Autototutela sospensiva e accertamenti esecutivi | con fac-simile di istanza di autotutela

Approfondiamo l’autotutela sospensiva che può essere uno strumento di tutela del contribuente avverso l’esecutività degli atti di accertamento. Alleghiamo anche un fac-simile di istanza di autotutela sospensiva.

Accertamento e autotutela – Normativa

avviso di accertamentyo fiscale dall'agenzia delle entrateAttualmente, l’avviso di accertamento non ha funzioni di riscossione.

Il contribuente che riceve un avviso di accertamento non è costretto ad adempiere subito, ma può attendere che, decorso il termine per impugnare (60 giorni; o 150 giorni se è proposta istanza di accertamento con adesione), venga formato il ruolo, che il ruolo sia trasmesso a Equitalia, ed Equitalia notifichi la cartella di pagamento.

Attualmente, quindi, è consentito al contribuente di pagare le imposte richieste o ricorrere alla Commissione tributaria entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento.

L’ufficio finanziario, dal canto suo, può procedere all’iscrizione a ruolo del 50% delle imposte richieste, fermo restando il diritto del contribuente di inoltrare al giudice tributario istanza per ottenere un provvedimento di sospensione.

Novella normativa

Orbene ,tra le modifiche apportate dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (Manovra 2010) dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122, è interessante soffermare l’attenzione sugli aspetti relativi all’attribuzione di efficacia esattiva all’avviso di accertamento, in ragione dei profili innovativi introdotti per effetto della “concentrazione” della riscossione nell’ambito del procedimento di accertamento dall’art. 29 del D.L. n. 78/2010.

Ratio della norma

L’accertamento esecutivo non vuole e non può essere visto come strumento vessatorio, ma al contrario un mezzo finalizzato a migliorare tanto le procedure di riscossione quanto la qualità degli accertamenti.

La norma è finalizzata a ridurre i tempi della riscossione e migliorare così le procedure. È diretta sostanzialmente a contrarre al massimo i tempi ed a rimeditare ad una situazione che oggi lascia tempi indefiniti nella riscossione.

L’eliminazione della produzione di cartelle e la loro successiva notifica rappresentano un onere per le casse dello stato di centinaia di milioni.

Costi che, tra l’altro, sono in parte riaddebitati agli stessi contribuenti con tanto di interessi che decorrono per il tempo che decorre tra accertamento e iscrizione a ruolo.

Tagliare le notifiche elimina alla radice un elemento spesso oggetto di conflittualità tra fisco e contribuenti.

Una fase complessa come quella delle notifiche porta con sè la possibilità che si verifichino contestazioni.

L’eliminazione della necessaria notifica della cartella di pagamento finisce quindi per agevolare il diritto di difesa del contribuente.

La norma , inoltre, obbliga l’amministrazione ad abbandonare qualsiasi possibilità di accertamenti temerari.

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DECORRENZA

La modifica scatta dai provvedimenti notificati dal 1° luglio 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 e successivi.( dl n.78/2010).

Ne deriva che per gli accertamenti in tema di imposte sui redditi e Iva, notificati fino a tutto il 30 giugno 2011 e relativi ai periodi di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006 e precedenti si continuerà a porre in essere la vigente normativa sulla iscrizione a ruolo delle imposte accertate e sull’emissione e notificazione della cartella di pagamento.

L’art. 29 del D.L. n. 78/2010 dispone che, a partire dal 1° luglio 2011, e con riferimento ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni divengono esecutivi decorsi sessanta giorni dalla notifica.

Devono, pertanto, espressamente recare l’avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata.

Da tale momento l’agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo così formato e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, può procedere ad espropriazione.

Espropriazione forzata

Risulta dalla disposizione citata che l’espropriazione forzata deve in ogni caso essere avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.

L’atto impositivo diviene definitivo allorquando sia decorso il termine per la proposizione del ricorso senza che il contribuente abbia impugnato l’atto, realizzandosi in tal modo il consolidamento della pretesa erariale.

Se l’atto viene impugnato, invece, la situazione che si viene a creare è quella della litispendenza, per cui esso diverrà definitivo nel momento della formazione del giudicato sfavorevole, essendosi esaurito il potere di impugnativa.

Sarà pertanto a partire dalla formazione del giudicato che potrà iniziare a decorrere il termine di cui sopra.

Resta fermo che, decorso un anno dalla notificazione del titolo esecutivo, l’espropriazione forzata dovrà essere preceduta, ai sensi dell’art. 50, secondo e terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dalla notificazione dall’avviso recante l’intimazione ad adempiere (entro cinque giorni), avviso che perde efficacia trascorsi centottanta giorni dalla data della sua notifica.

L’agente della riscossione, senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, sulla base dello stesso accertamento che costituisce titolo esecutivo, procede all’espropriazione forzata con le stesse modalità previste per i tributi iscritti a ruolo, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di notifica dell’accertamento.

Trascorso un anno dalla notifica dell’accertamento, si applicano le disposizioni dell’articolo 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, secondo cui l’agente della riscossione ha l’obbligo di notificare al debitore un avviso che contiene l’intimazione ad effettuare, entro 5 giorni, il pagamento delle somme risultanti dall’atto di accertamento.

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Intimazione ad adempiere

Per effetto della natura combinata di titolo impositivo e titolo esecutivo nell’ambito dello stesso atto, il comma 1, lettera a, dell’articolo 29 del D.L. n. 78/2010 richiede che l’avviso di accertamento ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni devono contenere l’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento degli importi in essi indicati, ferma restando, ai fini dell’impugnazione, la sospensione dei termini del periodo feriale, ovvero la sospensione per novanta giorni in caso di instaurazione di un contradditorio preventivo con l’Amministrazione a seguito di un’istanza di accertamento con adesione (da sottoporre nel termine per la proposizione del ricorso).

Tali atti devono recare l’intimazione a pagare, in caso di impugnazione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, l’importo dovuto a titolo di imposta, contributi e premi corrispondenti agli imponibiliaccertati dall’Ufficio ma non ancora definitivi, per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati.

L’intimazione ad adempiere deve essere, altresì, formulata qualora successivamente siano notificati al contribuente ulteriori atti che riportino la rideterminazione degli importi già indicati negli avvisi di accertamento e connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, oltre che nei casi di mancato pagamento delle rate conseguenti alla definizione dell’accertamento mediante adesione, ovvero per effetto del pagamento frazionato del tributo oggetto di giudizio innanzi alle Commissioni tributarie e delle relative sanzioni.

In tali ultimi casi il versamento delle somme dovute deve avvenire entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento ovvero da quello di ricevimento della raccomandata. Qualora i tributi dovuti in base all’accertamento vengano rideterminati, gli atti successivi -da notificare anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento -devono contenere l’intimazione di pagamento.

Tale disposizione si applica anche in caso di accertamento con adesione -quando non sia versata anche una sola delle rate successive alla prima -ovvero quando a seguito di una sentenza della Commissione tributaria provinciale o regionale il tributo sia dovuto nella misura stabilita dall’articolo 68 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 19 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.

In tale evenienza il pagamento deve avvenire entro 60 giorni dal ricevimento della raccomandata.

L’intimazione prevista per i “nuovi” accertamenti riguarderà il pagamento, entro il termine per la presentazione del ricorso delle somme intere indicate nell’atto o in caso di tempestiva impugnazione dell’atto, delle somme dovute a titolo di riscossione provvisoria, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 602/1997.

La medesima intimazione sarà contenuta anche nei successivi atti da notificare al contribuente (con raccomandata A/R), in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base ad avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva (e relativi provvedimenti di irrogazione sanzioni) emessi:

  • nell’ambito dell’accertamento con adesione (ex art. 8, co. 3-bis, del D.Lgs. n.218/1997);
  • in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive alla prima (qualora anche il garante non versi l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa), il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante;
  • in seno alla riscossione provvisoria in pendenza di giudizio (di cui all’art. 68 del D.Lgs.n. 546/1992);
  • in caso di esecuzione delle sanzioni (ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973).

    Con riferimento agli atti irrogativi di sanzioni, la nuova procedura di riscossione è applicabile ai soli provvedimenti di irrogazione che risultano “connessi” agli avvisi di accertamento. In tutti i succitati casi in cui trova avvio la nuova procedura, il pagamento dovrà essere effettuato entro 60 giorni dal ricevimento della raccomandata.

    Decorsi 30 giorni dalla scadenza del termine ultimo per il pagamento, la procedura esecutiva è affidata, in deroga alla normativa in materia di iscrizione a ruolo, agli Agenti della riscossione.
    Tale affidamento va eseguito con le modalità che dovranno essere determinate con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Interessi di mora

A decorrere dal giorno successivo a quello della notifica dell’atto impositivo, le somme in esso richieste sono maggiorate degli interessi di mora nella misura determinata dal Ministro dell’economia e delle finanze con apposito decreto annuale con riguardo alla media dei tassi bancari attivi.

Sono a carico del contribuente il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, oltre all’aggio spettante all’agente della riscossione.

A partire dal giorno successivo al termine ultimo per la presentazione del ricorso, le somme dovute sono maggiorate degli interessi di mora, calcolati dal giorno successivo a quello di notifica dell’atto.

All’agente per la riscossione spetta l’aggio, interamente a carico del debitore, e il rimborso delle spese di esecuzione, così come previsto dall’articolo 17 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112.

Al fine di coordinare le disposizioni già vigenti con le nuove norme, la lettera g dispone che i riferimenti al ruolo e alla cartella di pagamento contenuti in norme vigenti si intendono effettuati agli atti di accertamento in parola. L’Agente della riscossione, solo dopo l’affidamento del carico, può concedere la dilazione di pagamento prevista dall’articolo 19 del d.P.R. n. 602 del 1973.

Fondato pericolo per la riscossione

In caso di fondato pericolo per la riscossione, la lettera c prevede poi riproducendo il disposto dell’articolo 15-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 relativo all’iscrizione nei ruoli straordinari -che, decorsi sessanta giorni dalla notifica degli atti di cui alla lettera a, la riscossione delle somme dovute per il loro intero ammontare, comprensive di interessi e sanzioni, può essere affidata agli agenti della riscossione anche prima dei termini fissati dalle lettere a – b.

Anche in questo caso, quindi, gli accertamenti divengono esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica; pertanto l’agente della riscossione non può procedere ad esecuzione forzata prima di tale termine.

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CAPISALDI DELL’ACCERTAMENTO ESECUTIVO

I capisaldi e delle disposizioni sulla esecutività degli atti di accertamento (articolo 29 del DI 78/2010), in vigore dal 1 ° luglio 2011, sono i seguenti.

  • Dal 1° luglio 2011 l’atto di accertamento accorperà ben tre funzioni: quella di atto impositivo, di titolo esecutivo e di atto di precetto.
    L’atto di accertamento cumulerà le funzioni precedentemente svolte separatamente dall’avviso di accertamento, dal ruolo e dalla successiva notifica della cartella di pagamento.
    Questa triplicità di funzioni, però, si avrà soltanto per gli atti di accertamento emessi, in riferimento ai periodi d’imposta 2007 e successivi, per le imposte sui redditi (e relative addizionali), per l’Iva e Irap.
    Il nuovo regime sull’esecutività degli atti non riguarderà , invece – almeno temporaneamente – le situazioni non richiamate dalla norma, come gli atti riguardanti, ad esempio, i tributi doganali, le imposte indirette diverse dall’Iva (imposta di registro) nonché i casi di rettifica in cui non si procede con atto di accertamento, come nel caso della liquidazione e del controllo formale delle dichiarazioni (articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/1973).
    L’accertamento esecutivo avrà comunque uno spazio di applicazione limitato “agli avvisi di accertamento per imposte dirette, Iva e Irap. Saranno esclusi, infatti, gli avvisi relativi a imposte doganali quelli di registro, così come quelli automatici 36-bis e 36-ter”.
  • Diventeranno esecutivi anche i successivi atti in cui vengono rideterminati gli importi dovuti in relazione agli atti di accertamento per i quali si è verificata l’esecutività (si pensi alle sentenze delle commissioni tributarie, in forza del richiamo all’articolo 68 del Dlgs 546/1992). Anche la sentenza del giudice diventerà titolo giuridico per la riscossione.
  • Le sentenze, sia favorevoli che sfavorevoli all’amministrazione, diventeranno esecutive, se riguardanti atti di accertamento esecutivi.
  • Non saranno esecutive le sentenze riguardanti atti di accertamento che non sono esecutivi, come quelli riguardanti l’imposta di registro, oppure quelle conseguenti a istanze di rimborso del contribuente. Solo le sentenze dei giudici tributari conseguenti agli atti di accertamento che accorpano anche la funzione del ruolo e della cartella saranno esecutive, mentre quelle che riguardano situazioni diverse (i.e. quelle derivanti da un’istanza di rimborso) continueranno ad avere bisogno di ruolo e cartella.

Sospensione amministrativa e giudiziaria

L’attribuzione della natura di titolo esecutivo ai nuovi avvisi di accertamento e la conseguente possibilità di procedere ad esecuzione forzata per l’esazione coattiva delle somme risultanti dall’atto non versate nei termini, comporta l’utilizzo del contribuente degli ordinari mezzi di tutela cautelare nei confronti dell’accertamento.

Il contribuente, quindi, potrà chiedere la sospensione dell’atto:

  • in via amministrativa nel caso in cui sia presentato ricorso avverso l’atto di accertamento, si rende applicabile l’articolo 39 del d.P.R. n. 602 del 1973, che prevede la facoltà per l’ufficio delle entrate di sospendere in tutto o in parte il ruolo fino alla sentenzadella Commissione tributaria provinciale.
    Per quanto concerne la sospensione in via amministrativa, è la stessa lettera g dell’art. 29, c. 1, del D.L. n. 78 del 2010 a stabilire che in caso di ricorso avverso l’atto di accertamento, si applica l’art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 secondo cui l’ufficio delle entrate o il centro di servizio ha facoltà di disporre la sospensione in tutto o in parte fino alla data di pubblicazione della sentenza della commissione tributaria provinciale, con provvedimento motivato notificato al concessionario e al contribuente.
    Anche la cd autotutela sospensiva di cui all’articolo 27 della legge 28/1999 rappresenta una idonea tutela avverso l’esecutività degli atti di accertamento.
  • in via giudiziale avuto riguardo alla sospensione in via giudiziale, il contribuente potrà, ovviamente, esperire il rimedio previsto dall’art. 47 del D.Lgs. n. 546 del 1992 già in sede di ricorso contro i “nuovi” avvisi di accertamento, in considerazione della loro natura esecutiva.
    Come è noto, ai sensi del comma 1 del citato art. 47, il ricorrente, se dall’atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell’esecuzione dell’atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti e depositato in segreteria.
    Dal 1° luglio 2011 il contribuente per ottenere la sospensione della riscossione, non avrà più l’onere di impugnare la cartella di pagamento (dopo aver proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento).
    L’Agenzia delle entrate dovrà emettere un solo atto; il contribuente avrà l’onere di un solo ricorso, nel quale concentrare tutte le sue ragioni di difesa, sia per il merito, sia per la richiesta di misure cautelari.
    Al contribuente non resterà quindi che ricorrere alla Commissione tributaria, qualora sussistano i presupposti, chiedendo al tempo stesso la sospensione della riscossione provvisoria.
    Come recentemente dichiarato, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per evitare il ricorso “di massa” alle richieste di sospensiva del pagamento, sta pensando di apportare un correttivo decisamente rilevante alla disciplina attualmente delineata dall’articolo 29, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevedendo che il pagamento del 50% della maggiore imposta contestata sarà “sterilizzato” fino alla sentenza emessa dai giudici tributari di primo grado.

Autotutela sospensiva

All’orizzonte si profila un’ulteriore espansione del numero di istanze di sospensione, per effetto dell’imminente entrata in vigore, a far data dal prossimo 1° luglio, della norma prevista dal di n. 78/2010 che renderà esecutivi gli avvisi di accertamento dopo 60 giorni dalla notifica, senza più passare attraverso la cartella.

Poiché sussiste la possibilità che la giustizia tributaria dal prossimo 1° luglio possa “crollare” sotto il peso delle istanze dì sospensione degli avvisi di accertamenti immediatamente esecutivi occorre ribadire l’esperibilità della citata autotutela sospensiva(1).

Con l’articolo 27 della legge 28/1999, il legislatore ha integrato l’articolo 2-quater del Dl 564/1994, istitutivo dell’autotutela in ambito tributario.

Il comma 1 dell’articolo 2-quater del Dl 564/1994, introduce il potere di revoca e annullamento d’ufficio degli atti amministrativi.

Con la norma del 1999, sono stati aggiunti all’articolo 2-quater, i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinques. Queste norme, a eccezione del comma 1-ter, istituiscono e disciplinano l’autotutela sospensiva.

In virtù del comma 1-bis,

nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato“.

Si tratta, come evidente, di una norma d’interpretazione autentica.

La sua ratio risiede nella necessità, in pendenza di un procedimento di riesame di un atto amministrativo, sul quale sussiste un fumus d’illegittimità (o di non opportunità), d’impedire che tale atto possa produrre i suoi effetti, arrecando un danno presumibilmente ingiusto al destinatario ed evitando contestualmente l’annullamento o la revoca dell’atto prima che siano compiute tutte le verifiche istruttorie del caso. Il comma 1-quater, sancisce che “in caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti dell’atto cessa con la pubblicazione della sentenza“.

La norma è volta alla salvaguardia di uno dei fondamentali principi di ogni stato di diritto, quello della divisione dei poteri.

In presenza di una pronuncia dell’autorità giurisdizionale non è più possibile mantenere la sospensione degli effetti del provvedimento già oggetto del dispositivo del giudice adito, dovendosi seguire le prescrizioni di legge in tema d’esecuzione di sentenze, ancorché non definitive.

Tale limite trova applicazione, tenuto conto del tenore letterale della norma, sia che il giudice abbia emesso una sentenza con cui è stata confermata la validità del provvedimento amministrativo, sia ove invece abbia accolto la richiesta d’annullamento dello stesso.

Che l’Amministrazione finanziaria non possa mantenere la sospensione dell’atto, ove il giudice abbia invece decretato la sua illegittimità, è fuori di dubbio.

Se il giudice, invece, ha ritenuto che il provvedimento amministrativo impugnato sia valido, ritenere che l’Amministrazione non possa reiterare la sospensione appare in contrasto con il complesso delle norme dell’ordinamento fiscale.

Il regolamento attuativo in materia d’autotutela, il Dm 37/1997, sancisce che non si procede ad annullamento d’ufficio, solo ove una sentenza passata in giudicato si sia pronunciata sul merito della fattispecie.

Ne deriva che il limite per l’applicazione dell’autotutela sospensiva, allorché questa produca sul destinatario dell’atto degli effetti più favorevoli rispetto al provvedimento giurisdizionale, non è rappresentato dalla pubblicazione della sentenza, ma dal suo passaggio in giudicato, sempre che la sentenza abbia deciso nel merito, non pronunciandosi su aspetti formali o procedurali.

Per queste motivazioni, ove il giudice respinga la richiesta d’annullamento di un provvedimento amministrativo oggetto di sospensione amministrativa, in linea di principio, salvo la verifica dell’interesse pubblico esistente nel caso in specie, la Pubblica amministrazione può mantenere gli effetti sospensivi, fino all’esame definitivo della fattispecie.

Si ricordi, infatti, che la sospensione è una potestà insita nel potere d’annullamento e che quest’ultimo è limitato solo da una sentenza definitiva che abbia deciso sul merito.

Sarà necessario, nel caso esaminato, in cui il giudice abbia respinto con sentenza la richiesta d’annullamento del provvedimento oggetto di sospensione, che l’Amministrazione emetta un nuovo provvedimento di sospensione in autotutela.

In virtù della norma in esame, infatti, la sospensione cessa, ope legis, con la pubblicazione della sentenza.

Il comma 1-quinques recita cosi:

La sospensione degli effetti dell’atto disposta anteriormente alla proposizione del ricorso giurisdizionale cessa con la notificazione, da parte dello stesso organo, di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso; il contribuente può impugnare, insieme a quest’ultimo, anche l’atto modificato o confermato“.

Con questa norma, il legislatore conferma e conserva il principio d’indisponibilità dei termini perentori per invocare la tutela giurisdizionale.

L’autotutela sospensiva disposta anteriormente alla proposizione non può, infatti, sospendere anche i termini d’impugnazione. Al massimo, l’Amministrazione può esercitare sui termini suddetti un effetto interruttivo, nel senso che ove decidesse di confermare il suo provvedimento, mantenendo totalmente o parzialmente la propria pretesa, dovrà emettere un nuovo atto, facendo ripartire da zero i sessanta giorni per l’impugnazione.

L’autotutela sospensiva, tranne che non sia invocata l’autorità giurisdizionale, è sempre un atto intermedio del procedimento amministrativo: rappresenta uno strumento attraverso il quale l’Amministrazione s’impegna all’emissione di un successivo provvedimento che può essere d’autotutela non sostitutiva, ove si decida di annullare definitivamente l’atto, ovvero d’autotutela sostitutiva, con la conferma totale o parziale del provvedimento amministrativo sospeso .

La norma funge da indiretta conferma della legittimità dell’autotutela sostitutiva.

Infatti, l’Amministrazione, nel rispetto letterale della disposizione in esame, può sospendere l’efficacia di un suo provvedimento, per poi emettere un nuovo provvedimento confermativo. Implicitamente deve ritenersi che è pienamente legittimo l’operato di una Pubblica amministrazione che decida di ritirare un suo atto, viziato soltanto per motivi di forma, per poi riemetterne uno confermativo, ma sanato dai vizi formali.

Nota

1) Ove l’attività di riesame si protragga nel tempo, l’Ufficio ha il potere di sospendere anche prima del ricorso, ai sensi dei commi 1-bis, 1-ter e 1-quinques dell’articolo 2-quater L 656/1994, aggiunti dall’art. 27 L. 28/1999, l’efficacia dell’atto oggetto di riesame al fine di non sacrificare eventuali posizioni giuridiche del contribuente istante che possono essere pregiudicate dal termine occorrente all’ufficio per procedere al riesame. Ciò vale anche per la sospensione del ruolo. Infatti, la Risoluzione n. 21 del 07/02/2007 che richiama la Circolare n. 77 del 6/03/1998 del Dipartimento delle Entrateha chiarito correttamente che la facoltà di sospendere il ruolo discende della più ampia potestà di autotutela e deve, di conseguenza, essere assoggettata alle regole dettate dal menzionato articolo 2-quater del d.l. n. 564 del 1994 e dal decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n. 37. Si tratta come evidente, di una norma d’interpretazione autentica. La sua ratio risiede nella necessità, in pendenza di un procedimento di riesame di un atto amministrativo, sul quale sussiste un fumus d’illegittimità (o di non opportunità), d’impedire tempestivamente che tale atto possa produrre i suoi effetti, arrecando un danno presumibilmente ingiusto al destinatario e/o di evitare contestualmente e direttamente l’annullamento o la revoca dell’atto prima che siano compiute tutte le verifiche istruttorie del caso .La norma non dice se la sospensione dell’efficacia dell’atto comporti anche la sospensione dei termini per l’impugnativa giurisdizionale; in assenza si deve ritenere che, in ogni caso, l’atto debba essere impugnato nei termini; nell’eventualità di mancato precedente annullamento dell’atto in pendenza del termine d’impugnativa, il contribuente, in presenza si sospensione, avrà ancora interesse ad impugnare l’atto per farne dichiarare la illegittimità, atteso che il provvedimento cautelare ha effetti precari sull’atto non coprendo quindi l’area d’interesse dell’istante.

Si ritiene in dottrina (D’Ayala Valva F., La sospensione dell’atto apparentemente illegittimo ed infondato, in “Rivista Dir. trib”, Vol. I, 2004, pp. 172 ss). che:

a) non essendovi un espresso collegamento con un giudizio di 1° grado, nulla esclude che la sospensione in autotutela possa essere conseguenza di una nuova istanza reiterata del contribuente o concessa di ufficio, permanendone i presupposti, anche in ogni stato e grado del giudizio, in quanto il comma 1-quater richiede che solo che sussista la pendenza del giudizio senza alcuna limitazione;

b) è corretto ritenere, nel caso in cui il giudice abbia ritenuto che il provvedimento amministrativo impugnato sia valido, che l’Amministrazione possa reiterare la sospensione. Infatti, il regolamento attuativo in materia d’autotutela – il DM 37/1997 – sancisce che non si procede ad annullamento d’ufficio, solo ove una sentenza passata in giudicato si sia pronunciata sul merito della fattispecie. Ne deriva che il limite per l’applicazione dell’autotutela sospensiva, allorché questa produca sul destinatario dell’atto degli effetti più favorevoli rispetto al provvedimento giurisdizionale, non è rappresentato dalla pubblicazione della sentenza, ma dal suo passaggio in giudicato, sempre che la sentenza abbia deciso nel merito sugli stesso motivi oggetto dell’istanza di autotutela, non pronunciandosi su aspetti formali o procedurali.In quest’ultimo caso sarà necessario però, nel caso in cui il giudice abbia respinto con sentenza la richiesta d’annullamento del provvedimento oggetto di sospensione, che l’Amministrazione emetta un nuovo provvedimento di sospensione in autotutela. In virtù della norma in esame infatti, la sospensione cessa, ope legis, con la pubblicazione della sentenza.

9 maggio 2011

Roberto Pasquini


ALLEGATO

FACSIMILE DI ISTANZA DI AUTOTUTELA

ALLA DIREZIONE PROVINCIALE DI …………..

Il/la sottoscritto/a:

Cognome ___________________________________ Nome _____________________________________,

nato/a il _________________________ a _____________________________________________________,

C.F. ___________________________ residente in _____________________________________________,

via __________________________________________ n. __________,

in proprio

in qualità di legale rappresentante della ditta:

ragione sociale __________________________________________________________________________,

con sede in ____________________________________ via ____________________________ n. _______,

C.F. ___________________________,

CHIEDE

Ex articolo 27 della legge 28/1999,la sospensione del seguente atto:

________________________________________________________________________________________

inerente il seguente tributo : ____________________ per l’anno ___________, per le seguenti motivazioni:

________________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________________

___________________________, lì _______________________

Firma

______________________________________________________________