Le spese di rappresentanza dopo il decreto attuativo 19/11/2008

I criteri di deducibilità nella determinazione del reddito d’impresa: analizziamo i contenuti del dettato normativo specificando cosa si intenda per spesa di rappresentanza.

spese di rappresentanzaLa legge finanziaria per il 2008 ha, come noto, modificato la disciplina fiscale delle spese di rappresentanza disponendo nuovi criteri di deducibilità nella determinazione del reddito d’impresa.

Il decreto attuativo, intervenuto il 19 novembre 2008, ha dato concreta realizzazione a un regime che deve intendersi applicabile con riguardo alle spese sostenute a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

La circolare 9 aprile 2009, n. 16 redatta da ASSONIME, nella sua parte centrale, analizza, tra l’altro, i contenuti delle novità normative specificando cosa si intenda per spesa di rappresentanza.

          L’art. 1, comma 33, lettera p), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 ha sostituito l’art. 108, comma 2, del TUIR, disponendo che “le spese di rappresentanza sono deducibili se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa e dell’attività internazionale dell’impresa.

Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50”.

          Il decreto attuativo 19.11.2008, ha fornito importanti specificazioni sul concetto di spesa di rappresentanza, nonché ha individuato i limiti quantitativi entro i quali le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione dal reddito d’impresa, legando la deducibilità all’ammontare dei ricavi dell’esercizio.

          Come noto, le spese di rappresentanza ammesse in deduzione sono stabilite in percentuali regressive dell’ammontare dei ricavi e proventi; percentuali tanto più basse, quanto più alto è l’ammontare. può essere dedotto un ammontare di spese di rappresentanza pari all’1,3 per cento dei ricavi e proventi conseguiti dall’impresa, fino a un massimo di ricavi e dei proventi di 10 milioni di euro (corrispondente, quindi, a 130.000 euro di spese deducibili).

          Per le imprese di maggiori dimensioni, i cui ricavi e proventi superano 50 milioni di euro, l’ammontare delle spese deducibili è pari a 130.000 euro, più 200.000 euro (lo 0,5 per cento della differenza fra 50 milioni e 10 milioni), più lo 0,1 per cento della parte di ricavi e proventi che eccede i 50 milioni.

 

 

 

Tipologie di spese che si considerano di rappresentanza a deducibilità limitata

          Le incertezze nell’individuazione delle spese di rappresentanza, da sempre esistite in ambito interpretativo, sono attenuate dalle previsioni contenute nel decreto attuativo che individua particolari tipologie di spesa da comprendere senz’altro nell’ambito di applicazione della nuova disciplina.

          Le fattispecie considerate in tale elenco sono quelle più ricorrenti nella pratica; esse sono state individuate, infatti, anche sulla scorta dei casi sottoposti, in passato, all’esame del Comitato consultivo.

          L’elencazione, di carattere esemplificativo e non tassativo: pertanto, non è esclusa la possibilità di ravvisare spese di rappresentanza di tipi diversi da quelli espressamente considerati.

Si considerano spese di rappresentanza, in particolare, le seguenti quattro tipologie di spese:

 

a) la prima è costituita dalle

“spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate e in concreto svolte significative attività promozionali dei beni o dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa”.

I viaggi sono considerati spese di rappresentanza perché costituiscono un mezzo per fornire o consolidare un’immagine positiva dell’impresa al suo esterno.

La fattispecie considerata è, in sostanza, – precisa ASSONIME – quella dei viaggi offerti a ospiti estranei alla compagine aziendale: ad esempio ,

  • clienti reali e potenziali;
  • pubbliche autorità;
  • altri soggetti con i quali l’impresa voglia entrare in relazione.

 

          Dovrebbero, quindi, escludersi dal novero delle spese di rappresentanza quelle sostenute per viaggi organizzati in favore di dipendenti o di altri collaboratori dell’impresa: per tali spese, i limiti alla deducibilità sono, piuttosto, quelli stabiliti dall’art. 100 del TUIR,  deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.

La possibilità di ravvisare in tali viaggi delle spese di rappresentanza, e non delle semplici liberalità, è stata subordinata allo svolgimento, nel corso del viaggio, di significative attività promozionali.

 

b) la seconda tipologia di spese di rappresentanza è costituita dalle

“spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose”.

          In questi casi, le ricorrenze aziendali o le festività sono spesso l’occasione per organizzare eventi diretti a migliorare l’immagine della società.

          La previsione è diretta a disciplinare, essenzialmente, le spese per eventi aperti alla partecipazione di soggetti terzi rispetto all’impresa (ad esempio i clienti attuali o potenziali, o le pubbliche autorità).

          Gli eventi considerati in tale norma dovrebbero essere, ad avviso della circolare n. 16/2009, quelli organizzati, come nel caso precedente, in favore di soggetti esterni alla struttura dell’impresa, in quanto solo per questo tipo di eventi potrebbero ravvisarsi le finalità promozionali e di pubbliche relazioni che caratterizzano la rappresentanza.

          Analogamente a quanto abbiamo osservato a proposito della fattispecie sub a), pertanto, tale fattispecie non comprende le spese per feste, ricevimenti e simili eventi rivolti ai dipendenti o ai collaboratori dell’impresa le cui spese sono deducibili secondo le regole stabilite dall’art. 100 del TUIR;

 

c) La terza tipologia è costituita dalle

“spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione dell’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa”.

          La disposizione non distingue i casi in cui le sedi, gli uffici o gli stabilimenti sono semplici unità produttive o amministrative dell’impresa, dai casi in cui costituiscono invece delle nuove strutture di vendita per le quali è essenziale assicurare la più ampia conoscenza da parte del pubblico dei potenziali clienti.

          In queste ultime ipotesi, peraltro, appare forse eccessivamente rigorosa l’inclusione delle spese di inaugurazione fra quelle di rappresentanza, sembrando più in linea con la natura e le finalità dell’evento, la qualificazione delle relative spese come vere e proprie spese di pubblicità;

 

d) La quarta tipologia è costituita dalle

“spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa”.

          Tali spese riguardano genericamente gli eventi organizzati nell’ambito della mostra o della fiera alle quali è ammessa a partecipare una generalità di soggetti (clienti, autorità, ecc.).

          Esse vanno tenute distinte da quelle di viaggio, vitto e alloggio a favore di determinati clienti per la loro partecipazione alle mostre o alle fiere per le quali, il decreto attuativo dispone la deducibilità dei costi senza le limitazioni previste per le spese di rappresentanza.

 

Caratteristiche generali

          In definitiva, per le spese elencate il decreto riconosce la presenza dei requisiti per la configurabilità di spese di rappresentanza (le finalità promozionali o di pubbliche relazioni e la ragionevolezza della spesa in funzione dell’obiettivo di generare benefici economici per l’impresa, ovvero la coerenza con pratiche commerciali di settore).

          Il contribuente, quindi, sostenendo questo tipo di spese, non dovrebbe essere tenuto a riscontrare, volta per volta, la presenza di tali requisiti.

          L’elenco è poi completato con la disposizione di carattere residuale che considera di rappresentanza le spese diverse da quelle indicate nelle lettere precedenti spese relative a beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente per convegni, seminari e simili, il cui sostenimento risponda a criteri di inerenza.

          La norma va quindi semplicemente a integrare la definizione di spese di rappresentanza stabilita da quest’ultima disposizione.

 

 

 

Tipologie di spese che non si considerano di rappresentanza (per le quali opera la deducibilità piena)

          Analogamente il decreto attuativo contiene un’elencazione di spese che

“non costituiscono spese di rappresentanza e non sono, pertanto, soggette ai limiti previsti dal presente decreto”.

          Per tali spese non operano, quindi, le limitazioni alla deducibilità stabilite dal decreto per le spese di rappresentanza: esse sono deducibili integralmente vuoi perché esprimono in re ipsa evidenti legami con l’esercizio dell’attività d’impresa, vuoi per la loro manifesta natura di spese di pubblicità.

          L’elencazione comprende, in primo luogo,

“le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasione di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa o in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa”.

          La norma, in sostanza, enuclea una tipologia di spese nelle quali è presente, in modo particolarmente evidente, un elemento tipico delle spese pubblicitarie, e cioè l’aspettativa dell’impresa di incrementare il proprio giro d’affari: a questo fine, si fa riferimento agli eventi (mostre, fiere, ecc.) attraverso i quali, tipicamente, le imprese fanno conoscere al pubblico o a soggetti individuati (clienti) i beni e i servizi commercializzati.

          Una seconda fattispecie di spese non di rappresentanza è stabilita con riferimento a una particolare categoria di imprese per le quali l’erogazione di certi servizi è strettamente legata alla specifica attività svolta.

          Si tratta, in particolare, delle “imprese la cui attività caratteristica consiste nell’organizzazione di manifestazioni fieristiche e altri eventi simili”.

Per tali imprese non costituiscono spese di rappresentanza “le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, sostenute nell’ambito di iniziative finalizzate alla promozione di specifiche manifestazioni espositive e altri eventi simili”.

          Con questa disposizione, in sostanza, si riconoscono le peculiarità dell’attività fieristica, enucleandosi tipologie di spese per le quali non sarebbe logico limitare la deducibilità, poiché concretizzano tipici ed essenziali costi per l’organizzazione dei suddetti eventi.

          La norma, osserva ASSONIME, non considera altre tipologie di spese che potrebbero risultare pertinenti all’organizzazione di fiere: in particolare, le spese relative all’ospitalità di soggetti che costituiscono un richiamo per la manifestazione.

          È il caso, ad esempio, delle personalità del mondo scientifico invitate per tenere conferenze nel settore oggetto di una determinata manifestazione (quali gli inviti ad autorità in materia di alimentazione in una fiera dedicata ai produttori del settore alimentare).

          In questi casi non è da escludere che le spese assumano un rilievo diretto nella produzione dei ricavi delle imprese che organizzano le fiere in quanto necessarie per lo svolgimento di una manifestazione di successo.

          In altri termini, potrebbe trattarsi, a quanto è dato presumere, di costi che il soggetto organizzatore della fiera sostiene per offrire alle imprese espositrici un servizio di maggiore qualità. Il punto andrebbe approfondito.

          Infine, il comma 5 esclude dal novero delle spese di rappresentanza “le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute direttamente dall’imprenditore individuale in occasione di trasferte effettuate per la partecipazione a mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti beni e servizi prodotti dall’impresa o attinenti all’attività caratteristica della stessa”.

          La norma individua una tipologia di trasferte per le quali l’imprenditore individuale può dedurre integralmente il relativo costo: per altri tipi di trasferta evidentemente dovrà valutarsi caso per caso se la relativa spesa possa qualificarsi come di rappresentanza – e quindi essere dedotta con i limiti stabiliti dal decreto – o se non debba escludersi del tutto la deducibilità, o infine se non possa inquadrarsi la trasferta fra i costi a inerenza diretta per i quali è pure consentita una deducibilità integrale.

 

 

 

Osservazioni interpretative: documentazione ed efficacia temporale

          Per tutte le tipologie di spese elencate per le quali è consentita la deducibilità integrale senza le limitazioni previste per le spese di rappresentanza, il decreto attuativo precisa che la deducibilità è subordinata alla tenuta della relativa documentazione dalla quale risultino anche le generalità dei soggetti ospitati, la durata e il luogo di svolgimento della manifestazione e la natura dei costi sostenuti.

          La disposizione, argomenta la Circolare n. 16 dello scorso 9 aprile presenta taluni aspetti problematici.

          Innanzitutto si osserva che essa è inserita in un provvedimento di attuazione dell’art. 108, comma 2, del TUIR, in materia di spese di rappresentanza e dunque non potrebbe, a rigore, prevedere, con carattere di assolutezza, condizioni e requisiti per la deducibilità di costi che non rientrano fra tali spese, già non previsti nella disciplina ordinaria delle imposte sul reddito.

          Sembrerebbe logico, in altri termini, che l’apposita documentazione richiesta dalla norma consenta bensì di provare anche l’inerenza dei costi relativi agli eventi, ma non precluda la possibilità di provare in altri modi l’inerenza medesima qualora tale documentazione fosse carente.

          Data la delicatezza della questione, sarebbe opportuno, a parere di Assonime, che l’Agenzia delle Entrate facesse conoscere in proposito il proprio avviso.

          Inoltre, si deve tener presente che il decreto attuativo si applica – come osservato nelle considerazioni generali – alle spese sostenute a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

          È dubbio quindi se l’onere di documentazione, nei termini puntuali indicati dalla norma, sussista anche per le spese sostenute prima dell’entrata in vigore del decreto; ciò in particolare se si ritenesse che l’assenza della documentazione precluda definitivamente la deducibilità dei relativi costi. Invero, se si parte dal presupposto che la norma attiene alla prova dell’effettivo sostenimento del costo, dovrebbe ritenersi che essa non abbia effetti sostanziali, ma sia di natura essenzialmente procedimentale.

          La sua decorrenza, quindi, non dovrebbe essere quella prevista in generale per la disciplina recata dal decreto, ma piuttosto dovrebbe essere stabilita con riferimento alla data di entrata in vigore del decreto, e cioè al 30 gennaio 2009.

          In altri termini, la norma dovrebbe rendersi applicabile alle spese sostenute a partire da tale data.

          Naturalmente, anche per quelle sostenute antecedentemente, dovrebbe pur sempre essere fornita dai contribuenti una documentazione, in linea generale, idonea a identificare la loro natura secondo le regole ordinarie. Anche per questo punto è necessario attendere i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate.

 

Leggi: Spese di rappresentanza: disciplina contabile e fiscale

 

Attilio Romano

16 Aprile 2009