Settore immobiliare nel mirino del fisco a causa della persistente evasione iva da parte dei cedenti fabbricati strumentali.
Con il decreto 25 maggio 2007 del Ministro dell’economia e delle finanze sono state estese le modalità di applicazione del tributo <reverse charge> alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali di cui all’art. 10, primo comma, n. 8-ter, lettera d), del d.p.r. n. 633 del 1972”, quelle cioè imponibili ad i.v.a. per effetto di opzione manifestata dal cedente nel relativo atto.
Si ripercorre il contenuto della circolare Assonime n. 71 del 9 novembre 2007.
Ambito di applicazione della norma
Come noto, il sistema di applicazione del tributo (detto reverse charge) consiste nell’attribuzione della veste di debitore dell’imposta non già al soggetto che effettua l’operazione – ritenuto di scarsa affidabilità – ma alla controparte (cessionario o committente) che quindi non versa l’imposta afferente l’operazione al cedente o prestatore ma la computa nella propria contabilità i.v.a. come se si trattasse di imposta concernente operazioni da lui effettuate.
Il debito d’imposta, di conseguenza, diviene per la parte di imposta ammessa in detrazione, una mera partita contabile, compensandosi con il credito relativo al corrispondente ammontare dell’imposta detraibile.
L’estensione del meccanismo del reverse charge disposta con il decreto 25 maggio 2007 oggetto si inserisce nel quadro della nuova disciplina, ai fini delle imposte indirette, delle operazioni aventi per oggetto fabbricati stabilita con l’art. 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con la legge n. 262 del 2006 (illustrato con la nostra circolare n. 36 del 2006).
Tale normativa (art. 10, n. 8-bis e 8-ter, del d.p.r. n. 633 del 1972) è diretta ad attuare l’art. 135, lett. j), della direttiva, che prevede l’esenzione delle “cessioni di fabbricati o di una porzione di fabbricato” – salvo che per quelle effettuate anteriormente alla “prima occupazione” del fabbricato ceduto (art. 12, par. 1, lett. a) – consentendosi peraltro agli Stati membri di accordare ai soggetti passivi il diritto di optare per l’imponibilità dell’operazione (art. 137).
Limitandosi l’ambito di applicazione dell’i.v.a. sulle operazioni relative ad immobili si circoscrive in corrispondenza la possibilità di attuare le ricordate frodi fondate, come si è detto, sul mancato versamento dell’imposta afferente la cessione.
In particolare, la nuova disciplina circoscrive l’imponibilità ad i.v.a. delle cessioni di fabbricati a quelle effettuate da imprese costruttrici o ristrutturatici degli stessi – intendendosi come tali non solo le imprese che svolgono ordinariamente l’attività di costruzione, ma più in generale quelle che comunque hanno costruito, anche tramite appalto, il fabbricato o vi hanno eseguito i suddetti lavori – entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o degli interventi di recupero di cui all’art. 31 della legge n. 457 del 1978 (quelli non limitati alla mera manutenzione, ordinaria o straordinaria, e quindi: interventi di restauro o di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica).
L’i.v.a. in sostanza, si applica alle cessioni di fabbricati “nuovi”, quale che sia la loro tipologia – considerandosi come tali quelli costruiti o ristrutturati entro il suddetto periodo – interventi recupero, limitatamente alla “prima cessione”, quella cioè posta in essere da chi ha costruito il fabbricato o vi ha eseguito i suddetti interventi di recupero.
A fortiori, sono imponibili ad i.v.a. le cessioni di fabbricati non ultimati “trattandosi di beni ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve in ogni caso essere assoggettata ad i.v.a.” (v. circ. 1° marzo 2007, n. 12 dell’Agenzia delle Entrate).
Negli altri casi – cessioni di fabbricati già immessi in consumo (ceduti da imprese diverse da quelle che li hanno costruiti) ovvero cessioni di fabbricati, anche da parte delle imprese costruttrici, effettuate dopo i quattro anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione o ristrutturazione – si distinguono peraltro i fabbricati a destinazione abitativa, da quelli strumentali che per loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa destinazione senza radicali trasformazioni, individuati – come appresso si dirà – con riferimento alle categorie catastali.
Le cessioni di fabbricati a destinazione abitativa sono esenti a norma dell’art. 10, primo comma, n. 8-bis (1).
Quelle aventi per oggetto fabbricati strumentali rimangono, al momento, invece imponibili ad i.v.a. (v. art. 10, primo comma, n. 8-ter) – analogamente a quanto previsto per la loro locazione – quando il cessionario è un soggetto d’imposta che svolge in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione d’imposta in percentuale non superiore al 25 per cento (banche, assicurazioni, cliniche, esercenti professioni sanitarie, ecc.), nonché quando il cessionario non è soggetto d’imposta (enti non commerciali, enti pubblici territoriali, privati consumatori, ecc.); in sostanza l’imponibilità ad i.v.a. è mantenuta nei casi in cui questa non è detraibile – o lo è in minima parte trattandosi di acquirente che ha un pro rata di detraibilità pari o inferiore al 25 per cento – e costituisce quindi, sia nell’una che nell’altra ipotesi, un costo per l’acquirente.
Al di fuori da tali ultime ipotesi – e quindi per le cessioni di fabbricati strumentali a favore di imprese industriali o commerciali o di artisti o professionisti che possono detrarre l’imposta “a monte” in percentuale superiore al 25 per cento – la cessione è esente; tuttavia si consente al cedente di optare, con dichiarazione da inserire nell’atto, per l’applicazione dell’i.v.a.
Tanto premesso – osserva Assonime – l’ambito oggettivo della disposizione riguarda quindi, in primo luogo, le cessioni di fabbricati strumentali, intendendosi per tali (v. da ultimo la circolare n. 12 del 1° marzo 2007 dell’Agenzia delle Entrate) quelli accatastati nei gruppi B (scuole, caserme, musei, uffici pubblici), C (negozi, magazzini), D (opifici, impianti industriali, alberghi) ed E (stazioni per servizi di trasporto, edifici a destinazione particolare), nonché nella categoria A/10 (uffici), qualora la destinazione ad ufficio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria (v. ris. n. 40 del 9 marzo 2007 dell’Agenzia delle Entrate).
Nell’ambito delle cessioni di tali beni, inoltre, la disposizione opera limitatamente a quelle imponibili ad i.v.a. in base ad opzione manifestata dal cedente (che sarebbero esenti da tale imposta in assenza di opzione) e quindi, in particolare, alle cessioni di fabbricati strumentali effettuate, oltre il quadriennio dalla loro costruzione o ristrutturazione, nei confronti di soggetti d’imposta che svolgono attività che conferisce loro il diritto alla detrazione in percentuale superiore al 25 per cento.
I parametri stabiliti dalla norma per individuare le cessioni imponibili ad i.v.a. (soggettività passiva del cessionario, percentuale di detrazione sino al 25 per cento) potrebbero dar luogo ad incertezze sulla disciplina di fatto applicabile alle singole operazioni, in particolare per stabilire se una cessione è esente da i.v.a. salvo opzione – nel qual caso si applica ora il meccanismo del reverse charge – ovvero se è comunque obbligatoriamente imponibile ad i.v.a. con applicazione del tributo secondo le ordinarie modalità.
Tende a superare tali difficoltà la precisazione dell’Agenzia delle Entrate – contenuta nella circolare n. 27 del 4 agosto 2006 – secondo cui l’atto di cessione deve riportare dichiarazione del cessionario attestante che la percentuale di imposta “a monte” ammessa in detrazione – determinata provvisoriamente ai sensi dell’art. 19, comma 5, del d.p.r. n. 633 – è pari o inferiore a quella sopra indicata del 25 per cento.
Peraltro, incertezze a livello operativo potrebbero comunque evidenziarsi nei casi in cui la determinazione definitiva di tale percentuale dovesse mutare, rispetto a quella provvisoria
considerata alla data dell’atto, in misura tale da modificare la disciplina applicabile dell’i.v.a. rendendosi l’operazione da imponibile ad i.v.a. su opzione del cedente (con applicazione del meccanismo del reverse charge) ad imponibile per legge (in quanto la suddetta percentuale di detrazione risulta determinata in misura pari o inferiore al 25 per cento), o viceversa da imponibile per legge ad esente (non essendo stata esercitata l’opzione nel relativo atto di trasferimento).
Tali mutamenti infatti, oltre a rendere estremamente complicati gli adempimenti relativi all’applicazione dell’i.v.a. – mancano fra l’altro disposizioni in merito alle modalità con le quali il cedente dovrebbe essere portato a conoscenza della definitiva percentuale di detrazione – potrebbero avere l’effetto di modificare, nella sostanza, l’equilibrio economico dell’operazione (in particolare nel caso di passaggio dal regime di imponibilità a quello di esenzione), con evidenti conseguenze pregiudizievoli sulla certezza dei rapporti giuridici, oltre che sulla neutralità del tributo.
Fra le operazioni per le quali si applica il nuovo sistema rientrano anche le cessioni dei suddetti fabbricati strumentali effettuate nell’ambito di contratti di leasing, precisamente in sede di riscatto del bene locato da parte del locatario, sempreché ovviamente il locatore opti per l’applicazione dell’imposta e il locatario non abbia quelle caratteristiche sopra ricordate che rendono la cessione comunque imponibile ad i.v.a.
Locazioni finanziarie per acquisto di immobili strumentali: dubbi interpretativi
Nessuna particolare disposizione è prevista in relazione alle modalità di applicazione dell’i.v.a. afferente i canoni di leasing.
Trattandosi di operazioni da qualificare come prestazioni di servizi – pur se preordinate a far acquisire al committente la proprietà dell’immobile – dovrebbe escludersi che l’imposta sia applicata con il sistema del reverse charge: Il decreto in oggetto, infatti, dispone chiaramente che il suddetto meccanismo si applica per le cessioni di beni strumentali di cui all’art. 10, primo comma, n. 8-ter, e non anche alle prestazioni di cui al precedente n. 8-bis che comprende le locazioni, anche finanziarie, dei medesimi fabbricati strumentali.
Del resto, il meccanismo del reverse charge nel settore delle cessioni di immobili si giustifica per l’elevato ammontare dei relativi corrispettivi e, quindi, dell’imposta dovuta per le singole operazioni; il ché evidentemente accentua il rischio di evasione dal tributo da parte del cedente che addebiti l’imposta al cessionario4. Tale rischio è meno evidente quando si tratti di imposta afferente i canoni di locazione ed infatti il meccanismo del reverse charge è stato disposto solo per le cessioni e non anche per le locazioni per le quali pure è previsto un regime di imponibilità su opzione del locatore analogamente a quanto disposto per le cessioni.
Ancor meno giustificabile appare poi il ricorso a tale meccanismo quando si tratti di canoni relativi a contratto di leasing considerando i controlli cui sono soggette le imprese che svolgono tale attività per la natura essenzialmente finanziaria della stessa.
Sulla questione tuttavia – attesa la lacunosità della normativa in esame – è auspicabile che l’Agenzia delle Entrate faccia conoscere il proprio orientamento.
Momento di applicazione della norma
Il nuovo meccanismo di applicazione dell’imposta opera sia per l’imposta applicata in sede di stipula dell’atto di trasferimento – in tale momento l’operazione si considera effettuata a norma dell’art. 6 del d.p.r. n. 633 – sia per quella applicata in occasione del pagamento di acconti, ad esempio quando sia stipulato un contratto preliminare che preveda il pagamento di corrispettivi anteriormente alla stipula del contratto definitivo (e contenga anche l’opzione per l’imponibilità ad i.v.a. degli acconti): in tale momento infatti – secondo un orientamento dell’amministrazione finanziaria – l’operazione si considera effettuata limitatamente alla parte di corrispettivo pagata (v. da ultimo ris. 31 luglio 2007, n. 196 dell’Agenzia delle Entrate).
Al di fuori dalle suddette ipotesi di cessioni imponibili ad i.v.a. per effetto dell’esercizio dell’opzione, per le altre cessioni di immobili imponibili ad i.v.a. il meccanismo del reverse charge non opera e l’imposta continua ad applicarsi quindi con le ordinarie modalità.
Si tratta in particolare delle seguenti operazioni:
a) cessioni di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria;
b) cessioni di fabbricati da parte delle imprese costruttrici o ristrutturatici (abitativi o strumentali) quando i lavori di costruzione o ristrutturazione siano stati ultimati da non più
di quattro anni;
c) cessioni di fabbricati da parte delle imprese costruttrici o ristrutturatici che siano stati locati per un periodo non inferiore a quattro anni in attuazione di piani di edilizia abitativa convenzionata;
d) cessioni di fabbricati strumentali nei confronti di cessionario che non è soggetto d’imposta (enti non commerciali, enti pubblici territoriali, privati consumatori);
f) cessioni di fabbricati strumentali nei confronti di soggetto d’imposta che svolge attività che conferisce il diritto alla detrazione per una percentuale pari o inferiore al 25 per cento.
Modalità di fatturazione e di liquidazione del tributo
In presenza dei suddetti presupposti oggettivi e soggettivi per l’applicazione della norma in esame, la procedura stabilita dall’art. 17, quinto comma, del d.p.r. n. 633 del 1972, richiamata dal decreto in oggetto, comporta che per le ricordate cessioni il cedente emetta fattura senza addebito d’imposta, ma con l’indicazione della disposizione medesima che lo esonera dall’applicazione del tributo.
Il cessionario, dal suo canto, è tenuto ad integrare la fattura ricevuta, con l’esposizione dell’aliquota e della relativa imposta, ad annotarla nel registro delle fatture emesse di cui all’art. 23 del d.p.r. n. 633 – ovvero nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 ove si tratti di soggetto che svolge attività di commercio al minuto o delle altre attività elencate nell’art. 22 – entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al mese stesso, computando quindi la suddetta imposta nella relativa dichiarazione periodica del mese o del trimestre.
Al fine di operare la corrispondente detrazione dell’imposta relativa a tali acquisti a norma degli articoli 19 e seguenti del d.p.r. n. 633, la fattura sarà annotata anche sul registro di cui all’art. 25; la duplice annotazione della fattura consentirà, in sede di liquidazione del tributo, la compensazione dell’imposta a debito con quella a credito, compensazione che, peraltro, può essere parziale quando operino limitazioni, di carattere soggettivo, del diritto alla detrazione, in particolare in presenza di pro rata di indetraibilità ai sensi dell’art. 19, comma 5, del d.p.r. n. 633.
L’applicazione del meccanismo del reverse charge per le cessioni di fabbricati strumentali potrebbe sembrare, in prima battuta, neutrale rispetto all’ordinario sistema di applicazione del tributo, ma a ben vedere presenta implicazioni di varia natura per entrambe le parti dell’operazione.
Quanto ai cedenti, se si tratta di soggetti che effettuano in misura rilevante cessioni di fabbricati strumentali – come può accadere per le imprese costruttrici che si trovano a vendere una parte consistente dei fabbricati costruiti dopo il quadriennio dall’ultimazione della costruzione – i quali non hanno la possibilità di recuperare l’imposta assolta sugli acquisti da quella relativa ad operazioni imponibili, che come si è detto è assolta dai cessionari nei casi di applicazione della regola del reverse charge, l’imposta “a monte” darà luogo di norma ad eccedenze detraibili per le quali, per la loro natura “strutturale”, dovrebbe essere facilitato il recupero mediante rimborso.
La fattispecie dovrebbe naturalmente comprendersi fra quelle considerate dall’art. 30, terzo comma, lett. a), del d.p.r. n. 633, che prevede la possibilità di chiedere il rimborso delle eccedenze maturate – nonché il diritto di compensare, anche trimestralmente, le eccedenze stesse a norma dell’art. 17 del decreto legislativo n. 247 del 1997 – all’atto della presentazione della dichiarazione da parte dei contribuenti che esercitano esclusivamente o prevalentemente attività con effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori rispetto a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e importazioni.
Fra tali operazioni si computano, per espressa disposizione dell’art. 30, quelle effettuate in altri settori nei quali opera il sistema del reverse charge: in particolare quelle considerate nel quinto comma dell’art. 17 (operazioni relative al mercato dell’oro) e nel sesto comma del medesimo articolo (prestazioni di servizi rese nel settore edile da soggetti subappaltatori).
E’ quindi auspicabile – prosegue ASSONIME – per eliminare ogni dubbio riguardo alla possibilità di computare le cessioni in esame fra quelle considerate nella ricordata disposizione dell’art. 30, che anche tali cessioni vi siano espressamente ricomprese.
Nei riguardi dei cessionari, il nuovo sistema – a fronte dei nuovi adempimenti posti a suo carico (integrazione delle fatture, duplice annotazione nei registri delle fatture e in quello degli acquisti) – ha il vantaggio di annullare gli oneri finanziari che derivano dal mancato
addebito dell’i.v.a. nei loro confronti da parte dei cedenti.
Sia il cedente che il cessionario, inoltre, sono tenuti ad inserire l’operazione negli elenchi, rispettivamente, dei clienti e dei fornitori, ricorrendone i presupposti ai sensi dell’art. 37, comma 8, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con la legge n. 248 del 2006. Con la circolare n. 53 del 3 ottobre scorso dell’Agenzia delle entrate, si è infatti precisato che in ipotesi di applicazione dell’imposta con il meccanismo del reverse charge – e quindi anche per le cessioni in esame – “il cedente deve annotare l’operazione nell’elenco clienti nel campo delle operazioni imponibili senza l’indicazione dell’imposta. Il cessionario, a sua volta, deve inserire l’operazione nell’elenco fornitori nel campo delle operazioni imponibili con indicazione dell’imposta”.
Per quanto concerne l’aliquota, essa può essere quella ordinaria del 20 per cento, oppure quella ridotta del 10 per cento, in presenza dei requisiti stabiliti dall’art. 127-undecies che comprende fra le cessioni di fabbricati per le quali opera tale aliquota quelle aventi per oggetto unità immobiliari non abitative situate in fabbricati non di lusso ai sensi dell’art. 13 della legge n. 408 del 1949 – caratterizzati cioè dalla prevalente destinazione abitativa (50 per cento più uno) della superficie sopraterra e da una limitata destinazione della stessa ai negozi (non più del 25 per cento)7 – ceduti da imprese costruttrici; con il richiamo a tale ultimo articolo, sono considerate le porzioni di fabbricati nei quali almeno il 50 per cento più uno della superficie totale dei piani sopraterra sia destinata ad abitazione e non più del 25 per cento sia destinata a negozi (v. in proposito ris min. 11 agosto 1994, n. III/7/029).
4. Disciplina transitoria
Il provvedimento del 25 luglio 2007 dispone che il nuovo sistema di applicazione del tributo per le cessioni di fabbricati strumentali imponibili ad i.v.a. su opzione del cedente, si applica a decorrere dal 1° ottobre 2007.
Conseguentemente – dato che le cessioni di immobili si considerano effettuate al momento della stipula dell’atto di trasferimento (art. 6 del d.p.r. n. 633) – sono assoggettate alla nuova disciplina le cessioni effettuate con atto stipulato a decorrere dalla suddetta data.
In caso di pagamento di acconti anteriormente alla suddetta data – con applicazione dell’imposta secondo la disciplina ordinaria del tributo – l’imposta è applicata secondo la
regola del reverse charge soltanto per la parte di corrispettivo pagata a partire dal 1° ottobre 2007.
Disegno di legge Finanziaria 2008
Un emendamento al disegno di legge finanziaria per il 2008, approvato in Commissione bilancio del Senato lo scorso 31 ottobre, tende a dare omogeneità di trattamento al settore delle cessioni di immobili strumentali ampliando l’ambito delle operazioni per le quali l’imposta si applica con il sistema del reverse charge; si , prevede (art. 5, comma 52) – con l’inserimento di una lettera a-bis nell’art. 17, sesto comma, del d.p.r. n. 633 – che vi rientrano, con carattere di generalità, le “cessioni di fabbricati o di porzione di fabbricati strumentali imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.
Se tale emendamento dovesse essere confermato in sede di approvazione della legge, la nuova disciplina di applicazione dell’i.v.a. sarebbe operante in tutti i casi di cessione avente per oggetto i predetti immobili, indipendentemente dalla circostanza che la cessione stessa sia imponibile ad i.v.a. in base ad opzione esercitata dal venditore o invece sia comunque imponibile ad i.v.a. secondo le disposizioni dell’art. 10, comma 8-ter, del d.p.r. n. 633, con la sola eccezione delle cessioni effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione (lett. b) del predetto comma (che non potrebbero evidentemente applicare l’i.v.a. per carenza di presupposto soggettivo).
Vi rientrerebbero, in sostanza, le cessioni dei suddetti immobili effettuate dalle imprese costruttrici o ristrutturatici degli stessi entro i quattro anni dall’ultimazione dei lavori (lett. a)), quelle effettuate nei confronti di soggetti passivi d’imposta che svolgono attività che conferiscono il diritto alla detrazione in percentuale pari o inferiore al 25 per cento, e quelle – per le quali opera allo stato attuale il sistema del reverse charge in base al decreto in oggetto – per le quali il cedente abbia manifestato l’opzione per l’imposizione (lett. d)). Tale estensione sarebbe applicabile – secondo quanto disposto dall’emendamento (comma 53) – a partire dal 1° marzo 2008.
Attilio Romano ed Antonino Romano
1 dicembre 2007
(1) L’unica eccezione è costituita dalle cessioni di fabbricati locati per un periodo non inferiore a quattro anni in attuazione di programmi di edilizia residenziale convenzionata per le quali è disposta l’imponibilità ad i.v.a. anche se le cessioni hanno luogo oltre i quattro anni della costruzione dei fabbricati medesimi: ciò in base all’art. 10, n. 8-bis, come modificato dall’art. 1, comma 330, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).