Deducibilità dei costi da reato

Un ripasso delle normative fiscali sulla deducibilità dei costi da reato e sulla correlazione di tale norma con fatti di evasione penalmente rilevanti.

deducibilità dei costi da reatoLe disposizioni di cui ai commi 1,2 e 3 dell’articolo 8 del D.L. n. 16/2012, riguardano la deducibilità dei costi e spese direttamente utilizzati per il compimento di fatti, atti o attività qualificabili come delitto non colposo.

In particolare, nel testo attualmente in vigore, le disposizioni del comma 4/bis dell’art. 14 della Legge 24 dicembre 1993 n. 537, prevedono che nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1 del D.P.R. n.917/86, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti.

Nel nuovo testo risalta la scelta legislativa di limitare l’applicabilità della norma solo a quelle fattispecie in cui si evidenzi la realizzazione di un delitto non colposo.

Infatti un ulteriore limite posto all’attività di accertamento degli uffici finanziari è sicuramente costituito dall’introduzione della previsione che l’indeducibilità del costo o della spesa possa essere contestata solo se, in relazione al relativo delitto non colposo, il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale, ovvero come si evince dalla lettura dell’art. 50 del Codice di Procedura Penale, finchè il Pubblico ministero valuti gli elementi probatori acquisiti durante la fase delle indagini preliminari, richiede al giudice competente il rinvio a giudizio dell’indagato, non ritenendo sussistenti i presupposti per la richiesta di archiviazione.

La modifica apportata dall’art. 8 del D.L. n. 16/2012 propone di sostituire l’attuale disposizione con un’altra più adeguata alla finalità di inibire in modo inequivoco la deducibilità dei componenti negativi di reddito direttamente connessi al compimento della fattispecie di reato più gravi, evitando che tale indeducibilità possa essere letta come una sanzione impropria, venendo invece la stessa inquadrata come regola generale nell’ambito della determinazione del reddito imponibile.

Quindi, a differenza di quanto sostenuto in passato dall’Amministrazione Finanziaria, non sarà più possibile contestare l’indeducibilità del costo sulla base della mera trasmissione della notizia di reato ma sarà necessario che sulla fondatezza della stessa ci sia stata quantomeno una prima valutazione da parte del pubblico ministero.

Naturalmente si specifica che qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione e dei relativi interessi.

Ne consegue che l’indeducibilità non trova applicazione per i delitti colposi in ragione della non intenzionalità della condotta e quindi del difetto di finalizzazione dei costi eventualmente sostenuti al compimento dei delitti.

Per effetto di tale disposizione l’indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fattura o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

Pertanto, nel caso l’indeducibilità dei costi rappresentati in documenti emessi da soggetti che in tutto o in parte non hanno effettivamente posto in essere l’operazione, sarà comunque rilevabile per effetto delle altre disposizioni normative eventualmente applicabili e connesse ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza e determinabilità dei componenti negativi.

Il comma 2 dell’art. 8 del D.L. n. 16/2012 intende da un lato colpire con una specifica sanzione pecuniaria l’antigiuridicità dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, con la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi e nel contempo nel salvaguardare il principio costituzionale della capacità contributiva.

Inoltre il comma 2 dell’art. 8 del D.L. n. 16/2012, prevede che non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi che, per effetto delle ordinarie disposizioni tributarie, non sono in alcun caso ammessi in deduzione in quanto non effettivamente sostenuti.

In ogni caso, rimane applicabile il disposto di cui all’art. 21 – comma 7 del D.P.R. n. 633/72 e resta ferma la in detraibilità dell’imposta sul valore aggiunto relativa ai beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati.

Infine il comma 3 del D.L. n. 16/2012 introduce una disposizione transitoria che prevede l’applicabilità delle disposizioni di cui ai ommi 1 e 2, ove più favorevoli, in luogo di quanto disposto dal previdente comma 4-bis dell’art. 14 della Legge 24 dicembre 1993 n. 537, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, facendo comunque salva l’ipotesi in cui i provvedimenti emessi in base al predetto comma 4/bis previgente si siano resi definitivi.

Il trattamento più favorevole viene, di fatto, individuato raffrontando gli effetti delle nuove disposizioni rispetto a quelli derivanti dall’applicazione del previdente comma 4/bis dell’art. 14 della Legge 24 dicembre 1993 n. 537, anche in termini di imposte o maggiori imposte dovute.

Il comma tre prevede inoltre, che resta ferma l’applicabilità della presente disciplina per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’Imposta Regionale sulle attività produttive.

 

14 luglio 2012

Paolo Giovannetti