Il rapporto tra il reclamo tributario e l’accertamento esecutivo

vediamo come la nuova procedura di reclamo e mediazione fiscale si coordina con l’accertamento esecutivo: rimangono aperti molti dubbi per il mancato coordinamento fra le attività di riscossione ed i tempi di reclamo

A decorrere dal 1° ottobre 2011 l’attività di riscossione è incorporata nella fase dell’accertamento relativamente ai periodi d’imposta in corso al 31.12.2007 e alle annualità successive.

L’art. 29 del Decreto Sviluppo n. 78 del 31.05.2010, convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, introduce le nuove regole ai fini dell’accertamento esecutivo.

A partire dal 01 luglio 2011 – data successivamente portata al 1° ottobre 2011 – oggetto di accertamento esecutivo non saranno tutti i tributi, ma soltanto gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate in materia di imposte sui redditi, Irap e Iva nonché i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni.

La novità principale del nuovo accertamento abita nel contenuto dello stesso che dovrà includere l’intimazione ad eseguire il pagamento delle somme pretese entro il termine di presentazione del ricorso (60 giorni), ovvero, nel caso di impugnazione dell’atto impositivo, le somme dovute a titolo provvisorio ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 602/73.

Risulta, pertanto, evidente, l’intento legislativo: contrastare per quanto possibile – attraverso l’intimazione di pagamento contenuta già nell’avviso di accertamento – il fenomeno dell’evasione dalla riscossione.

A seguito delle indicate innovazioni normative, il termine entro cui occorre provvedere al pagamento degli importi richiesti a titolo di imposta, sanzioni e interessi è quello per la presentazione del ricorso, cioè gli ordinari 60 giorni, fatto salvo però il caso in cui venisse presentata istanza di adesione (in tale situazione, il termine rimane sospeso per ulteriori 90 giorni).

Decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, come sopra individuato, se il contribuente non paga, l’ufficio acquista titolo per delegare l’agente della riscossione a procedere.

In presenza di ricorso innanzi alla CTP, la richiesta corrisponde alla metà delle imposte pretese; in presenza però di un pericolo per la riscossione, può essere richiesto l’importo integrale, con la possibilità per il concessionario di procedere a esecuzione forzata sulla base dell’avviso di accertamento.

 

L’innovazione normativa si traduce sostanzialmente nell’accelerazione dei tempi della riscossione (parziale o totale) delle somme accertate, finalizzata a evitare i fenomeni di sottrazione al Fisco delle somme che sono oggetto di atti impositivi.

In sintesi, secondo la normativa in vigore:

– l’accertamento deve contenere l’avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste sarà affidata ad Equitalia (incaricata del servizio di riscossione dei tributi erariali);

– in caso di fondato pericolo per la riscossione, le somme potranno essere affidate ad Equitalia prima dei termini di cui all’art. 29 del D.L. n. 78/2010, lettere a) e b);

l’atto successivo rispetto all’avviso di accertamento è costituito dal pignoramento, che deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo;

– a seguito dell’affidamento del credito ad Equitalia, il contribuente può chiedere la dilazione delle somme dovute.

Nel nuovo sistema, l’avviso di accertamento diviene esecutivo con il decorso di 60 giorni dalla notifica dell’atto.

 

Pertanto, ai fini dell’esecuzione, non è più necessaria la notifica della cartella di pagamento.

A pena di nullità, l’avviso di accertamento notificato al contribuente deve contenere:

– l’indicazione dell’imponibile o degli imponibili accertati;

– l’indicazione delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d’imposta;

– i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato.

A seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 78/2010, l’atto deve altresì contenere:

– l’intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all’obbligo di versamento delle somme richieste;

– l’indicazione degli importi da pagare a titolo provvisorio in caso di proposizione del ricorso, secondo quanto stabilito dall’art. 15 del D.P.R. n. 602/1973;

– l’avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo sarà affidata ad Equitalia, ai fini dell’esecuzione forzata.

Nel nuovo contesto normativo, la riscossione, quindi, dovrà avvenire secondo la sequenza procedimentale:

– avviso di accertamento

– affidamento del credito all’agente della riscossione

– eventuale intimazione ad adempiere

– pignoramento

Poiché l’atto impositivo acquisisce il carattere dell’esecutività, il contribuente potrà evitare il rischio dell’esecuzione forzata solamente procedendo al pagamento (senza che si renda necessaria alcuna cartella esattoriale, perché non più prevista).

L’art. 29 del D.L. n. 78/2010 prevede infatti la seguente sequenza:

– affidamento del credito ad Equitalia con modalità che verranno determinate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (se l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate dispone di ulteriori elementi utili – ai fini dell’efficacia della riscossione – li fornirà al momento dell’affidamento);

– sulla base del titolo esecutivo (che è costituito dall’avviso di accertamento) l’agente della riscossione, senza la preventiva notifica della cartella, procederà con l’espropriazione forzata, ai sensi del D.P.R. n. 602/1973 (l’espropriazione, in ogni caso, dovrà essere avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo).

L’art. 29 comma 1 lett. a), del D.L. n. 78/2010, prevede che l’intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al contribuente, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

Ciò avviene in tutti i casi in cui siano stati rideterminati gli importi dovuti, in base agli avvisi di accertamento, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA (mancato pagamento anche di una sola delle rate dovute a seguito di accertamento con adesione; pagamento del tributo in pendenza di processo; esecuzione delle sanzioni amministrative).

In tali ipotesi, il versamento delle somme deve avvenire entro 60 giorni dal ricevimento della raccomandata.

Nel caso in cui il contribuente raggiunto dall’atto impositivo scelga la strada del contenzioso, può essere richiesta la sospensione dell’atto stesso:

-in sede giudiziale, dinnanzi alla CTP (art. 47, D. Lgs. n. 546/1992), in presenza di verosimiglianza della pretesa (fumus boni iuris) e del danno grave e irreparabile (periculum in mora);

– in sede amministrativa, come è precisato dall’art. 29 del D.L. n. 78/2010, richiamando l’art. 39 del D.P.R. n. 602/1973.

Risulta altresì opportuno precisare un esempio di impugnazione di avviso di accertamento esecutivo, alla luce dell’introduzione dell’istituto del reclamo obbligatorio.

I termini per l’impugnazione dell’avviso di accertamento esecutivo restano sempre 60 giorni dalla notifica dell’atto; per poter procedere alla presentazione del ricorso sarà, tuttavia, necessaria la presentazione di un reclamo (con i requisiti ex art. 17 bis), il quale allo scadere dei 90 giorni previsti dalla procedura, produrrà gli effetti del ricorso (e così 30 giorni per la costituzione in giudizio).

Mettiamo il caso che il contribuente, prima ancora del ricorso, voglia tentare un’adesione con l’ufficio, al 59° giorno dalla notifica dell’accertamento. Pertanto, ai 59 giorni a seguito della ricezione dell’atto, se ne dovranno aggiungere altri 90, previsti dall’adesione, che sospendono gli effetti e i termini dell’accertamento.

Il contribuente non raggiunge un accordo con l’ufficio e decide di proporre ricorso – precisiamo che in questo caso ha soltanto un giorno utile per la proposizione del reclamo (ovviamente dando per certa la sussistenza dei requisiti per la proposizione dello stesso) – e, proponendo reclamo, tenta ulteriormente di addivenire ad un accordo o all’annullamento dell’atto notificatogli.

Aggiungeremo, così, ulteriori 90 giorni, trascorsi i quali, il reclamo produrrà gli stessi effetti del ricorso (costituzione nei 30 giorni successivi mediante deposito del fascicolo).

A questo punto, il contribuente, già alla presentazione del reclamo, avrà dovuto adempiere al pagamento di una parte delle imposte – in quanto dopo i 60 giorni dalla notifica l’atto diventa esecutivo – , come indicato nell’atto di accertamento (ricordiamo a tal proposito che le sanzioni non possono essere chieste prima della sentenza di primo grado); infatti, il 61° giorno dopo la notifica dell’atto, le suddette somme vengono affidate all’agente della riscossione che, tuttavia, non potrà – stante la normativa vigente – procedere ad esecuzione forzata prima dei 180 giorni da quando riceve in carico il provvedimento (e quindi avremo: 60 giorni per l’esecutività, 90 giorni per l’adesione, ulteriori 90 giorni per il reclamo, 30 giorni per l’affidamento, 180 giorni per l’inizio dell’esecuzione).

Ricordiamo che la sospensione di 180 giorni, prevista prima dell’inizio della riscossione, opera ex lege, ovvero senza che sia richiesto al contribuente alcun adempimento.

A tal proposito, è possibile, ai sensi dell’art. 47 del D. Lgs 546/92, in pendenza di ricorso, richiedere alla Commissione provinciale competente la sospensione dell’esecuzione dell’atto, se da questo possa derivare un danno grave e irreparabile; la sospensiva è richiesta con un’istanza contestuale o successiva al ricorso, che interrompe gli effetti dell’atto fino alla pubblicazione della sentenza di primo grado. La L. 106/2011, ha introdotto all’art. 47 del D. Lgs. 546/92 il comma 5 bis, il quale prevede che i giudici devono pronunciarsi sull’istanza di sospensione entro 180 giorni dalla data di presentazione dell’istanza.

 

Opportuno ricordare che la sospensione agisce solo sull’esecuzione e non anche sulle misure cautelari.

Il tutto si traduce in 450 giorni prima del primo atto esecutivo (il pignoramento), con il pagamento di una parte delle imposte. Senza considerare poi, il termine di sospensione feriale, con il quale i giorni diventerebbero 496 giorni, quindi oltre un anno e mezzo.

Fatta salva, ovviamente, la possibilità per l’agente della riscossione, di procedere alla richiesta di misure cautelari, al ricorrere delle situazioni di pericolo per la riscossione.

Infatti, le misure cautelari costituiscono una possibilità, per l’Amministrazione, di tutelare il credito erariale in presenza di una situazione di pericolo per la riscossione.

Tale normativa è stata sottoposta a revisione a opera dell’ art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185, convertito dalla L. 28.1.2009, n. 2 e dell’ art. 15, commi da 8-bis a 8-quater, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla L. 3.8. 2009, n. 102.

I più recenti interventi interpretativi in materia, emanati dagli organismi di controllo, rappresentano delle precise linee di condotta per gli addetti alle attività ispettive e si rinvengono nella circolare dell’Agenzia delle Entrate 15.2.2010, n. 4/E, oltre che nella circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza 7.4.2010, n. prot. 010449610.

Le più recenti innovazioni normative in materia di misure cautelari sono state apportate dall’art. 29, c. 5, del D.L. 31.5.2010, n. 78, convertito dalla L. 30.7.2010, n. 122.

Il carattere di novità della norma consiste nella modifica dell’art. 27, comma 7, primo periodo, del D.L. n. 185/2008, per effetto della quale le misure cautelari conservano, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione, la loro validità e il loro grado a favore dell’agente della riscossione che ha in carico il ruolo, qualora siano adottate in base: al processo verbale di constatazione, al provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, all’atto di recupero per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati,  al provvedimento di irrogazione della sanzione oppure all’atto di contestazione.

A seguito della modifica in commento, quindi, le misure cautelari conservano la loro validità e il loro grado a favore dell’agente della riscossione, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione, ove adottate in base al pvc, al provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, al provvedimento di irrogazione della sanzione o all’atto di contestazione; non più, dunque, in relazione agli importi iscritti a ruolo in base al provvedimento di accertamento di maggiori tributi (come prevedeva la precedente formulazione del settimo comma).

Le nuove regole possono essere coordinate con quanto previsto in materia di accertamentoesecutivo (in presenza di pericolo per la riscossione, gli importi possono essere riscossi coattivamente senza rispettare il limite generale di 60 giorni).

È stata altresì disposta la sospensione dell’esecuzione forzata conseguente agli accertamentiesecutivi per 180 giorni decorrenti dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione; tale sospensione non si applica con riguardo alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore.

La sospensione non opera, inoltre, se gli agenti della riscossione vengono a conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di pregiudicare la riscossione.

Stando al respiro europeo delle liti pendenti con il Fisco, l’istituto del reclamo, unitamente agli strumenti consensuali già utilizzati, consentirebbe una sorta di allineamento con gli altri Paesi, mediante il quale la valutazione della magistratura entrerebbe in campo solo per le controversie effettivamente rilevanti.

Cosa s’intende per “effettivamente rilevanti” non si riesce bene ancora a delineare, dal momento che nell’ultimo anno, ci sono state una serie di modifiche legislative e di incrementi di norme che, essendo ancora in via sperimentale, attendono di produrre gli effetti sperati, ma ancora produttivi di un numero elevato di dubbi.

Relativamente alla comunicazione dell’agente della riscossione, emerge che la avviso verrà inviato al contribuente nel momento in cui l’agente della riscossione avrà preso in carico la somma risultante dall’avviso di accertamento, mediante una raccomandata semplice, con pregi e difetti che questa comunicazione comporterà.

Infatti, da un lato, con fini quasi “educativi” per i contribuenti, l’informativa sarà il campanello d’allarme per il contribuente; nello specifico, perché la comunicazione dell’agente della riscossione, lo avvertirà che nessun altro avviso sarà portato alla sua conoscenza relativamente alle debenze tributarie a suo carico.

Da un altro lato, poiché la richiesta di rateazione può essere avanzata a seguito dell’affidamento della riscossione, la comunicazione de quo, dovrebbe servire anche a segnalare, a chi interessato, che da quel momento può attivarsi la richiesta di rateazione.

Infatti, il recentissimo D.L. n. 16 del 02.03.2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 ed in vigore dalla stessa data, recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”, dispone all’art. 8, c. 12:

Al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono apportate le seguenti modificazioni: ) all’articolo 29, comma 1:

1) alla lettera b), in fine, è aggiunto il seguente periodo:

«L’agente della riscossione, con raccomandata semplice spedita all’indirizzo presso il quale è stato notificato l’atto di cui alla lettera a), informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione»;

2) alla lettera c), in fine, sono aggiunte le seguenti parole:

«e l’agente della riscossione non invia l’informativa di cui alla lettera b)»”.

Le perplessità circa la norma sono notevoli, soprattutto relativamente al fatto che non sono ancora palesi le conseguenze di un eventuale mancato od erroneo invio dell’informativa; in quale modo vi potrà essere la tracciabilità di questa nota della riscossione, entro quali termini e in quale misura si potrà rilevare un eventuale vizio attinente alla raccomandata; tutti ancora interrogativi senza risposta.

Senza contare poi, che nel secondo periodo, la norma prevede che l’atto di cortesia dell’agente della riscossione, non venga in essere qualora sia ravvisato un elemento di pericolo per la riscossione; in soldoni, l’avviso sarà inviato al contribuente nel momento in cui le somme saranno prese in suo carico, eccezion fatta per tutti i casi in cui sussiste il pericolo per la riscossione, ove si procederà direttamente all’esecuzione.

 

6 giugno 2012

Maurizio Villani

Francesca Giorgia Romana Sannicandro