Come proporre il giudizio di ottemperanza

Come proporre correttamente il giudizio di ottemperanza per far eseguire la sentenza tributaria.

Come proporre il giudizio di ottemperanza

giudizio di ottemperanza e commissario ad actaIl ricorso per l’ottemperanza agli obblighi derivanti da una sentenza emessa dalla commissione tributaria passata in giudicato è proponibile “solo dopo la scadenza del termine” fissato dalla legge per l’adempimento all’Ufficio finanziario o all’ente locale, “o, in mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario” (comma 2); con il ricorso in ottemperanza, a norma del comma 3, deve essere prodotta in copia la sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza “unitamente all’originale o copia autentica dell’atto di messa in mora notificato a norma del comma precedente, se necessario”.

L’art. 70 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 consente al contribuente di esperire il giudizio di ottemperanza innanzi alla Commissione tributaria per ottenere la concreta esecuzione di una sentenza.

Presupposto per l’applicazione del disposto dell’articolo citato è l’esistenza di una sentenza passata in giudicato.

La proponibilità del ricorso per ottemperanza è subordinata alla scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla legge l’adempimento dell’Ente; in assenza (ipotesi più frequente) di tale prescrizione il contribuente deve notificare un atto di messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario all’Ente che deve eseguire la sentenza, decorsi almeno trenta giorni. La notifica della sentenza effettuata a norma dell’art. 285 c.p.c. è atto diverso dalla costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c. – come è evidente, per il processo tributario, dalla stessa formulazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, c. 3 , e non ne produce gli effetti (Cass. n. 15058/2003). La notificazione della sentenza effettuata a norma dell’art. 285 c.p.c. non ha gli effetti della costituzione in mora ex art. 1219 c.c. e non contiene l’intimazione o la richiesta scritta prevista dall’art. 1219.

Il ricorso per ottemperanza ha la funzione di strumento di chiusura del sistema giurisdizionale apprestato dalle C.T..

Il ricorso in ottemperanza, esperibile finché dura l’azione di giudicato (10 anni) ex articolo 2953 del codice civile, va preceduto dalla notifica di un atto di messa in mora dell’ufficio inadempiente. Il ricorso in ottemperanza,di cui all’articolo 70 del D.Lgs 546/92, non preceduto dall’atto di costituzione in mora è inammissibile (sentenza n. 199 del 18 dicembre 2006, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma sez. 2).

Solo se la scadenza del termine è prevista dalla legge (es. articolo 68, secondo comma, del D.lg. 546/92) l’atto di messa in mora, da effettuarsi necessariamente tramite ufficiale giudiziario (CTR per il Lazio sentenza n. 15 del 5/02/2003), non assurge a presupposto necessario

La tardiva produzione dell’atto di messa in mora dell’Amministrazione, regolarmente notificato non rende improcedibile il ricorso in ottemperanza (Sent. n. 57 del 13 aprile 2000 dep. il 4 maggio 2000 della CTP di Trento, Sez. I).

Salvo le eccezioni di cui all’articolo 12, deve essere proposto con l’assistenza di un difensore.

Il ricorso in ottemperanza, da indirizzare al presidente della commissione tributaria, deve contenere la sommaria esposizione dei fatti che giustificano il giudizio di ottemperanza; tale sommaria esposizione non costituisce una censura ma un’allegazione. Esso va depositato, in doppio originale, presso la segreteria della commissione provinciale se la sentenza passata in giudicato è stata da essa pronunciata; in ogni altro caso (quindi anche nel caso di decisioni o sentenze provenienti dalla commissione tributaria centrale e dalla Corte di cassazione) va depositato presso la segreteria della commissione tributaria regionale.

L’inammissibilità deve essere dichiarata dal collegio e non dal solo presidente della sezione poiché l’articolo 70 non richiama le disposizioni di cui agli articoli 27 e 28 del D.Lgs 31-12-1992, n. 546. Al ricorso deve essere allegata, a pena di inammissibilità, la sentenza passata in giudicato.

Il segretario ha l’obbligo di comunicare all’ufficio, senza indugio, uno dei due originali del ricorso depositato dal contribuente, in ossequio al principio del contraddittorio. L’ufficio deve trasmettere le proprie osservazioni, aventi una finalità collaborativa, entro il termine ordinatorio di 20 giorni. La presentazione facoltativa delle osservazioni può essere accompagnata o sostituita da una vera e propria costituzione in giudizio da parte dell’amministrazione finanziaria, che può avvenire fino alla data fissata per la camera di consiglio.

La trattazione avviene sempre in camera di consiglio; non è possibile la discussione in pubblica udienza, anche su concorde domanda delle parti. In camera di consiglio è ammessa la presenza delle parti e il loro intervento attivo.

E’ possibile che il giudizio si protragga per diverse camere di consiglio in considerazione di esigenze istruttorie.

La commissione tributaria adita, non vincolata alle richieste del ricorrente, precisa i necessari provvedimenti attuativi con sentenza. Sono applicabili gli istituti della sospensione, interruzione ed estinzione del processo, mentre si pongono in contrasto con la natura del giudizio di ottemperanza l’incidente di sospensione dell’atto impugnato e la conciliazione giudiziale.

Il giudizio di ottemperanza non è un giudizio autonomo; esso risulta strettamente connesso con il giudizio principale, di cui costituisce uno sviluppo sia pure solo eventuale, tanto è vero che si connatura per essere essenzialmente costituito dall’attuazione del giudicato inerente al giudizio principale.

La giurisdizione del giudice tributario in sede di ottemperanza va intesa come “giurisdizione esclusiva di merito”.

Esclusiva, perché la competenza è attribuita dalla legge esclusivamente alla Commissione Tributaria, in presenza dei presupposti, che come detto riguardano l’esistenza di un giudicato ed il suo mancato adempimento da parte dell’Amministrazione.

E’ una giurisdizione di merito in quanto l’indagine del giudice si fa particolarmente pregnante, fino a coinvolgere l’esame dell’intera attività amministrativa connessa all’esecuzione del giudicato, e si spinge al punto di consentire l’esercizio di poteri sostitutivi. In sostanza il giudizio di ottemperanza più che alle usuali categorie del giudizio di esecuzione o di cognizione, va considerato come procedimento sui generis, che si proietta nella fase di realizzazione concreta della sentenza da eseguire.

Il giudice dell’ottemperanza deve limitarsi a dare attuazione agli obblighi risultanti dalla sentenza passata in giudicato, senza estendere il giudizio di ottemperanza agli aspetti dell’atto del tutto diversi da quelli toccati dal giudicato (sentenza n. 13681 del 24 giugno 2005 della Corte di cassazione).

Il potere del giudice dell’ottemperanza deve essere comunque esercitato entro i limiti, insuperabili, fissati dall’oggetto della controversia definita col giudicato; non può essere attribuito un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello contenuto nella sentenza da eseguire (cfr. Cass. sentenza n. 22188 del 24 novembre 2004). In sede di ottemperanza, il giudice può solo enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla sentenza passata in giudicato, ma non può attribuire un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire (Corte di cassazione, con la sentenza n. 22188 del 24 novembre 2004).

Il giudice dell’ottemperanza non può svolgere alcuna attività ermeneutica che integri, ampliandolo, il contenuto del comando contenuto nel giudicato, ma dovrà attuare l’assetto di interessi determinato con la pronuncia di cui si chiede l’esecuzione individuandolo attenendosi “agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazione” (comma 7 dell’articolo 70 del D.Lgs n. 546 del 1992).

La funzione tipica ed essenziale del giudizio di ottemperanza è di adeguare la realtà giuridica e materiale ad un preciso giudicato.

Quindi, non può essere integrato o modificato il contenuto della sentenza alla quale il Fisco deve dare esecuzione. E’ inconcepibile che il giudizio d’ottemperanza possa avere a oggetto provvedimenti degli uffici finanziari relativi a un periodo d’imposta diverso da quello investito da una sentenza passata in giudicato, pur alla presenza dei medesimi presupposti fattuali (sentenza n. 290 del 3 ottobre 2006 della CTR di Roma, sezione 1).

 

16 luglio 2010

Angelo Buscema

 


 

Corte Cass., Sez. tributaria Sent. n. 15176 del 23 giugno 2010

 

Svolgimento del processo – Con ricorso depositato il 4 gennaio 2005 V.M. adiva la Commissione tributaria provinciale di Agrigento per l’ottemperanza alla sentenza n. 52/04, depositata il 5 luglio 2004, con la quale la stessa Commissione aveva condannato il Comune di Cianciana al rimborso dell’ICI, chiedendo altresì di “liquidare, oltre agli interessi previsti dalle leggi fiscali sulle sorti dovute, le spese, competenze ed onorari dalla data del deposito della sentenza sino all’effettivo soddisfo”.

Il ricorso era comunicato il 10 gennaio 2005 al Comune di Cianciana, che il successivo 21 gennaio trasmetteva alla Commissione provinciale gli atti relativi ai provvedimenti adottati per l’esecuzione del giudicato di cui alla detta sentenza.

Il giudice dell’ottemperanza dichiarava estinto il giudizio per cessata materia del contendere.

Rilevato infatti che la notifica in forma esecutiva della sentenza di accoglimento della domanda di rimborso era avvenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza stessa, e che il regolamento per l’ICI dell’Ente prevede che istanza e rimborso debbano avvenire entro tre anni dal pagamento non dovuto dell’imposta, osservava che il 30 dicembre 2004, già cinque giorni prima del deposito del ricorso per l’ottemperanza, “il Comune di Cianciana aveva provveduto con atto formale del Dirigente del Servizio competente per il rimborso a determinare le somme da restituire, dando origine al procedimento per il rimborso”.

Quanto alla richiesta di liquidazione degli interessi e delle spese, ritenuto che non ricorressero le condizioni poste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, comma 2, secondo cui il ricorso in ottemperanza è proponibile dopo la scadenza del termine entro il quale l’Ufficio per legge deve provvedere all’adempimento, o, in mancanza, dopo trenta giorni dalla messa in mora dell’Ufficio stesso, disponeva, secondo quanto previsto dal precedente art. 46 per il caso di cessazione della materia del contendere, che le spese del giudizio rimanevano a carico della parte che le aveva sostenute.

Nei confronti della decisione V.M. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Comune di Cianciana non ha svolto attività nella presente sede.

 

Motivi della decisione – Con il primo motivo il ricorrente, denunciando “falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 69 e 70”, censura l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui la notifica in forma esecutiva della sentenza di accoglimento della domanda di rimborso era avvenuta prima che la sentenza stessa fosse passata in giudicato, quando era ancora pendente il termine per la proposizione dell’appello. L’assunto sarebbe falso e surrettizio in quanto la detta sentenza era “stata notificata al Comune … il 15-16/09/2004 ed è passata in cosa giudicata in data 15/11/2004, cioè dopo che erano trascorsi giorni 60 dalla notifica”.

Il motivo è infondato, avendo il giudice d’appello correttamente rilevato che la notifica della sentenza, depositata il 5 luglio 2004, fu eseguita, in data 15-16 settembre dello stesso anno, quando essa non era ancora passata in giudicato, ed era appunto pendente il termine per la sua impugnazione, che sarebbe spirato dopo sessanta giorni dalla notifica stessa della sentenza, ai sensi del D.P.R. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 51, con il passaggio in giudicato della pronuncia, della quale la parte avrebbe potuto ottenere, come previsto dal successivo art. 69, il rilascio di copia spedita in forma esecutiva.

Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 54, art. 68, comma 2”, assume che l’ufficio avrebbe potuto procedere al rimborso fin dalla comunicazione del dispositivo della sentenza (in data 5 luglio 2004), senza attenderne la notifica, e senza attendere che essa passasse in giudicato – il 15 novembre 2004 -, laddove la procedura per il rimborso fu avviata dal Comune il 30 dicembre 2004. Lamenta in proposito che “l’inadempimento dell’ufficio impositore, agli effetti del procedimento di ottemperanza, era da considerarsi già consumato alla scadenza del termine dei trenta giorni dall’avvenuta messa in mora da parte del contribuente, e quindi l’organo giudicante non poteva non prenderne atto e errare nel giudicare”.

Con il terzo motivo, denunciando “contraddittorietà della motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 46 e 70”, la ricorrente si duole che il giudice dichiarando cessata la materia del contendere abbia disposto la compensazione delle spese sul rilievo che non ricorrevano nella specie le condizioni di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, secondo cui “il ricorso in ottemperanza è proponibile dopo che è scaduto il termine entro il quale l’ufficio per legge deve provvedere all’adempimento, o, in mancanza, dopo trenta giorni di messa in mora dell’ufficio stesso”. Le condizioni fissate dalla norma erano, invece, ricorrenti, secondo il contribuente, perché nel caso in esame “appare chiaro che sono trascorsi inutilmente sia i trenta giorni dalla messa in mora, a mezzo della notifica della sentenza, e sia i termini per proporre appello, senza che gli atti amministrativi per l’adempimento siano stati posti in essere”. L’adempimento sarebbe stato poi, oltre che tardivo, parziale, avendo il Comune disatteso “le altre richieste formulate, interessi maturandi dalla data di messa in mora alla data di effettivo soddisfo”.

I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.

Nel sistema delineato dal D.P.R. n. 546 del 1992, art. 70, il ricorso per l’ottemperanza agli obblighi derivanti da una sentenza emessa dalla commissione tributaria passata in giudicato è proponibile “solo dopo la scadenza del termine” fissato dalla legge per l’adempimento all’Ufficio finanziario o all’ente locale, “o, in mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario” (comma 2);

con il ricorso in ottemperanza, a norma del comma 3, deve essere prodotta in copia la sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza “unitamente all’originale o copia autentica dell’atto di messa in mora notificato a norma del comma precedente, se necessario”.

Nella specie il giudice, esclusa l’applicabilità del termine per l’adempimento “prescritto dalla legge”, termine individuato nel regolamento per l’ICI del Comune di Cianciana, ha ritenuto non ricorrente la condizione alternativa del decorso di trenta giorni dalla messa in mora dell’ente stesso a mezzo di ufficiale giudiziario. E ciò in quanto nella fattispecie non risulta posto in essere alcun atto di costituzione in mora del Comune.

Il richiamo alla messa in mora che più volte si legge nel ricorso è riferito alla notifica della sentenza, di cui si è detto supra, effettuata il 15-16 novembre 2004. Ma la notifica della sentenza effettuata a norma dell’art. 285 cod. proc. civ. è atto diverso dalla costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 cod. civ. – come è evidente, per il processo tributario, dalla stessa formulazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 3 appena riportato -, e non ne produce gli effetti (Cass. n. 15058/2003).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

 

P.Q.M. – La Corte rigetta il ricorso.