Un’interessante ordinanza della Corte apre a nuove riflessioni sull’autotutela tributaria, affrontando i limiti del silenzio-rifiuto e il ruolo della discrezionalità dell’Amministrazione. Il confronto tra prassi e giurisprudenza recente stimola a ripensare i confini tra tutela del contribuente e stabilità degli atti fiscali.
È estremamente interessante e ricca di spunti una recente pronuncia di Cassazione dell’8 aprile 2025 che, nel mettere dei punti fermi in materia di autotutela rispetto alla vecchia normativa, inevitabilmente offre delle riflessioni che investono le novità introdotte dal D.Lgs. n. 219/2023.
Il caso del ricorso contro il silenzio rifiuto di autotutela
Il caso dell’ordinanza in oggetto trae origine dal ricorso in Cassazione, proposto da una srl, avverso la sentenza della CTR, che ha accolto l’appello erariale in una controversia avente ad oggetto l’impugnazione del silenzio-rifiuto dell’Amministrazione avverso istanza di autotutela, con la quale la società contribuente aveva richiesto lo sgravio di due cartelle di pagamento, non impugnate e divenute definitive.
La società lamenta che i giudici di appello non abbiano rilevato che le cartelle di pagamento di cui è stato chiesto lo sgravio rappresentavano una duplicazione dei crediti di imposta recuperati alla stessa società dall’ufficio con due atti di recupero, annullati dalla medesima CTR.
Il pensiero degli Ermellini sull’autotutela
La Corte, che opera un puntuale e articolato excursus normativo, ritiene che sebbene sia ammissibile l’impugnazione dei provvedimenti di diniego emessi in sede di autotutela, ancorché l’originario provvedimento sia divenuto definitivo,…
…“è tuttavia in tali casi necessario un bilanciamento dei contrapposti interessi, secondo il meccanismo proprio della valutazione comparativa, dovendosi confermare, sotto tale aspetto, la natura pienamente discrezionale dell’annullamento d’ufficio (Corte Costituzionale, sentenza 13 luglio 2017, n. 181), per cui il contribuente il quale richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi ad eccepire eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione è definitivamente preclusa, ma deve piuttosto prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto”.
Infatti, come già riconosciuto (Cassazione, sez. 5, 30/10/2015, n. 22253):
“non può escludersi che, trattandosi di attività