Spese di pubblicità e spese di rappresentanza: configurazioni operative e aspetti contabili

Lo spartiacque tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza, è da molti anni al centro di un dibattito dottrinale, che non sempre è riuscito a dare una collocazione certa della spesa nell’uno e nell’altro gruppo.

Spese di pubblicità e rappresentanza

La distinzione tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza è uno dei problemi che ricorrentemente gli uffici amministrativi devo affrontare e risolvere, sia per la differente qualificazione della spesa sia, soprattutto, per il differente trattamento tributario, che può introdurre nel bilancio una diversa quantificazione della fiscalità corrente e della fiscalità differita.

Lo spartiacque tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza, è da molti anni al centro di un dibattito dottrinale, che non sempre è riuscito a dare una collocazione certa della spesa nell’uno e nell’altro gruppo.

Lo stesso Ministero delle Finanze, già da tempo, ha cercato, nell’intento di ampliare l’area della indeducibilità di alcune voci di spesa, di estendere il novero di spese che rientrano nella classe delle spese di rappresentanza.

 

Le spese di pubblicità

Per poter rispondere all’esigenza di individuare, classificare e distinguere le spese aventi natura pubblicitaria e promozionale, dalle spese di rappresentanza, occorre in primo luogo chiedersi: che cos’è la pubblicità e con quali strumenti o modalità si attua ?

Dare una definizione esaustiva di pubblicità e promozione aziendale, non sempre appare esercizio semplice, sebbene esista un elemento prodromico essenziale nelle spese pubblicitarie che manca nelle spese di rappresentanza: l’impegno contrattuale a prestazione reciproche (il nesso di reciprocità, quale elemento costitutivo del contratto ad obbligazioni corrispettive), che obbliga il prestatore di “pubblicità” verso compenso, a fare qualcosa finalizzato a far conoscere un’azienda, la sua attività e/o i suoi prodotti e servizi.

Partendo dalla definizione di pubblicità e ricercando su WIKIPEDIA, la parola “ pubblicità” si ottiene la seguente definizione:

La pubblicità è l’attività aziendale che è diretta a far conoscere l’esistenza o ad incrementare il consumo e l’uso di un bene o un servizio. Quindi, la pubblicità ha due obiettivi fondamentali:

  • far conoscere un bene o un servizio;
  • far incrementare il consumo di un bene o di un servizio.

La pubblicità si attua attraverso i mezzi di comunicazione di massa: radio, televisione, giornali e periodici, internet, e altri.

Ed è proprio l’elemento residuale che configura una dilatazione delle modalità attraverso le quali si realizzano attività definibili come “pubblicità e promozione”.

In realtà, la pubblicità del prodotto o del servizio non sempre è scissa dalla pubblicità del nome dell’azienda; anzi, a volte, le due cose si confondono perché il nome dell’azienda è anche il nome del prodotto aziendale (la PIRELLI identifica la nota industria di produzione, ma identifica anche i pneumatici marchiati PIRELLI).

Gli esempi potrebbero ripetersi all’infinito.

Cosicché, la pubblicità finisce con l’essere uno strumento per accreditarsi sul mercato, per accrescrere la notorietà aziendale, per incrementare i consumi dei propri prodotti e/o servizi, per sostenere il ciclo di vita dei prodotti, nelle varie fasi congiunturali.

In quest’ottica, la pubblicità diventa lo strumento con il quale da un lato si persegue l’obbiettivo della crescita aziendale e dall’altro si attivano politiche di marketing a sostegno delle posizioni di mercato acquisite.

Ne consegue l’esigenza di classificare le spese pubblicitarie, in:

  1. costi sostenuti per azioni dirette al canale distributivo quali contributi di inserimento, contributi promozionali e spese promozionali;
  2. costi sostenuti per azioni dirette alla forza vendita quali incentivi, rimborsi spese, spese per conventions;
  3. costi sostenuti per azioni dirette al consumatore finale quali passaggi pubblicitari sui mass media, concorsi a premio, sponsorizzazioni.

 

quali sono le spese di pubblicità

 

Occorre, tuttavia, distinguere le spese di pubblicità aventi carattere pluriennale dalle spese di pubblicità che hanno il carattere di spesa d’esercizio.

In tal senso, appare decisivo il contenuto del nuovo principio contabile elaborato ( OIC n. 24 rubricato: Immobilizzazioni Immateriali  nel quale nel definire cosa sono le spese di ricerca, sviluppo e di pubblicità pluriennale, a proposito delle spese di pubblicità afferma che, per poter classificare queste spese nell’ambito dei costi pluriennali, appare inevitabile parlare di “utilità prospettica”, ossia di quel carattere di alcune spese di produrre in futuro effetti utili.

Per cui, ove la spesa non possa produrre utilità futura, la sua patrimonializzazione non sarebbe corretta.

In base all’art. 2426, co. 1, n. 5) del c.c. l’iscrizione dei beni immateriali nell’attivo, deve avvenire con il consenso del collegio sindacale, ove esistente, e fino a quando il processo di ammortamento delle spese patrimonializzate non si è completato, non è possibile procedere alla distribuzione di utili, fino a concorrenza del costo non ancora ammortizzato di tali spese, tranne nel caso che esistano utili o riserve disponibili da porre a copertura del predetto residuo.

 

Spese per propaganda e promozione

Nell’ambito delle spese pubblicitarie, si annoverano anche le spese per propaganda e promozione, intese come le spese volte a conquistare o a rafforzare il favore del pubblico, indirizzandolo con parole, scritte, immagini verso i prodotti o i servizi della propria azienda o semplicemente rafforzando la conoscenza del proprio marchio (enforcing brand activity).

 

Spese di sponsorizzazione

In ultimo, dobbiamo considerare incluse nell’ambito delle spese pubblicitarie, le spese di sponsorizzazione, che rappresentano spese volte a favorire la conoscenza del marchio – una sorta di pseduo-mecenatismo a favore di veicoli pubblicitari, come le squadre dei grandi sport nazionali, che possono raggiungere grandi masse di persone
– come le spese sostenute per il cosiddetto“abbinamento sportivo” (per esempio, l’abbinamento INTER football club, con la PIRELLI).

 

tipologie di spese pubblicitarie

 

La rilevazione a partita doppia delle spese pubblicitarie sostenute, dipenderà dal carattere pluriennale o d’esercizio delle stesse.

In ogni caso il punto di partenza, sarà il ricevimento della fattura del fornitore che ha reso il servizio pubblicitario (pensiamo, ad esempio, al caso della progettazione di una campagna pubblicitaria commissionata ad un’agenzia che fornisce servizi pubblicitari).

Ove la campagna pubblicitaria riguardasse nuovi prodotti, sarà da considerare corretta l’allocazione delle spese di progettazione e realizzazione della campagna pubblicitaria, nell’ambito della classe dei costi immateriali pluriennali.

Diversamente, ove la campagna pubblicitaria, riguardasse la realizzazione di un’azione periodica a sostegno della domanda di prodotti e servizi aziendali (ad esempio con un’iniziativa volta all’allungamento del ciclo di vita di un prodotto già in età matura) allora la contabilizzazione non potrebbe che portare all’evidenziazione di un costo di competenza dell’esercizio corrente.

 

Profili contabili delle spese di pubblicità e propaganda

Ad esempio, supponendo la realizzazione di una campagna promozionale televisiva, diretta a sostenere periodicamente le vendite di prodotti maturi per 5.000 Euro + IVA 20 %, la registra- zione a P.D. sarà:

 

contabilità delle spese di pubblicità

 

Se, invece, ricorre l’esigenza di contabilizzare la spesa per la progettazione e la realizzazione di una campagna pubblicitaria volta all’introduzione di una nuovo prodotto, per 50.000 Euro più Iva ordinaria, a P.D. si rileverà quanto segue:

 

contabilizzazione delle spese per pubblicità

 

 

Profili tributari delle spese di pubblicità

La norma che regolamenta il trattamento tributario delle spese di pubblicità, nell’ambito del reddito d’impresa, è l’art. 108 del TUIR che prevede due criteri alternativi:

  • l’imputazione delle spese per intero, all’esercizio di sostenimento;
  • il riparto delle spese in quote costanti, nell’esercizio di sostenimento e nei quattro suc- cessivi.

 

L’adozione del criterio di riparto fiscale delle spese pubblicitarie nel quinquennio, relativamente a spese che secondo i principi contabili non hanno natura pluriennale, condurrà all’evidenziazione di fenomeni di fiscalità differita attiva, dovendosi appostare in bilancio, nell’esercizio di sostenimento, le imposte anticipate, conseguenti al temporaneo spostamento della deducibilità fiscale dei costi di pubblicitari.

Il problema, dunque, della qualificazione di talune spese nell’area dei costi di pubblicità, piutto- sto che nell’area delle spese di rappresentanza, lo si può risolvere solo attraverso un’elencazione che sebbene non esaustiva, possa servire da guida per risolvere la maggiore parte dei casi.

Per cui, conformemente ai suggerimenti posti dalla dottrina aziendalistica, classificheremo come spese pubblicitarie, le seguenti spese:

 

Casistica delle spese pubblicitarie (2)

  • Spese sostenute per organizzare il bar in una fiera e per pranzi consumati nella zona della manifestazione.
  • Spese sostenute per l’immobile nel quale è stato fornito alloggio al rappresentante legale di un impresa cliente
  • Spese per l’ospitalità dei clienti
  • Spese per fiere e mostre di prodotti tipici presso strutture alberghiere
  • Spese per l’organizzazione di convegni per la presentazione di prodotti a clienti attuali e potenziali
  • Spese sostenute per celebrare ricorrenze aziendali, indipendentemente dal mezzo propagandistico utilizzato (radio, televisione, volantini, ecc.)
  • Spese per prodotti in omaggio fino all’importo di 25,82 Euro ceduti nel corso di convegni aziendali
  • Spese per materiale propagandistico di accompagnamento di prodotti medicinali
  • Spese per l’ospitalità in locali aziendali, di soggetti che non sono clienti.
  • Spese per azioni di marketing aziendale

 

 

A conclusione dell’argomento, non possiamo non richiamare alcune riflessioni sulle spese per meeting aziendali organizzati in località turistiche.

In un articolo (3) apparso su una rivista di settore, è stato sottolineato che secondo il Comitato antielusivo – oggi soppresso – le spese per meeting aziendali in rinomate località turistiche, generano spese di rappresentanza, con il con- seguente trattamento tributario.

Infatti, una delle questioni più controverse che l’amministrazione finanziaria ha cercato di risolvere sul punto della natura delle suddette spese, è quello della correlazione tra spese sostenute e produzione dei ricavi.

In questa direzione con il parere n. 12/2005, il Comitato antielusivo, ha stabilito che le spese per l’ospitalità di clienti esteri,in visita in Italia, sono deducibili integralmente, se il cliente, anche successivamente a tale visita, da corso ad ordini di acquisto, per importo compatibile con la spesa sostenuta per l’ospitalità.

Diversamente, le spese per l’ospitalità di questi clienti non potrebbero che essere classificate tra le spese di rappresentanza.

 

 

Le spese di rappresentanza

Le spese di rappresentanza identificano quei costi che l’impresa sostiene per promuo- vere, affermare e consolidare il proprio prestigio.

Queste spese hanno effetti, che non necessariamente si tradurranno in maggiori ricavi nell’esercizio di sostenimento delle stesse, ma più verosimilmente in esercizi futuri.

Elemento caratterizzate le spese di rappresentanza, che le distingue nettamente dalle spese pubblicitarie, è l’assenza di un rapporto sinallagmatico.

Vale a dire, che le spese di rappresentanza sono sostenute per volontà unilaterale dell’impresa che le sostiene, senza alcun obbligo reciproco da parte del soggetto che ne fruisce.

In questo senso, come già precisato nel paragrafo relativo alle spese di pubblicità, le spese di ospitalità sostenute per vecchi clienti in visita aziendale, che non si correlano ad ordini d’acquisto, anche successivi, che ne giustifichino il sostenimento in termini di congruità, sono da classificarsi co- me spese di rappresentanza o non pubblicitarie.

Certo che parlando di congruità delle spese di ospitalità, senza fissare il limite entro il quale è possibile intravvedere una correlazione tra spesa commerciale e ricavi, espone qualunque ragionamento a rischi di arbitrarietà.

Né appare, in un contesto come quello del commercio mondiale, facile effettuare una lista completa di quali sono i costi di pubblicità e quali quelli di rappresentanza, vista l’esigenza delle imprese, di affinare e sperimentare tecniche di marketing innovative, per meglio accreditarsi sul mercato.

Purtroppo le esigenze di carattere fiscale costringono, invece, a dare una definizione pratica ed una possibile elencazione delle stesse, al fine di evitare ingiuste riprese a tassazione, di componenti negativi del reddito, che originariamente classificate come spese pubblicitarie, vengano successivamente riclassificate come spese di rappresentanza.

Per questi motivi, consideriamo utile l’intervento della ADC di Milano, che con la norma comportamentale n. 127 , ha classificato sotto le spese di rappresentanza, le seguenti spese:

 

 

Casistica delle spese di rappresentanza (4)

  • Spese per servizi di foresteria rese ai soci in occasione delle assemblee
  • Spese per l’inaugurazione di sedi e filiali
  • Spese sostenute in occasione del festeggiamento di anniversari dei dipendenti
  • Spese per servizi di foresteria turistica svolta a favore dei clienti
  • Spese per l’iscrizione dei rappresentanti legali a circoli sportivi e culturali e per la partecipazione a manifestazioni sportive, culturali e di intrattenimento.

 

Sul punto, segnaliamo alcune prese di posizione ufficiale da parte dell’Amministrazione Finanziaria, come la R.M. 17/0/1992 n. 9/204, nella quale si è affermato che le spese di rappresentanza sono caratterizzate dalla mancanza di corrispettivo o dalla mancanza di una specifica controprestazione a carico dei fruitori dei servizi, finanziati con tali spese.

Lo scopo delle spese di rappresentanza – che ne identifica il carattere distintivo rispetto alle spese pubblicitarie – è attrarre l’attenzione del pubblico sull’attività dell’erogante, giammai imporre obblighi sinallagmatici a carico dei fruitori.

Interessante appare inoltre, il parere del Comitato consultivo delle norme antielusive del 12/06/2000 n. 18, con il quale è stato affrontato il problema di classificare le spese per l’organizzazione di una crociera, destinata a clienti di una ditta, al fine di pubblicizzare il nuovo catalogo annuale dei prodotti.

La conclusione alla quale era giunto il Comitato è che le spese fossero da classificare tra le spese di rappresentanza, perché la partecipazione alla crociera era condizionata alla preventiva effettuazione di nuovi ordini per l’anno in corso, per cui sebbene le spese fossero finalizzate ad un incremento della fiducia dei propri clienti, giungevano “a posteriori” rispetto al momento pro- duttivo delle vendite.

A diversa conclusione si sarebbe dovuti pervenire, se invece la crociera fosse stata utilizzata come momento per accentrare in un’unica sede i clienti e per raccogliere in quella sede gli ordini d’acquisto.

 

Le spese alberghiere e per ristorazione

Tra le spese di rappresentanza, in genere, sono anche annoverate le spese per prestazioni alberghiere e per prestazioni di ristorazione, che non siano qualificabili come rimborsi spese per trasferte fuori sede di coloro che svolgono compiti istituzionali (ad esempio le spese per trasferte fuori sede degli amministratori di una società), ma ricollegabili semplicemente ad iniziative di ospitalità.

Queste spese sono solitamente documentate o da ricevute fiscali o da fattu- re/ricevute fiscali. Qualcuno sostiene che indipendentemente dallo strumento di dimostrazione della spesa sostenuta, stante l’indetraibilità dell’IVA, le stesse non dovrebbero transitare mai dai registri IVA ed essere contabilizzate solo nel libro giornale.

Riteniamo, tuttavia, che in presenza di fatture/ricevute fiscali, il transito dai registri IVA non solo è opportuno, ma forse an- che obbligatorio, visto che la fattura deve indicare i dati anagrafici del cliente, compreso il suo codice fiscale e la partita IVA.

Le spese per beni di modico valore da distribuire gratuitamente e i contributi

Nell’ambito delle spese di rappresentanza sono da annoverare anche le spese per beni di modi- co valore da distribuire gratuitamente tra i clienti attuali e potenziali o i contributi erogati vo- lontariamente in occasione dell’organizzazione di eventi fieristici, conventions, manifestazioni o in occasione di particolari ricorrenze quali, ad esempio, il Natale. Tipico esempio di spese di rappresentanza sostenute nel periodo natalizio, è rappresentato dai “cestini natalizi”, il cui va- lore non è rappresentato dal singolo elemento componente il cestino, ma dal cestino in quanto bene composto da una serie di elementi.

 

Profili fiscali delle spese di rappresentanza

La norma di riferimento per il trattamento tributario delle spese di rappresentanza ai fini delle imposte dirette, è l’art. 108, co. 2 del TUIR che stabilisce che le spese di rappresentanza sono deducibili per 1/3 del loro ammontare, ripartito in 5 anni. Quindi la quota di deducibilità è fissata in 1/15 per anno. I restanti 2/3 sono fiscalmente indeducibili. E’ evidente che mentre i 2/3 delle spese di rappresentanza – essendo variazioni definitive del reddito fiscale – non producono fiscalità differita, i restanti 4/15 producendo uno spostamento temporaneo in avanti della deducibilità, provocano imposte anticipate, che saranno assorbite nei successivi 4 esercizi.

Con la tabella sottostante, è possibile rappresentare la distribuzione temporale delle spese di rappresentanza di 2.000 Euro in 5 esercizi, ai fini IRES e IRAP, con evidenziazione delle impo- ste anticipate nei vari esercizi da N a N+4.

 

distribuzione temporale delle spese di rappresentanza

 

 

Profili contabili delle spese di rappresentanza

Ad esempio, supponendo che siano state sostenute spese per cestini natalizi da consegnare gratuitamente ai nostri migliori clienti per 2.000 Euro più IVA ordinaria, a P.D. rileveremo:

 

contabilità delle spese di rappresentanza

 

Mentre se, ad esempio, occorre rilevare spese di rappresentanza con IVA non detraibile per 500 Euro più IVA al 10%, a P.D. rileveremo:

 

spese di rappresentanza contabilità

 

 

Leggi anche: Spese di rappresentanza: disciplina contabile e fiscale

 

NOTE

1 V. Antonelli e R. D’Alessio in Summa Contabile, ed. Il Sole 24 Ore, anno 2007, pag. 579

2 V. Antonelli e R. D’Alessio, ibidem, pag. 581

3 L. Gaiani, Reddito d’impresa: il punto sulle spese di ospitalità e meeting, in Contabilità & Bilancio n. 12/2005, pag. 43 e ss.

4 V. Antonelli e R. D’Alessio, ibidem, pag. 595

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