La documentazione bancaria in caso di indagini finanziarie

una nuova sentenza di Cassazione conferma che i movimenti bancari vanno documentati specificatamente da parte del contribuente in sede di indagine finanziaria

La sentenza n. 4688 del 23 marzo 2012 (ud. 14 marzo 2012) della Corte di Cassazione conferma, ancora una volta, che i movimenti bancari vanno documentati in sede di indagine finanziaria.

 

FATTO

La CTR della Campania accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che, in relazione agli anni 2001, 2002 e 2003 aveva, invece, ritenuto fondato il ricorso del M.d.C. di L.P. & c. srl avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate di Teano rettificava il reddito ai fini Irap e Iva rilevando una maggiore percentuale di carico, l’omessa contabilizzazione di ricavi, desunti anche dalle risultanze dei controlli bancari.

In pratica, la Commissione regionale ha rilevato che l’ufficio ha fondato, con l’atto di accertamento, la rettifica del reddito solo sulla base delle movimentazioni bancarie, prescindendo dalla maggiore percentuale di carico.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per la Suprema Corte, “le presunzioni fondate sulle movimentazioni bancarie legittimano l’Ufficio a considerare come ricavi i versamenti e i prelevamenti dei quali il contribuente non riesca a dare giustificazione: per poter accertare la natura di costi degli addebiti; in particolare, al fine della loro deducibilità, è necessario che il contribuente fornisca prova contraria alla rilevanza fiscale delle movimentazioni bancarie (Cass, 17/6/2008, n. 16341)”.

Infatti, “ la presunzione legale relativa posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, costituisce una eccezione al principio del libero apprezzamento delle prove da parte del giudice ed alla regola dell’onere della prova. La motivazione dei giudici d’appello è esente da censura, in ordine ad entrambi i vizi denunciati, avendo fatto corretta applicazione, con un’adeguata motivazione, dei principi in tema di presunzione ricavatale dalla movimentazione bancaria in quanto ogni accredito nel conto corrente bancario equivale a ricavo che aumenta il reddito, in mancanza di prova contraria”.

Inoltre, “anche i costi relativi ad acquisti non documentati devono considerarsi ricavo operando la presunzione di operazioni non fatturate e, nel caso di specie, in base alla motivazione della sentenza impugnata, non specificamente contestata sul punto, la ricorrente non è stato in grado di produrre fatture emesse o ricevute riconducibili alle operazioni bancarie indicate”.

 

Brevi considerazioni

La sentenza che si annota è inappellabile. Il dettato normativo viene legislativamente letto dalla Corte di Cassazione con estrema chiarezza.

Le presunzioni fondate sulle movimentazioni bancarie legittimano l’ufficio a ritenere ricavi sia i versamenti che i prelevamenti, se il contribuente non riesce a dimostrare che ne ha tenuto conto ovvero che siano estranea alla sua attività.

Ricordiamo che, sempre la Corte di Cassazione, con sentenza n. 14052 del 27 giugno 2011 (ud. del 17 maggio 2011), ha confermato che l’Amministrazione finanziaria è legittimata alla rettifica del reddito attraverso le indagini finanziarie, competendo al contribuente dimostrare – analiticamente – l’irrilevanza reddituale dei movimenti bancari ovvero che gli stessi hanno avuto considerazione nella determinazione della base imponibile. Osserva il collegio, nello specifico che qui ci interessa, che in base all’orientamento espresso più volte dalla Corte, che qui si conferma, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, c. 2, consente all’amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente utilizzando i dati relativi ai movimenti su conti bancari. “Si tratta di una presunzione legale di carattere relativo, in quanto è ammessa la prova liberatoria da parte del contribuente. Al quale resta garantito il diritto di difesa, potendo egli far valere le sue ragioni in sede contenziosa, depositando, anche a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, documenti e memorie fino alla data di trattazione del ricorso in primo grado. Consegue che, se il contribuente non dimostra che dei movimenti bancari acquisiti dall’ufficio egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che si tratta di movimentazioni che non si riferiscono a operazioni imponibili, è consentito all’amministrazione riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime d’Iva (Cass. n. 18421/2005; n. 26293/2005; n. 8422/2002; n.3929/2002; n. 8457/2001; n. 2435/2001; n. 9946/2000)”.

E di recente, con sentenza n. 625 del 18 gennaio 2012 (ud. 20 settembre 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che “è legittima l’utilizzazione da parte dell’amministrazione finanziaria (anche attraverso un puntuale richiamo, nell’avviso di accertamento, al verbale di ispezione redatto dalla guardia di finanza) dei dati relativi ai movimenti bancari del contribuente, che costituiscono valida prova presuntiva, restando a carico del contribuente l’onere della prova contraria (v. tra le altre cass. n. 7329 del 2003 e n. 15447 del 2001)”. La Corte, inoltre, rileva “che la prova contraria fornita dal contribuente deve essere specifica (v. cass. n. 14675 del 2006), non potendo contrapporsi alla presunzione legale in materia una affermazione generica (v. cass. n. 25365 del 2007), ed essendo in particolare da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità espressasi con specifico riguardo ad accertamento in materia di IVA, qualora l’amministrazione proceda utilizzando, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, i dati risultanti dai movimenti dei conti correnti bancari, la prova che il contribuente è tenuto a dare della non riferibilità ad operazioni imponibili deve essere specifica e riguardare analiticamente i singoli movimenti bancari, così da dimostrare che ciascuna delle operazioni effettuate è estranea a fatti imponibili (v. cass. n. 1739 del 2007)”.

 

4 maggio 2012

Roberta De Marchi