’accertamento anticipato va vagliato

L’accertamento anticipato è possibile, ma perchè sia legittimo devono esistere alcuni presupposti…

L’accertamento anticipato

Il comma 7, dell’art. 12, della legge n. 212/2000 – dispone che

“nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori.

L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

La dottrina e della giurisprudenza, nel corso di questi anni, si sono occupati più volte della questione, pervenendo a soluzioni non univoche.

Da ultimo, con ordinanza n. 244 del 24 luglio 2009 (ud. del 16 luglio 2009) la Corte Costituzionale ha ritenuto manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, c. 7, L. 27 luglio 2000, n. 212, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

Il giudice rimettente ha censurato la disposizione nella parte in cui “non prevede la nullità dell’atto di accertamento”, qualora il medesimo venga

“notificato prima dello spirare del termine di 60 giorni che deve trascorrere dalla data di consegna del processo verbale di contestazione e la notifica dell’atto di accertamento”.

Per la Corte, tale questione di legittimità costituzionale è manifestamente inammissibile, perché il giudice a quo, invece di sollevarla,

“avrebbe dovuto preliminarmente esperire un tentativo di interpretare diversamente la disposizione censurata ed il complessivo quadro normativo in cui essa si inserisce, cosí da consentire di superare il prospettato dubbio di costituzionalità. In particolare, la Commissione tributaria avrebbe dovuto saggiare la possibilità di ritenere invalido l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del suddetto termine di sessanta giorni, nel caso in cui tale avviso sia privo di una adeguata motivazione sulla sua ‘particolare […] urgenza’”.

A sostegno di tale percorso ermeneutico, il giudice rimettente avrebbe potuto prendere in considerazione il combinato disposto della censurata disposizione con l’art. 7, c. 1, della legge n. 212 del 2000 e con gli artt. 3 e 21-septies della legge 27 luglio 1990, n. 241 (“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”), e, alla luce di tali disposizioni,

“la Commissione tributaria avrebbe potuto prendere atto del fatto che lo specifico obbligo di motivare, anche sotto il profilo dell’urgenza, l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, da parte degli organi di controllo, è previsto dalla stessa disposizione censurata ed è espressione del generale obbligo di motivazione degli atti amministrativi e, tra essi, di quelli dell’amministrazione finanziaria (artt. 3 della legge n. 241 del 1990 e 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000)”.

Sulla base di tale premessa, la rimettente avrebbe potuto altresí valutare se, nel caso in esame, l’inosservanza dell’obbligo di motivazione, anche in relazione alla “particolare […] urgenza” dell’avviso di accertamento, sia già espressamente sanzionata in termini d’invalidità dell’atto, in via generale, dall’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 (che prevede tale sanzione per il provvedimento amministrativo privo di un elemento essenziale, quale è la motivazione e, con speciale riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, dagli artt. 42, cc. 2 e 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 56, c. 5, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, i quali stabiliscono che l’avviso di accertamento deve essere motivato, a pena di nullità, in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato.

Il giudice a quo si è invece limitato ad asserire che

“la disposizione censurata non è assistita da alcuna sanzione di invalidità, facendo derivare da tale mera asserzione la prospettata illegittimità costituzionale”.

La Corte, inoltre, rileva l’inconferenza degli artt. 24 e 111 Cost., quali evocati parametri di costituzionalità.

“Infatti, la norma censurata, essendo diretta a regolare il procedimento di accertamento tributario, non ha natura processuale ed è, quindi, estranea all’ambito di applicazione dei suddetti parametri costituzionali (ex plurimis, sentenza n. 20 del 2009; ordinanze n. 211 e n. 13 del 2008, n. 180 del 2007; nonché, con particolare riferimento all’art. 24 Cost., ordinanze n. 940 e n. 21 del 1988, n. 324 del 1987)”.

Affrontiamo la rilevante problematica, presentando però una ipotesi diversa, l’accertamento anticipato ma vagliato.

L’accertamento anticipato ma vagliato

Poniamo il caso che l’ufficio rilasci al contribuente il processo verbale di constatazione il 2 febbraio 2010 e che il 10 febbraio 2010 presenti una memoria all’ufficio.

Successivamente, l’ufficio in data 3 marzo 2010 – antecedentemente quindi allo spirare dei 60 giorni – notifichi l’avviso di accertamento, motivando, ribattendo punto su punto alle eccezioni di parte, e confermando quindi integralmente le risultanze del pvc, ovvero in parte accogliendole.

A nostro avviso, non si può ritenere che l’ufficio non abbia rispettato lo spirito della norma.

Lo spirito della norma – detto da più parti – è quello di costringere l’ufficio a leggersi il pvc e a non fare il cd. copia incolla.

In pratica, occorre che l’ufficio, nell’esame del pvc, operi il cd.” vaglio critico ” .

A nostro avviso, la sostenibilità della tesi(1) secondo cui il comma 7, dell’art. 12, dello Statuto va visto “anche quale completamento della motivazione dell’avviso di accertamento che ne potrebbe seguire, poiché gli uffici non potranno ignorare le osservazioni di parte”(2) (che pertanto deve essere coordinato con l’art.7 dello Statuto) e che “la carenza di motivazione conduce alla nullità dell’atto”, non può portare a ritenere – nel caso in questione – che il mancato rispetto dei 60 giorni conduca – sic et simpliciter – alla nullità dell’atto.

Infatti, il completamento della motivazione, nel caso di specie, è presente, avendo l’ufficio esaminato i rilievi e cassata la memoria, punto per punto.

Sicuramente – nell’ipotesi delineata – nessuno ha inteso svuotare il dettato normativo; anzi, lo ha applicato correttamente.

E’ ovvio che attendere i 60 giorni – in assenza di particolare e motivata urgenza – è sempre opportuno.

Tuttavia, c’è comunque per l’ufficio una valida linea difensiva, che va a toccare proprio l’argomento molto caro a chi vede in tale norma un complemento della motivazione.

NOTE

1) BUSCEMA, “Statuto del contribuente. La tutela effettiva dell’art.12”, in “il fisco”, n. 10/2002, fasc. n. 1, pag. 1467.

2) Cfr. l’interessante e condivisibile sentenza n. 375/21/06, emessa dalla CTP di Milano, sezione 21, depositata il 22 dicembre 2006, secondo cui “deve essere disattesa l’altra eccezione preliminare della ricorrente: il difetto di motivazione sul mancato accoglimento delle considerazioni da essa esposte nella memoria istruttoria presentata all’Ufficio dopo la redazione del PVC. Non risulta esistere una norma specifica che preveda l’obbligo di tale motivazione, e comunque dall’accertamento si deve ricavare un implicito orientamento dell’Ufficio a ritenere insufficienti dette considerazioni per scongiurare la pretesa tributaria”. Tale sentenza conferma il nostro pensiero: l’art. 12, c. 7, della legge n.212/2000 non prevede esplicitamente la sanzione di nullità né prevede – a pena di nullità – che la “valutazione” delle osservazioni debba essere oggetto della motivazione dell’atto impositivo. Né questa sanzione indiretta può essere desunta, perché già a monte non è prevista nessuna ipotesi di nullità.

2 settembre 2010

Francesco Buetto