Studi di settore: poteri di accertamento e misure premiali

un riassunto di tutte le penalizzazioni per i contribuenti che non ottemperano alla disciplina relativa agli studi di settore e di tutte le agevolazioni per i contribuenti che, invece, sono realmente congrui

Il quadro giuridico complessivo

Il comma 4 bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146 è la norma che si occupa delle limitazione dei poteri accertativi nel caso in cui un soggetto sia risultato congruo alle risultanze degli studi di settore.

Ai sensi di tale norma, le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all’art. 39, c. 1, lett. d, per. 2, del DPR n. 600/73, e all’art. 54, c. 2, u.p., del DPR n. 633/72, non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell’applicazione degli studi di settore di cui all’art. 62-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui all’articolo 10-bis, comma 2, della legge n.146/1998, qualora l’ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di € 50.000, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati.

Il comma 4-bis, prevede, quindi, nella sua versione originaria, che nei confronti dei contribuenti che risultino congrui rispetto alle risultanze degli studi di settore (anche per adeguamento in dichiarazione) l’accertamento di tipo presuntivo previsto all’art. 39, c. 1, lett. d, per. 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, e all’art. 54, c. 2, u.p., del D.P.R. n. 633 del 1972, possa essere effettuato solo al verificarsi di una delle seguenti condizioni:

  • l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo, sia superiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati;

  • l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione presuntiva, superi, in valore assoluto, € 50.000.

 

Sul punto il documento di prassi n. 31/2007 richiama quanto già esplicitato precedentemente con la circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007: “la previsione del limite dei 50 mila euro e del 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati non costituisce in alcun modo una franchigia. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’ammontare accertabile in base alle presunzioni semplici qualificate sia superiore ai predetti limiti, la rettifica dei ricavi e/o dei compensi sarà effettuata nella misura complessiva”.

La preclusione accertativa non trova applicazione per i contribuenti nei cui confronti sussistono le condizioni per l’irrogazione di sanzioni per omessa o infedele comunicazione dei dati rilevanti per gli studi di settore, previste dall’art. 1, c. 2-bis, e dall’art. 5, c. 4-bis, del D.Lgs. n. 471/97, nonché dall’art. 32, c. 2-bis, del D.Lgs. n. 446/97.

Successivamente, la cd. manovra di ferragosto – art. 2, c. 35, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 -, ha modificato il comma 4 bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146,così che la preclusione accertativa si applica, oltre che nell’ipotesi in cui non siano irrogabili le sanzioni di cui ai commi 2-bis e 4-bis rispettivamente degli art. 1 e 5 del D.Lgs. n.471/97, nonché al comma 2-bis dell’articolo 32 del D.Lgs. n. 446/97, alla ulteriore condizione che i contribuenti interessati risultino congrui allerisultanze degli studi di settore, anche a seguito di adeguamento, inrelazione al periodo di imposta precedente oggetto di controllo.

Quindi, doppia condizione:

  • non applicabilità delle sanzioni per cd. taroccamento dei dati;

  • congruità rispetto al periodo d’imposta precedente oggetto di controllo.

 

Il D.L. n.201 del 6 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, in legge n. 214 del 22 dicembre 2011 – art. 10, c. 9 -, intervenendo sul procedimento di accertamento a mezzo studi di settore, ha previsto, nei confronti dei contribuenti soggetti agli studi di settore, i quali abbiano assolto fedelmente agli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, e sulla base dei dati sopra indicati risultino coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili (cd. doveri di comunicazione e trasparenza):

  • la preclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all’art. 39, c. 1, lett. d, per. 2, del D.P.R. n. 600/1973, e all’art. 54, c. 2, u.p., del D.P.R. n. 633/1972 (accertamenti analitici-induttivi);

  • la riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento previsti dall’art. 43, c. 1, del D.P.R. n.600/73, e dall’art. 57, c. 1, del D.P.R. n. 600/1973; la disposizione non si applica in caso di violazione che comportaobbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedurapenale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n.74 ;

  • la determinazione sintetica del reddito complessivo di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello ordinario (la regola generale, invece, è del 20%).

 

Le misure premiali previste nel comma 9 dell’articolo 10 del decreto legge n. 201 del 2011, seppur inserite nel contesto di una disposizione che introduce un regime semplificato riservato ad alcuni contribuenti, hanno una portata generale applicandosi a tutti i contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sulle risultanze degli studi di settore di cui all’articolo 10 della legge n. 146 del 1998.

Naturalmente, il riordino sulle preclusioni all’accertamento ha comportato l’abrogazione dell’art. 10, c. 4-bis e, di conseguenza, dell’art. 10-ter della L. n. 146/98.

Per effetto della lettera aggiunta dall’art. 23, c. 28, lett. c, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, in vigore dal 17 luglio 2011, all’art. 39, c. 2, del D.P.R.n.600/73 – norma che detta le regole per l’accertamento induttivo -, l’ufficio può determinare il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, quando viene rilevata l’omessa o infedele indicazione deidati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai finidell’applicazione degli studi di settore, nonché l’indicazione di cause diesclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. Lapresente disposizione si applica a condizione che siano irrogabili lesanzioni di cui al comma 2-bis dell’articolo 1del decreto legislativo 18dicembre 1997, n. 471 (omissione o irregolare compilazione del modello degli studi settore).

Da ultimo, il comma 4, dell’articolo 8, del D.L. n. 16 del 2 marzo 2012, convertito, con modificazioni, in legge n.44/2012, ha modificato l’art. 39 del DPR n. 600 del 1973 nella parte che prevede l’utilizzabilità dell’accertamento induttivo nei casi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore o la presentazione dello stesso con dati omessi o infedeli, nonché per l’indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi non sussistenti.

La disposizione adesso si applica in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al quindici per cento, o comunque ad euro cinquantamila, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.

In pratica, prima il confronto avveniva sul maggior reddito d’impresa o di lavoro autonomo, oggi avviene sui ricavi o compensi.

Il comma 5 prevede l’applicabilità della suddetta modifica normativa agli accertamenti notificati a partire dalla data di entrata in vigore delle stesse mentre la previgente formulazione della lettera d-ter del secondo comma dell’articolo 39 del DPR n. 600 del 1973 resta applicabile agli accertamenti notificati in precedenza.

 

Le indicazioni di prassi

Con circolare n. 8/E del 16 marzo 2012 l’Agenzia delle Entrate ha esaminato, fra l’altro, le novità normative in materia di studi di settore.

La lettera d dell’articolo 23, comma 28, del decreto legge n. 98 del 2011 prevede che “è soppresso il seguente periodo: “In caso di rettifica, nella motivazione dell’atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente”, in precedenza previsto al comma 4-bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146 in relazione agli accertamenti nei confronti dei contribuenti che abbiano dichiarato, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità.

Si ricorda che il periodo abrogato era stato aggiunto dal comma 17 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e trovava applicazione con riferimento agli accertamenti riguardanti i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi.

Al riguardo, la circolare n.8/2012 fa osservare che alla citata disposizione abrogativa non conseguono, peraltro, modifiche degli indirizzi operativi forniti in passato relativamente ai criteri di selezione dei soggetti da sottoporre a controllo ed alla necessaria completezza della motivazione di ciascun accertamento.

Quindi, anche a seguito della eliminazione, nel comma 4-bis dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, della disposizione che imponeva di evidenziare “le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente”, resta dunque fermo che la motivazione dell’avviso di accertamento dovrà dare specifica evidenza alla circostanza che le presunzioni, eventualmente utilizzate per la ricostruzione dei ricavi o compensi effettivamente conseguiti, presentano requisiti di gravità, precisione e concordanza di entità e qualità tali da rendere la ricostruzione stessa maggiormente attendibile rispetto a quella derivante dall’applicazione degli studi di settore.

In particolare, nel caso di eventuale acquisizione, nell’ambito dei controlli, di elementi idonei a fondare presunzioni dotate dei predetti requisiti, gli stessi andranno adeguatamente valorizzati nella motivazione dell’atto accertativo, al fine di provare l’omessa dichiarazione di ricavi o compensi in maniera più convincente rispetto a quanto scaturente dalle risultanze degli studi di settore.

L’art. 2, c. 35, del decreto legge n. 138/2011 ha inoltre modificato l’art. 10 della legge n. 146 del 1998, intervenendo sul comma 4-bis che prevede la limitazione dei poteri accertativi nel caso in cui un soggetto sia risultato congruo alle risultanze degli studi di settore.

Successivamente all’entrata in vigore di tale disposizione, il comma 12 dell’art. 10 del decreto legge n. 201 del 2011 ha abrogato il citato comma 4-biscon riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 e successive”.

Alla luce di ciò, in relazione ad annualità antecedenti il 2011, per un soggetto congruo, prima della modifica normativa operata dal comma 35 in commento, l’accertamento di tipo presuntivo previsto all’articolo 39, comma 1, lettera d, periodo 2, del D.P.R n. 600 del 1973, e all’articolo 54, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972, poteva essere effettuato solo al verificarsi di almeno una delle seguenti condizioni:

  • che l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo, fosse superiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati;

  • che l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione presuntiva, fosse superiore, in valore assoluto, a 50.000 euro.

Con tale intervento normativo viene previsto, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto, che “in relazione ad un’annualità di imposta” la limitazione dei poteri accertativi in precedenza citata “sussiste solo se il contribuente interessato è risultato congruo, anche a seguito di adeguamento, agli studi di settore anche per l’annualità precedente oggetto di controllo”.

Naturalmente, in ragione della metodologia di elaborazione degli studi di settore, i valori di congruità tengono necessariamente conto delle risultanze, in termini di maggiori ricavi o compensi, degli indicatori di normalità economica di cui all’articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998.

In merito, vengono richiamati i chiarimenti forniti con la circolare n. 44/E del 2008. In tale sede, in relazione ai primi studi approvati con i cosiddetti INE a “regime”, è stato evidenziato che “il contribuente dovrà confrontare i propri ricavi/compensi dichiarati con quelli risultanti dall’applicazione della tradizionale analisi della congruità e della nuova analisi di normalità economica. La procedura GERICO 2008 evidenzierà la “congruità” ai risultati dello studio qualora il soggetto dichiari ricavi o compensi di ammontare pari o superiore al valore puntuale calcolato sulla base degli studi di settore aumentato degli eventuali maggiori ricavi o compensi derivanti dall’applicazione della normalità economica”.

La modifica normativa in argomento ha natura procedimentale, atteso che non muta il profilo sostanziale dei singoli ambiti impositivi interessati. Ne consegue che la disposizione in esame ha efficacia anche per le rettifiche relative ai periodi d’imposta, sino al 2010, ancora accertabili.

Laddove però il contribuente risulti interessato nel periodo d’imposta precedente a quello oggetto di controllo da una delle cause di esclusione ovvero di inapplicabilità, ai fini della predetta verifica della congruità per il periodo anteriore, lo stesso non possa essere considerato “assimilato” ad un periodo d’imposta con ricavi o compensi “congrui”.

Infatti, la nuova disposizione del decreto legge n. 138 del 2011, limitando i poteri di accertamento dell’Ufficio nei confronti dei soggetti che risultano congrui per due anni consecutivi, appare diretta a “premiare” i contribuenti che, nel tempo, sin dal momento di presentazione della dichiarazione annuale evidenziano un volume di compensi o ricavi non inferiore a quello stimato dallo studio di settore ad essi applicabile.

 

Le indicazioni della C.M. n. 25/2012

Con circolare n. 25/E del 19 giugno 2012, le Entrate si sono soffermate, fra l’altro, sulle ultime novità normative in materia di studi di settore.

In apertura, è stato confermato che le misure premiali previste nel comma 9 dell’articolo 10 del D.L. n. 201 del 2011 hanno una portata generale applicandosi a tutti i contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sulle risultanze degli studi di settore di cui all’articolo 10 della legge n. 146 del 1998.

Inoltre, l’aumento della franchigia da accertamenti sintetici da un quinto ad un terzo prevista nella lettera c del comma 9 dell’articolo 10del D.L. n. 201 del 2011 non si rende applicabile anche ai soci di società trasparenti (i.e. snc, sas…) congrue, coerenti e fedeli agli studi di settore ma solo alle imprese individuali ed ai lavoratori autonomi. Infatti, il beneficio è riferibile ai soli contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore nei cui confronti si applicano le previsioni normative in materia di determinazione sintetica del reddito.

In ordine ai limiti ai poteri accertativi (congruità rispetto all’anno precedente) le Entrate confermano che tale principio abbia natura procedimentale, atteso che non muta il profilo sostanziale dei singoli ambiti impositivi interessati. Ne consegue che la stessa ha efficacia anche per le rettifiche relative ai periodi d’imposta, sino al 2010, ancora accertabili.

Infatti, successivamente, il comma 12 dell’articolo 10 del decreto legge n. 201 del 2011 ha abrogato il citato comma 4-bis “con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 e successive”.

 

13 luglio 2012

Francesco Buetto