Dai finanziamenti soci in contanti non giustificati ai ricavi in nero il passo è breve

di Gianfranco Antico

Pubblicato il 2 settembre 2022

La Corte di Cassazione ha ritenuto corretto l’operato del giudice di appello, in ordine alla sussistenza delle presunzioni, gravi, precise e concordanti circa la presenza di ricavi occulti, non avendo la società (che ne era onerata), a ristretta base sociale, fornito la prova contraria circa la provenienza dei cospicui capitali versati dai soci.

Il caso: accertamento su maggiori ricavi pari al valore dei finanziamenti dei soci

finanziamenti soci ricavi in neroUna s.r.l. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento, con il quale erano state accertate maggiori imposte IRES, IRAP e IVA a seguito della constatazione di acquisti di merce senza fattura, per un valore di € 6.589,70, oltre IVA, e di recupero a tassazione di ricavi non contabilizzati e non dichiarati, per € 191.329,00, pari all’importo che risultava, nello stesso anno, da un versamento eseguito dai soci, sotto forma di finanziamento alla società.

Dalla sentenza impugnata risulta che la CTP di Benevento accoglieva il ricorso limitatamente ai maggiori ricavi accertati con riferimento al finanziamento dei soci e lo rigettava per il resto.

La CTR accoglieva l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate, osservando, in sintesi, per quanto riguardava l’occultamento di ricavi attraverso il finanziamento effettuato dalle due socie, che il primo giudice non aveva debitamente considerato la mancanza di una loro autonoma capacità reddituale, che solo una di esse aveva presentato documentazione ISP rilasciata dall’INPS, in ogni caso inidonea a giustificare la provenienza dell’ingente somma conferita, che i versamenti erano stati effettuati in contanti e che la ristretta base azionaria, a carattere familiare, costituisce presupposto sufficiente a legittimare la presunzione della distribuzione di utili societari non contabilizzati.

Per quel che ci interessa in questa sede, la società, in Cassazione, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 codice civile e 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la CTR erroneamente ritenuto che era onere dei soci – che non avevano partecipato al giudizio e non avevano mai ricevuto la notificazione di alcun atto da parte dell’Agenzia delle Entrate – “dare conto” della provenienza del denaro oggetto del conferimento.