Operazioni inesistenti, fatture false: l'onere della prova

Con sentenza n. 8478 del 9 aprile 2010 (ud. del 24 novembre 2009) la Corte di Cassazione è intervenuta, ancora una volta, sull’onere della prova in materia di operazioni inesistenti. L’onere della prova, per dimostrare la veridicità delle fatture, è a carico del contribuente. A cura di Marcella De Santis

Il principio fissato dalla Cassazione in merito all’onere della prova in caso di contestazione di fatture inesistenti

cassazione reato indebita compensazione“In materia di IVA, in ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti grava su di essa l’onere di provare che le operazioni oggetto di fatture in realtà non sono state mai poste in essere. Ma se l’Amministrazione fornisca validi elementi – alla stregua del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2 – per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate” (Cass. 11.06.2008 n. 15395; conforme Cass. 18.01.2008 n. 1057).

 

Nel caso in esame i primi giudici avevano rilevato quanto segue:

  1. che dei quattro fornitori di latte, le cui operazioni di acquisto sono state ritenute inesistenti, uno era lo stesso amministratore unico della società V.F., mentre gli altri erano suoi familiari o parenti;
  2. che gli animali di ciascun fornitore erano risultati inesistenti o ceduti ad acquirenti vari in data 31.05.93, senza che tali vendite fossero suffragate da assegni, cambiali o altri titoli;
  3. la mancata esibizione di assegni o altri titoli comprovanti il pagamento delle cessioni di latte, né l’iscrizione sui libri contabili dell’avvenuto pagamento giornaliero in contanti;
  4. che l’intero quantitativo di latte fatturato costituiva la risultanza di una produzione giornaliera di 23 litri per ciascun animale.

 

È pur vero – prosegue la sentenza – che alcuni degli elementi sopra indicati sono scaturiti da accertamenti presso terze società, ma questa circostanza è una ulteriore riprova della serietà degli accertamenti eseguiti dalla G. di F. e dall’Ufficio, non smentiti da contrari e concreti dati di fatto.

E quindi nel caso di specie non si trattava di accertamento induttivo, bensì di accertamento basato su dati di fatto obiettivi.

 

 

Falsa fatturazione e omere della prova – Brevi riflessioni 

La sentenza di Cassazione n. 21953/2007 – che possiamo ritenere come un punto di riferimento nella controversa questione – ebbe modo di affermare che il contrasto giurisprudenziale di cui tutti discutono ( se l’onere della prova spetta all’ufficio a al contribuente ) è solo teorico.

Di fatto, è necessario che l’ufficio ponga in evidenza – come nel caso di specie – elementi che contraddicano la veridicità della fattura prodotta dal contribuente.

Anche successivamente la Corte di Cassazione ha riaffermato questo principio: con sentenza n. 22555 del 28 settembre 2007 (dep. il 26 ottobre 2007), ha infatti statuito che qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni effettuate con una società solo apparentemente esistente, ma in realtà priva di qualsiasi organizzazione aziendale, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni deve essere fornita dal contribuente.

In pratica, l’ufficio o i verificatori non possono limitarsi ad affermare che la fattura è falsa: devono indicare gli elementi a supporto, così che l’onere probatorio contrario si trasferisce sul contribuente.

 

In merito leggi anche: Operazioni inesistenti: la prova spetta al contribuente

 

11 maggio 2010

Marcella De Santis

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