Una delle novità più interessanti introdotte dalla riforma societaria è rappresentata dalla disciplina del finanziamento effettuato dai soci alla società.
Il finanziamento dei soci alla SRL dopo la Riforma societaria
(articolo 2467 del Codice Civile)
Una delle novità più interessanti introdotte dalla riforma societaria è rappresentata dalla disciplina del finanziamento effettuato dai soci alla società.
La nuova norma è improntata alla tutela dei creditori sociali, nonché a disincentivare la prassi, sviluppata nelle società a responsabilità limitata a ristretta base partecipativa, di reperire mezzi finanziari dai propri soci senza utilizzare la più onerosa (e comunque più aderente alla realtà dei fatti) forma del conferimento; verosimilmente, infatti, tali finanziamenti, anche se hanno la forma del credito, hanno la natura di conferimento.
Le condizioni necessarie per la fattibilità del finanziamento
La riforma societaria non ha modificato le condizioni di legge che devono esistere perché un socio possa finanziare la propria società.
In base a quanto previsto dalla delibera CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) del 3/3/1994, in attuazione del D.Lgs. n. 385/93 (Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia), i finanziamenti a favore della società possono essere effettuati esclusivamente dai soci (anche non in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale sociale):
- che risultino iscritti nel libro dei soci da almeno tre mesi,
- che detengano una partecipazione al capitale pari almeno al 2 % dell’ammontare del capitale nominale quale risulta dall’ultimo bilancio approvato,
- che tale possibilità sia espressamente prevista dallo statuto.
Il finanziamento fruttifero e infruttifero
La norma stabilisce che, salvo diversa previsione statutaria, i versamenti effettuati dai soci a favore della società devono considerarsi infruttiferi.
Così come impostata, la norma pone dunque come disciplina di carattere generale quella che è stata la prassi normalmente seguita, e cioè quella di assegnare carattere infruttifero ai finanziamenti dei soci; cosicché, se si intende procedere con modalità di finanziamento fruttifero, occorre una specifica determinazione in tal senso.
Le novità della riforma: il rimborso dei finanziamenti
Per il rimborso dei finanziamenti dei soci si applica l’articolo 2467 del Codice Civile, in base al quale “Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito”.
Al riguardo, si segnala il parere dell’ABI, in base alla quale le disposizioni che prevedono la posticipazione del rimborso si applicano anche nell’ipotesi in cui il socio si limiti a garantire un finanziamento erogato dalla banca alla Srl; tale principio si applica anche quando il socio provveda con mezzi propri al pagamento dei debiti sociali.
La riforma dunque, si occupa della materia dei finanziamenti soci soltanto sotto un particolare aspetto, e cioè quello del possibile conflitto tra i creditori “ordinari” della società (ad esempio i fornitori) e i soci, quando, rimborsando i finanziamenti ai soci, si generi l’incapienza della società per il pagamento dei creditori “ordinari”. In altre parole, il credito verso la società non è più considerato un credito di pari grado a quello degli altri creditori chirografari, come avveniva prima della riforma.
La prima conseguenza che discende dalla norma in discorso è quella secondo cui, nel caso di conflitto tra fornitori (o altri creditori chirografari) e soci, la società deve preferire il pagamento dei suoi debiti verso i terzi e deve quindi postergare il credito dei soci (che, come detto, in mancanza della norma in discorso sarebbe di pari grado) a quello dei creditori ordinari.
In altri termini, l’amministratore che rimborsa deve prestare attenzione a che il rimborso del finanziamento non generi l’incapacità della società di far fronte ai suoi impegni con i creditori diversi dai soci: se infatti si determinasse una situazione nella quale il rimborso del finanziamento pregiudicasse il diritto dei creditori a ricevere il pagamento di quanto loro dovuto, quel rimborso si rivelerebbe illecito, oltrechè fonte di responsabilità per l’amministratore stesso.
Inoltre, l’articolo stabilisce che, ove, entro un anno dal giorno in cui il finanziamento sia rimborsato dalla società ai soci, la società rimborsante fallisca, il pagamento che il socio riceve a titolo di rimborso del suo finanziamento deve essere restituito alla società; infatti, così come, in quella situazione di insolvenza, non si farebbe certo luogo alla restituzione dei conferimenti ai soci, così anche se viene effettuato il pagamento ai soci del loro credito per il finanziamento, la sorte del rimborso non muta: esso non va effettuato e, in caso di effettuazione, la società, tramite la curatela fallimentare, ha il diritto di ripetere quel rimborso e ad esperire l’azione di responsabilità verso l’amministratore.
È appena il caso di rilevare che la norma in commento si applica a prescindere dalle previsioni statutarie.
La prova contraria dei soci
È chiaro comunque che non tutti i rapporti di finanziamento dei soci con la società meritano di essere distinti da quelli con un qualsiasi terzo; pertanto, il legislatore ha voluto evitare di cadere nell’eccesso opposto, ed ha individuato un criterio distintivo cosiddetto “di ragionevolezza”.
Nel secondo comma del medesimo art. 2467, si afferma infatti che si intendono “finanziamenti dei soci a favore della società” (e sono dunque soggetti a tale norma) quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi:
- in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, oppure
- in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.
Pertanto, i finanziamenti che invece non rientrano in queste condizioni sono liberamente rimborsabili, senza nessuna tempistica.
Si rileva che, nonostante spesso queste due circostanze coesistano, ne è sufficiente solo una a generare l’applicazione della norma commentata.
È da notare altresì il quanto mai opportuno riferimento al tipo di attività svolta, che impone di discernere tra una srl che ha per oggetto un’attività di ricerca e di sviluppo (in cui i finanziamenti risultano indispensabili), ed un’altra che ha un oggetto differente.
Sarà onere dei soci, dunque, provare, in sede di azione revocatoria, che il finanziamento ha ragionevolmente sostituito il conferimento all’epoca in cui esso è stato effettuato.
Al riguardo, si ritiene che una valida prova sia costituita da un documento scritto il quale attesti la disponibilità di una banca a concedere un prestito a condizioni di mercato, nonché dall’esistenza di una vendita del socio alla società che non sia stata regolata.
Non si ritiene sufficiente, invece, la previsione di onerosità del finanziamento, né l’accollo da parte del socio di un debito sociale.
Le informazioni in Bilancio
I debiti verso soci per finanziamenti vanno adesso inseriti in un’apposita voce del passivo (D3). In precedenza, essi venivano iscritti in una massa generica di cui alla ex voce D4 “Debiti verso altri finanziatori”.
In Nota Integrativa, è prevista l’indicazione dei finanziamenti dei soci “ripartiti per scadenze e con separata indicazione di quelli con clausola di postergazione rispetto agli altri creditori sociali”.
Norma transitoria
Si conclude accennando al problema, formalmente irrisolto, dell’applicabilità della norma ai finanziamenti emessi anteriormente alla entrata in vigore della riforma; si ritiene comunque condivisibile l’orientamento espresso dalla dottrina che prevede l’applicabilità della nuova norma anche ai finanziamenti “vecchi”.
vedi anche:
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I finanziamenti soci si presumono onerosi
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Dai finanziamenti soci in contanti non giustificati ai ricavi in nero il passo è breve
Danilo Sciuto
dottore commercialista in Catania
novembre 2004