La mancata istanza di mediazione fiscale

I rischi per il contribuente che propone un ricorso contro un atto di accertamento inferiore a 20.000 euro senza la preventiva ed obbligatoria istanza di mediazione.

Ricorso senza istanza di mediazione

istanza di mediazione fiscaleL’Agenzia delle entrate, con la direttiva n. 29/2012 trasmessa alle direzioni territoriali, ha precisato che la proposizione di un ricorso contro un accertamento inferiore a 20 mila euro senza istanza di reclamo non preclude il procedimento di mediazione.

Gli uffici delle Entrate dovranno tuttavia far presente al contribuente che l’impugnazione è soggetta al nuovo istituto previsto dall’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 e che quindi l’eventuale costituzione in giudizio potrà avvenire solo dopo la notifica della risposta dell’Agenzia o, in mancanza, decorsi 90 giorni dalla presentazione.

Gli uffici al momento della consegna allo sportello oppure, negli altri casi, immediatamente dopo il ricevimento, faranno presente al ricorrente che l’impugnazione presentata è soggetta al procedimento di mediazione e che quindi l’eventuale costituzione in giudizio potrà avvenire solo dopo la notifica del provvedimento di risposta dell’Agenzia o, in mancanza, decorsi 90 giorni dalla presentazione dell’istanza.

Qualora il contribuente notifichi un’impugnazione predisposta in difformità dallo schema di “Ricorso con istanza” suggerito dall’Agenzia (in allegato alla circolare n. 9/E del 2012) o comunque senza istanza e, quindi, non tenendo conto delle disposizioni di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, si configura una irregolarità Peraltro, inserendosi l’istanza in un procedimento di tipo amministrativo, eventuali vizi della stessa non sono di assoluto impedimento alla mediazione o all’annullamento dell’atto.

La mancanza di una formale istanza di reclamo/mediazione generalmente non preclude il procedimento di mediazione. Invero, l’inammissibilità del ricorso espressamente sancita dall’articolo 17-bis consegue alla circostanza che il contribuente si sottragga al procedimento di mediazione, insistendo per adire direttamente la Commissione tributaria, senza transitare per la fase di mediazione.

La suindicata presa di posizione è in armonia coi principi di buon andamento, efficienza ed imparzialità dell’azione amministrativa tributaria, di cui all’art. 97 della Costituzione, e con il precetto, di cui all’art. 53 della Costituzione, secondo il quale

“i contribuenti hanno il dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.

L’ordinamento vigente, in ogni suo ramo, e quindi anche nel sistema tributario, si ispira al principio, desumibile dall’art. 156 del codice di procedura civile, della conservazione degli atti, in virtù del quale ogni attività giuridica, finché è possibile, deve essere utilizzata e posta nelle condizioni di raggiungere lo scopo cui risulta indirizzata. Le norme in genere debbono essere interpretate in modo da limitare al massimo l’operatività di irragionevoli sanzioni di inammissibilità in danno delle parti che dì quella garanzia dovrebbero giovarsi (Sent. n. 18088 del 28 maggio 2004 dep. l’8 settembre 2004 della Corte Cass.).

 

Stretta connessione tra la proposizione del ricorso e l’istanza di mediazione

Il reclamo anticipa il contenuto del ricorso, nel senso che con essa il contribuente chiede l’annullamento totale o parziale dell’atto sulla base degli stessi motivi di fatto e di diritto che intenderebbe portare all’attenzione della Commissione tributaria provinciale nella eventuale fase giurisdizionale.

La necessità che il contenuto del reclamo- ai fini della sua ammissibilità deve essere identico a quello del ricorso eventualmente proposto nella fase giudiziale successiva non viola palesemente il diritto alla difesa di ogni contribuente raggiunto da un avviso di accertamento poiché la tesi difensiva presentata nel reclamo – e quindi nella fase cosiddetta amministrativa è espressione di scelte strategiche del contribuente.

Occorre una stretta connessione tra la proposizione del ricorso e l’istanza di mediazione, per effetto della quale è necessaria una sostanziale coincidenza tra quest’ultima e il contenuto del ricorso, così come individuato dagli artt. 18 e seguenti del D.Lgs. n. 546 del 1992.

E’ in facoltà del contribuente inserire nel reclamo anche una proposta di mediazione. La procedura di mediazione è sostanzialmente finalizzata a evitare di rimettere ai giudici tributari le contestazioni che possono essere risolte in sede amministrativa. I vantaggi per il contribuente sono i tempi brevi e certi per ottenere una decisione dell’Agenzia su richieste di annullamento, rimborso e rideterminazione in sede di mediazione.

La mediazione non determina un più gravoso esercizio dell’azione in giudizio per il contribuente, dal momento che, in caso di mancata conclusione positiva della fase amministrativa della mediazione, la norma considera già esercitata l’azione giudiziaria, richiedendo al contribuente, per l’attivazione del contenzioso il solo adempimento della costituzione in giudizio.

Il procedimento di mediazione si svolge su di un piano di sostanziale parità fra contribuente e Ufficio, peraltro in una situazione in cui entrambi hanno manifestato e documentato in maniera completa e definitiva le proprie posizioni.Ai fini della sostanziale coincidenza tra l’istanza di mediazione e il contenuto del ricorso introduttivo , che incide sull’ammissibilità del ricorso stesso ,si deve tener conto dell’assunto secondo cui occorre limitare al massimo 1’operatività di “irragionevoli” sanzioni di inammissibilità.

L’inammissibilità deve essere limitata solo a quelle cause che costituiscano una ragionevole sanzione per la parte; i profili di forma devono essere valutati secondo criteri di equa razionalità.

Peraltro, si rammenta che l’istante della mediazione che non abbia sviluppato tutti i motivi nell’istanza stessa, essendosi limitato ad eccepire soltanto alcuni vizi dell’atto impositivo con riserva di ulteriori eccezioni, non avrà più, una volta scaduto il termine per impugnare, la possibilità di riaprire successivamente, con memorie aggiuntive, l’ambito della controversia, a meno che non ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 24 del D.Lgs. n. 546/1992.

L’art. 24 del D.Lgs. n. 546/1992 permette, in via eccezionale, i cosiddetti motivi aggiunti, da intendere come integrazione delle ragioni, in fatto e in diritto, delle censure già contenute nell’istanza di mediazione e nel ricorso introduttivo. In ordine ai motivi occorre ribadire l’ammissibilità della mediazione che ne risulti priva.

E’ ammissibile la mediazione nel caso in cui l’istante si limiti ad affermare l’illegittimità dell’atto o del comportamento tenuto dall’ente impositore senza esplicitarne le ragioni, o quando si limiti a formulare delle motivazioni assolutamente generiche o non motivi le ragioni della istanza, ovvero quando si richiama al contenuto di atto non allegato all’istanza.

Deve dichiararsi l’ammissibilità dell’istanza di mediazione attraverso la quale siano proposte censure generiche rivolte ad atto differente da quello concretamente oggetto di mediazione.

La condizione – di proponibilità – del previo reclamo in via amministrativa, non rappresenta una grave compromissione del diritto di difesa dell’interessato, garantito dall’art. 24 Cost. e, più specificamente, della tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della Pubblica Amministrazione garantita dall’art. 113 Cost., e non assume così per la stessa Amministrazione, il carattere di privilegio ingiustificato.

 

7 giugno 2012

Antonio Terlizzi