Se il professionista non presenta la dichiarazione il contribuente non paga le sanzioni | Sentenza Cassaz. n. 25136/2009

Non si applicano sanzioni al contribuente quando provi di essere rimasto vittima del professionista che, pur incaricato di seguire la contabilità, non ha provveduto né a presentare la dichiarazione dei redditi né a versare le relative imposte. Nell’articolo trovi anche allegati l’istanza da presentare all’Agenzia Entrate e la Sentenza di Cassazione n. 25136/2009.

Non si applicano sanzioni al contribuente quando provi di essere rimasto vittima del professionista che, pur incaricato di seguire la contabilità, non ha provveduto né a presentare la dichiarazione dei redditi né a versare le relative imposte.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 25136/2009, respingendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria contro la decisione dei giudici di merito che, sul presupposto dell’avvenuta condanna del professionista e della sua conseguente responsabilità riguardo alle  sanzioni, aveva dichiarato non dovute le sanzioni comminate al contribuente con l’avviso di accertamento del reddito imponibile.

 

L’iter logico giuridico adottato da tale pronuncia si è così sviluppato:

  1. la non punibilità del contribuente, presuppone esclusivamente la «convincente dimostrazione del fatto che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto addebitabile esclusivamente al professionista denunciato all’autorità giudiziaria».
  2. la previsione dell’articolo unico, L. n. 423 del 1995, opera esclusivamente sul piano della riscossione, fissando le condizioni alle quali, in presenza di violazioni esclusivamente riferibili alla condotta penalmente rilevante dei professionisti ivi indicati, può disporsi la sospensione della riscossione delle soprattasse e delle pene pecuniarie a carico del contribuente nonchè la commutazione del ruolo in capo ai
  3. la norma non osta a che, in sede contenziosa, la non punibilità del contribuente presupponga esclusivamente la convincente dimostrazione del fatto che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto addebitabile esclusivamente al professionista denunciato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dalla ricorrenza delle ulteriori condizioni previste dalla L. n. 423 del 1995 (Cass. 26850/07; 17578/02).Orbene,con sentenza n. 26848 del 7 novembre 2007 (dep. il 20 dicembre 2007) la Corte di Cassazione ha affermato che la disciplina sanzionatoria esonera da responsabilità il contribuente che abbia omesso il pagamento del tributo per fatto esclusivamente imputabile al terzo, all’uopo denunciato all’Autorità giudiziaria, non rilevando gli ulteriori elementi richiesti dall’art. 1 della Legge n. 423 del 1995 in tema di sospensione del ruolo. La non punibilità del contribuente, in sede contenziosa, presuppone esclusivamente la convincente dimostrazione del fatto che il pagamento del1 tributo non è stato eseguito per fatto addebitabile esclusivamente a terzi e denunciato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dalla ricorrenza delle ulteriori condizioni previste dalla L. n. 423 del 1995, art. 1, per la sospensione del ruolo a carico del contribuente e la sua commutazione in capo al professionista responsabile della violazione”. L’art. 6, comma 3, D.Lgs. contempla, dunque, una disciplina autonoma ed autosufficiente, che non va integrata con quella di cui all’articolo unico della L. n. 423 del 1995, che è norma che opera sul diverso piano della riscossione e della commutazione del ruolo in capo al professionista responsabile.

La sospensione della riscossione delle soprattasse e la conseguente non debenza delle pene pecuniarie, per omesso, insufficiente o ritardato versamento d’imposta, previste dall’art. 1 della L. 11 ottobre 1995, n. 423 qualora la violazione consegua alla condotta illecita, penalmente rilevante, di professionisti ivi indicati, non erano subordinate al rispetto degli adempimenti procedurali (istanza di sospensione da parte del contribuente, denuncia del reato all’autorità giudiziaria, ecc.) previste dalla menzionata legge n. 423 del 1995, in quanto le condizioni obiettive richiamate dalla legge stessa potevano – evitando ingiustificate disparità di trattamento ed in coerenza con quanto previsto dal sopravvenuto art. 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – essere fatte valere anche in sede di impugnazione dell’atto impositivo, o chiedendo la restituzione di quanto già versato, e fornendo la prova della sussistenza delle anzidette circostanze direttamente in sede di giudizio tributario (Sent. n. 17578 del 10 dicembre 2002 della Corte Cass., Sez. tributaria).

 

Responsabilità del professionista – Riflessioni

La legge 423/1995 prevede la possibilità per i contribuenti di ottenere la sospensione della riscossione delle sanzioni amministrative irrogate per omesso, tardivo o insufficiente versamento di tributi, se la violazione è dovuta alla condotta illecita di un professionista iscritto negli appositi albi professionali. Per godere del beneficio il contribuente deve presentare all’ufficio locale competente territorialmente un’istanza in carta libera corredata della copia della denuncia prodotta all’Autorità giudiziaria o all’ufficiale di polizia giudiziaria contro il professionista.

Successivamente, se il giudizio penale avviato con la denuncia si conclude con la condanna del professionista, il contribuente truffato beneficia dello sgravio delle sanzioni, il cui pagamento viene intimato al responsabile dell’illecito.

Se l’imputato viene assolto, il contribuente decade dalla sospensione e deve versare, in aggiunta alle ordinarie sanzioni, anche una maggiorazione pari al 50% delle stesse.

Se, infine, il procedimento penale si estingue per amnistia o per prescrizione del reato o, comunque, si conclude con una sentenza nella quale

si dichiara di non doversi procedere per motivi processuali, il contribuente, per continuare ad usufruire della sospensione, deve promuovere un’azione di risarcimento del danno davanti al giudice civile.

 

Leggi anche: Il contribuente non paga le sanzioni se sbaglia il professionista

 

Angelo  Buscema

19 Dicembre 2009

 

ALLEGATI  

Istanza in carta libera di richiesta sospensione riscossione ex legge n. 423/1995

ALL’UFFICIO LOCALE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE DI. . . . . . . . . . . . . .

OGGETTO: Richiesta sospensione riscossione ex legge n. 423/1995

Il /La sottoscritto/a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Residente in . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Via/Piazza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Codice Fiscale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

comunica che (specificare la ricorrenza delle condizioni previste dalla L. n. 423 del 1995, art.1, per  la  sospensione del ruolo a  carico   del contribuente e la sua commutazione in capo al professionista responsabile della violazione”.)

Si  allega copia della denuncia del fatto illecito all’autorità giudiziaria, documentazione del pagamento dell’imposta , sentenze irrevocabili penali

Luogo e data……………..

 

Firma

……………………..

 

 

Corte di Cassazione, trib., sentenza 30 novembre 2009, n. 25136

Svolgimento del processo

L’Ufficio delle Entrate di Desio notificava al sig. G.S., in qualità di socio della Autotrasporti G.F. e C. s.n.c., un avviso di accertamento con cui si contestava l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 1993 ed accertava, irrogando le relative sanzioni, il reddito imponibile.

Avverso tale atto impositivo, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione

Tributaria Provinciale di Milano, deducendo di essere stato vittima della professionista incaricata di seguire la contabilità che non aveva provveduto nè a  presentare  la dichiarazione mod. 750 nè a versare le relative imposte.

Ammetteva una propria parziale responsabilità per la mancata presentazione della dichiarazione.

La Commissione adita, con la sentenza n. 521/35/99, in parziale accoglimento  del ricorso, determinava il reddito imponibile così come accertato mentre dichiarava non dovute le sanzioni.

Avverso tale decisione, l’Ufficio proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Milano.

Il contribuente proponeva appello incidentale, chiedendo l’annullamento dell’avviso di accertamento.

La Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza n. 177/46/01, pronunciata il 26 giugno 2001 e depositata il 10 luglio 2001, sul presupposto dell’avvenuta condanna della professionista e della sua conseguente responsabilità riguardo alle sanzioni, confermava la decisione di primo grado, rigettando entrambi gli appelli. Avverso tale decisione, il Ministero e l’Agenzia proponevano ricorso per cassazione sorretto da un motivo. Non svolgeva attività difensiva l’intimato contribuente.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo del ricorso, l’Amministrazione ha lamentato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla L. n. 423 del 1995, art. 1 e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6. Motivazione incerta e contraddittoria”.

La sentenza non avrebbe minimamente motivato in ordine all’esclusione delle sanzioni.

Inoltre, il richiamo alla decisione di primo grado, che aveva escluso la debenza delle pene pecuniarie, in relazione al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6,  mostrerebbe  l’erroneità  in diritto della statuizione, atteso che l’art. 6 predetto non avrebbe affatto abrogato o modificato il sistema normativo introdotto dalla L. n. 423 del 1995, laddove, al comma 3, si prevedrebbe che il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sarebbero punibili, qualora dimostrino che il mancato pagamento del tributo sia ascrivibile alla condotta di terzi, denunciati, per ciò, all’autorità giudiziaria. Pertanto, la richiesta imputazione a terzi postulerebbe una sentenza passata in giudicato, mentre il combinato disposto degli articoli richiamati in epigrafe prevedrebbe la sospensione delle sanzioni, sino al passaggio in giudicato della sentenza che accerti il fatto doloso del terzo e, solo successivamente, il loro conseguente sgravio.

Il ricorso non merita accoglimento.

Procedendo alla disamina delle singole censure si osserva: infondata la censura di contraddittoria motivazione.

L’espressione riportata in sentenza e censurata: “il contribuente  è  sempre  responsabile della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi e  per tale  motivo  la decisione dei giudici di prime cure è pienamente condivisibile” non riguarda l’appello dell’Ufficio ma l’appello incidentale del contribuente ed è stata formulata per giustificare il rigetto solo di detta impugnazione.

Del pari infondate sono le rimanenti censure. È giurisprudenza consolidata di questa Corte, dalla quale non vi è motivo qui per discostarsi, che  la previsione  dell’articolo unico, L. n. 423 del 1995, opera esclusivamente sul piano della riscossione, fissando le condizioni alle quali, in presenza di violazioni esclusivamente riferibili alla condotta penalmente rilevante dei professionisti ivi indicati, può disporsi la sospensione della riscossione delle soprattasse e delle pene pecuniarie a carico del contribuente nonchè la commutazione del ruolo in capo ai professionisti.

Va, inoltre, osservato che, pertanto, la norma non osta a che, in sede contenziosa, la non punibilità  del  contribuente  presupponga  esclusivamente  la  convincente   dimostrazione del fatto che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto addebitabile esclusivamente al professionista denunciato all’autorità  giudiziaria,  indipendentemente dalla ricorrenza delle ulteriori condizioni previste dalla  L.  n.  423  del  1995  (Cass. 26850/07; Cass. 17578/02).

Nel caso di specie non viene contestata la circostanza che il contribuente avesse presentato denuncia nei confronti del professionista, addebitando allo stesso ogni responsabilità in relazione alla fattispecie che ne occupa.

Detta circostanza non viene contestata dall’Ufficio con la conseguenza che l’art. 167 cod. proc. civ., imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti (ex plurimis Cass. 5356/09, Cass. S.U. 761/02).

Anche al processo tributario – caratterizzato, al pari di quello civile, dalla necessità della difesa tecnica e da un sistema di preclusioni, nonchè dal rinvio alle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili – è applicabile il principio generale di non contestazione che informa il sistema processuale civile (con il relativo corollario del dovere del giudice di ritenere non abbisognevoli di prova i fatti non espressamente contestati), il quale trova fondamento non solo negli artt. 167 e 416 cod. proc. civ., ma anche nel carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena, nella generale organizzazione per preclusioni successive, che caratterizza in misura maggiore o minore ogni sistema processuale, nel dovere di lealtà e di probità previsto dall’art. 88 cod. proc. civ., il quale impone alle parti di collaborare fin dall’inizio a

circoscrivere la materia effettivamente  controversa, e  nel generale  principio di economia che deve sempre  informare  il  processo, soprattutto alla luce  del novellato  art. 111 Cost. (cfr. Cass. 1540/07).

Premesso quanto sopra, nella fattispecie in esame il giudice a quo ha ritenuto che la circostanza fosse stata comprovata dal contribuente.

Detto decisum, che si connota come statuizione in punto di fatto, avrebbe potuto essere impugnato solo con una specifica e puntuale censura per vizio di motivazione.

Il ricorso si fonda unicamente sulle categorie proprie della normativa ex L. n. 423 del 1995, ignorando l’evoluzione giurisprudenziale ut supra, alla luce della sopravvenuta normativa D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ex art. 6.

Consegue il rigetto del ricorso.

Non si ha luogo a provvedere sulle spese di giudizio dal momento che l’intimato contribuente non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

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