Visto di conformità, compensazione del credito IVA e società di comodo

L’impatto delle norme introdotte dall’art. 10 del decreto legge n. 78/2009 sulle compensazioni IVA, sulle società di comodo.

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha fatto opera meritoria predisponendo una check list da utilizzare per i controlli necessari per il rilascio del visto di conformità sulla dichiarazione annuale dell’IVA, a seguito delle norme introdotte dall’art. 10 del decreto legge n. 78/2009.

Nell’ambito di tali controlli, il CNDCEC consiglia anche di verificare la situazione del contribuente-società in relazione alla disciplina sulle società non operative.

Al riguardo, si ritiene opportuno approfondire la questione, limitatamente ai rapporti tra società di comodo e credito IVA, al fine di agevolare il lavoro dei professionisti incaricati di apporre il visto di conformità, anche se un tale tipo di accertamento sembra estraneo ad un ambito prettamente formale (come è richiesto per l’apposizione del visto di conformità) per costituire, invece, accertamento di tipo sostanziale.

Vale la precisazione che le osservazioni seguenti non riguardano ovviamente le società per le quali la disciplina prevede una presunzione assoluta di operatività indipendentemente dalla verifica dei dati (società congrue e coerenti agli studi di settore; società con valore della produzione superiore all’ammontare dell’attivo patrimoniale; ecc.), ma solo quelle tenute alla redazione dell’apposito prospetto per la verifica dell’operatività.

 

Le limitazioni all’utilizzo dei crediti IVA

 

Il mancato superamento del test di operatività comporta per il contribuente specifiche conseguenze anche ai fini dell’IVA; in particolare, l’eccedenza di credito – risultante dalla dichiarazione annuale del periodo d’imposta relativamente al quale non è superato il test di operatività – non può essere:

  • chiesta a rimborso;

 

  • utilizzata in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997;

 

  • ceduta a terzi ai sensi dell’art. 5, comma 4-ter, del decreto legge n. 70/1988, convertito dalla legge n. 154/1988.

 

Inoltre, nel caso in cui per tre periodi d’imposta consecutivi l’importo delle operazioni rilevanti ai fini IVA risulti inferiore a quello derivante dall’applicazione delle percentuali di cui al comma 1 dell’art. 30 della legge n. 724/1994, la società non operativa (che per ciascuno dei tre periodi d’imposta non abbia superato il test) perde definitivamente la possibilità di utilizzare il relativo credito IVA, anche a scomputo dell’IVA a debito riferita ai periodi d’imposta successivi (compensazione interna o verticale).

A ciò si aggiunga che, con sentenza n. 13079/2005, la Cassazione ha stabilito che la perdita del credito IVA coinvolge anche la quota di credito riportata dagli anni in cui la società non era considerata di comodo.

La disciplina in questione si applica, esclusivamente alla dichiarazione annuale e non anche ai crediti IVA trimestrali, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 223/2006. Pertanto, il 2006 è considerato il primo anno del primo triennio 2006-2007 e 2008; nel tempo, i trienni si formano scalando l’anno più remoto e aggiungendo il nuovo; la circolare 4 maggio 2007, n. 25/E chiarisce come procedere nei casi di società con periodo d’imposta diverso dall’anno solare.

 

Visto di conformità e tipologie dei controlli

 

Come confermato anche dalla circolare 23 dicembre 2009, n. 57/E, il visto di conformità richiesto per la compensazione del credito IVA non comporta alcuna valutazione di merito ma presuppone semplicemente:

  • la correttezza formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti,

 

  • la regolare tenuta delle scritture contabili obbligatorie.

 

In tal senso, appare, quindi, del tutto estraneo all’attività da svolgere il consigliato controllo sull’operatività della società richiedente il visto, considerato che tale controllo si estende normalmente a tre diverse annualità e a dati che non risultano dalla contabilità o dalle dichiarazioni IVA.

Peraltro, la citata circolare, al paragrafo 7.2, espressamente dice che, “ai fini del computo dell’ammontare del credito, si deve tenere conto anche dell’eventuale credito proveniente dall’eccedenza formatasi in anni precedenti e non richiesta a rimborso né utilizzata in compensazione (il controllo del credito dei periodi precedenti si limita alla verifica dell’esposizione del credito nella dichiarazione presentata).

In pratica, ai fini del visto di conformità in questione è sufficiente verificare l’indicazione del credito IVA dell’anno precedente nella relativa dichiarazione presentata (e, eventualmente, se già pervenuta, anche nella comunicazione di avvenuta liquidazione della dichiarazione precedente).

Si tratta, come si vede, di un controllo assolutamente formale che non implica alcun riscontro sulla legittimità della società a fruire del credito IVA risultante dalla dichiarazione relativa al 2009, ma si limita solo ad accertarne la sussistenza.

Ciò nonostante, si ritiene che lo spunto fornito dalla check list debba comunque essere raccolto dai professionisti incaricati di apporre il visto di conformità al fine di fornire una prestazione a più alto contenuto di consulenza, sconsigliando eventualmente la società dall’utilizzare un credito IVA che potrebbe non essere riconosciuto a causa del mancato superamento del test di operatività per tre anni ed evitare così l’irrogazione di sanzioni che possono arrivare fino al 200% del credito ritenuto inesistente.

Indipendentemente da tale fatto, è evidente che, ove la società richieda il visto di conformità, nulla osta a che il professionista proceda ad effettuare i controlli del caso, anche in relazione alla operatività della società, considerato che la società potrebbe aver già intrapreso un contenzioso contro il rigetto di una precedente istanza di disapplicazione della disciplina o potrebbe intraprenderlo in futuro a seguito dell’attività di liquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate che disconosca il credito IVA dichiarato per mancanza di operatività.

Peraltro, nella maggior parte dei casi, il controllo dell’operatività, quanto meno per gli anni 2007 e 2008, potrebbe risultare già effettuato dallo stesso professionista, consulente della società o tenutario delle sue scritture contabili, in sede di redazione delle dichiarazioni dei redditi relative a tali anni.

In definitiva, si ritiene che, in questa prima fase, il professionista non debba limitarsi a verificare la situazione IVA del 2009 ma che debba, come consigliato dal CNDCEC, quanto meno porsi la domanda se la società sia da considerare o meno operativa.

 

I controlli da effettuare

Il richiamo alla disciplina delle società non operative deve, quindi, indurre il professionista alla massima attenzione in considerazioni delle gravi conseguenze che il persistere di una situazione di non operatività comporta sul diritto al credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale, anche se, come si è accennato, un tale tipo di accertamento appare essere solo opportuno e non anche obbligatorio.

Per l’effettuazione di tale controllo, avuto riguardo a questa prima fase di applicazione del nuovo adempimento, la verifica dell’operatività deve quindi essere effettuata in relazione al triennio 2007-2009, distinguendo fra gli anni 2007 e 2008 e l’anno 2009.

Per gli anni 2007 e 2008, non dovrebbero sorgere problemi sull’acquisizione dei dati utili ad accertare l’operatività della società, dovendo essere sufficiente acquisire l’apposito prospetto delle società non operative contenute nel modello Unico 2008 e nel modello Unico 2009, eventualmente verificando, anche tramite accesso al cassetto fiscale, l’eventuale trasmissione di dichiarazioni integrative o da ravvedimento

Per quanto riguarda, invece, il 2009, i dati necessari potrebbero non essere ancora disponibili al momento della redazione della dichiarazione annuale dell’IVA; si pensi, infatti, alle rimanenze di materie, prodotti, ecc., esistenti alla data del 31 dicembre 2009 e la cui valorizzazione ufficiale (necessaria ai fini del bilancio o della dichiarazione dei redditi) potrebbe non essere stata ancora effettuata dalla società, il che deve indurre il professionista ad operare con la massima cautela e farsi comprovare dalla società i dati necessari.

In ogni caso, si ritiene che tutti i controlli, sia quelli per gli anni 2007 e 2008 che quelli per il 2009, debbano limitarsi alla verifica della corretta compilazione dell’apposito prospetto per l’operatività contenuta nella dichiarazione dei redditi; tale verifica può essere effettuata sulla base dei dati risultanti dalla contabilità o sulla base delle eventuali distinte o fogli di calcolo utilizzati dalla società.

La necessità di acquisire eventualmente tali distinte trova origine, ad esempio, nella constatazione che, ai fini della verifica dell’operatività, i valori delle immobilizzazioni non sono assunti nella loro interezza ma solo in relazione alla durata del possesso.

Ovviamente tutti i controlli effettuati devono essere documentati, anche attraverso l’utilizzo di fogli di lavoro, integrazioni alla check list del CNDCEC, ecc., e la documentazione deve essere conservata al fine di provare eventualmente la correttezza della procedura seguita nel rilascio del visto di conformità.

1 febbraio 2010

 

 

Vito Dulcamare