Autofattura IVA: l'acquisto di servizi di domain name presso altri soggetti comunitari

Il corretto trattamento IVA delle prestazioni rese dagli Internet Service Providers non residenti in Italia in relazione alla registrazione di domain names presso autority estere.

Talune Società che esercitano l’attività di Internet Service Providers si avvalgono di soggetti non residenti per registrare, per conto di loro clienti, i nomi di identificazione di siti Web (cosiddetti “domain name”, nome sotto dominio).

 Si tratta, come noto, del servizio di registrazione e di mantenimento delle denominazioni idonee a consentire, a chi opera in Rete, di avere riconosciuto il proprio “Internet Provider Address”, cioè un indirizzo personale di collegamento con la Rete.

 L’Internet Provider Address si sostanzia nel DNS (Domain Name System), sistema alfanumerico recante l’indirizzo dei collegamenti ad Internet. Gli utenti internet possono individuare un sito Web mediante parole o pseudonimi familiari o caratterizzanti, chiamati appunto “domain names”.

Il cosiddetto “top level domain” (come .it o .com o .org) indica l’ubicazione geografica della autorità competente per l’assegnazione e il controllo dei nomi domini assegnati.

E’ dunque utile individuare il corretto trattamento IVA delle prestazioni rese dagli Internet Service Providers non residenti in Italia in relazione alla registrazione di domain names presso autority estere.

 A questo proposito va tenuto conto che l’attuale giurisprudenza prevalente è dell’avviso che il domain name abbia valenza di marchio o segno identificativo, anche se la stessa non ritiene di applicare alla registrazione di un dominio web la tutela prevista dalla legge sui marchi, questo perchè vige il criterio “first come, first served” (Cfr. ad esempio, il Tribunale di Modena Ordinanze del 1/8/2000 e dell’8/9/2000).

 In relazione a tale configurazione, l’art.7, comma 4, lettera d), del DPR 633/72 stabilisce che le operazioni concernenti i marchi o brevetti si considerano ai fini IVA effettuate in Italia quando sono rese a soggetti ivi domiciliati, purché la loro utilizzazione avvenga in Italia o in Paesi dell’Unione Europea.

 Va tenuto conto che, ove venga pattuito un corrispettivo unitario per l’utilizzo “world wide”, e non sia possibile estrinsecare la quota parte del corrispettivo afferente l’utilizzo in Italia, si ritiene possa trovare applicazione l’indirizzo interpretativo dell’Amministrazione finanziaria (Cfr. la Risoluzione n.470170 del 15 dicembre 1990) di ritenere l’intero compenso afferente l’utilizzo in Italia.

 In sostanza, il committente italiano della registrazione del domain name deve ai fini IVA rendere la prestazione imponibile in Italia, tramite emissione di autofattura ai sensi dell’art.17, comma 3, del DPR 633/72.

 Va infine segnalato che in base all’art.9 della VI Direttiva CEE n.77/388 del 17 maggio 1977, così come riformulata per effetto della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 Cfr. l’art.56), Direttiva che è stata recepita in tutti i Paesi facenti parte dell’Unione Europea, il luogo dell’imponibilità IVA delle prestazioni di sevizi aventi ad oggetto la cessione o la concessione  di marchi e brevetti è quello in cui “il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica”.

 In sostanza, quindi, ove il fornitore del servizio di registrazione del domain name sia un soggetto imprenditore o esercente arte e professione comunitario, questi dovrà emettere fattura fuori campo IVA nel suo Paese (perché ivi difetta il requisito della territorialità) e il committente italiano dovrà “autofatturarsi” in Italia.

Questi addebiti debbono essere assoggettati alla procedura della cosiddetta “autofatturazione” ai sensi dell’art.17, comma 3, del DPR 633/72.

 

 aprile 2007

Giovanni Mocci