l’IFRIC 12 si applica normalmente agli accordi di servizi in concessione in cui un soggetto pubblico affida ad un’entità del settore privato la costruzione o l’ampliamento, la gestione e la manutenzione dell’infrastruttura destinata al pubblico servizio per un periodo di tempo determinato. Analizziamone le caratteristiche…
L’IFRIC 12 si applica normalmente agli accordi di servizi in concessione in cui un soggetto pubblico affida ad un’entità del settore privato la costruzione o l’ampliamento, la gestione e la manutenzione dell’infrastruttura destinata al pubblico servizio per un periodo di tempo determinato.
Il concessionario è pagato per i servizi resi lungo il periodo dell’accordo; l’accordo è governato da un contratto che definisce i livelli standard di performance, meccanismi per l’adeguamento dei prezzi e clausole di risoluzione delle controversie.
Le caratteristiche tipiche di tali accordi sono:
- l’obbligazione del concessionario ha natura di servizio di pubblica utilità;
- la natura del Concedente è rappresentata da un soggetto pubblico o da un soggetto privato cui è stato devoluto il servizio pubblico da un soggetto pubblico;
- il Concessionario è responsabile della gestione dell’infrastruttura il contratto definisce i prezzi iniziali e prevede dei meccanismi per il loro aggiustamento lungo la durata della concessione;
- il Concessionario al termine della concessione deve devolvere al Concedente in un determinato stato l’infrastruttura dietro un compenso incrementale modesto o nullo dell’infrastruttura.
Il controllo o la regolazione può esplicarsi attraverso un contratto o attraverso un regolatore e include le circostanze in cui il concedente paga tutti i servizi resi dal concessionario (c.d. availability payment) sia quelle in cui alcuni o tutti i servizi sono acquistati dagli utilizzatori.
Non è necessario che il concedente abbia un completo controllo del prezzo: è sufficiente che il prezzo sia regolato dal concedente, dal contratto o da un’agenzia regolatoria nell’infrastruttura.
L’interessenza residua nell’infrastruttura è il valore corrente stimato dell’infrastruttura come se avesse già l’anzianità e fosse nella condizione prevista alla data di scadenza dell’infrastruttura Il controllo del concedente su qualsiasi interessenza residua significativa dovrebbe sia restringere la possibilità pratica de concessionario di vendere o impegnare l’infrastruttura sia dare al concedente un diritto continuativo di utilizzo per tutto il periodo dell’accordo.
Per l’IFRIC 12, quando il concedente controlla servizi, prezzi e utilizzatori, nonché qualsiasi interessenza residua significativa nell’infrastruttura, il concessionario si limita a gestire l’infrastruttura per conto del concedente.
L’infrastruttura rientrante nell’ambito di applicazione dell’IFRIC 12, non può essere rilevata tra le “Attività non Correnti Materiali” dello Stato Patrimoniale, poiché l’attività è considerata “controllata” dal concedente; ciò comporta un elemento di discontinuità rispetto al modello dell’attività materiale di norma attualmente seguito dai concessionari.
A tal fine non rileva pertanto:
- né la circostanza che il concessionario sostiene i rischi e i benefici connessi alla proprietà,
- né che gestisce l’infrastruttura per l’intera vita utile,
- né chi ha il titolo legale sulla infrastruttura durante il periodo della concessione
Piuttosto rileva:
- il fatto che il concedente ha il controllo sull’uso dell’infrastruttura durante l’accordo;
- nonché che al termine dello stesso il concessionario ha l’obbligo della devoluzione dell’interesse residuo dell’infrastruttura dietro un corrispettivo incrementale modesto o nullo da parte del concedente
La logica anzidetta vale sia per l’infrastruttura costruita dal concessionario o dallo stesso acquisita da terze parti, sia per l’infrastruttura preesistente cui il concedente rilascia il diritto all’accesso per le finalità dell’accordo.
L’IFRIC 12 di converso non si applica né ai preesistenti beni materiali del concessionario (ante accordo), né a quei beni che sono forniti dal concedente per i quali è possibile la negoziazione con terzi (IAS 16): da ciò ne consegue che l’attività di costruzione dell’infrastruttura è assimilata a quella di un’impresa di costruzioni e pertanto durante la stessa si rilevano a conto economico i relativi costi e ricavi da costruzione. Il concessionario quindi svolge un servizio di costruzione nei confronti del concedente.
Costituendo la principale novità, l’interpretazione illustra ampiamente gli aspetti connessi alla fase di costruzione e ampliamento e in particolare:
- il trattamento dei diritti del concessionario sull’infrastruttura;
- i criteri per la rilevazione e valutazione dei costi e ricavi relativi a tale fase gli elementi forniti al concessionario dal concedente gli oneri finanziari.
Il concessionario deve rilevare e valutare i ricavi e i costi relativi ai servizi di costruzione e ampliamento in base allo IAS 11.
- nel caso in cui il concessionario presta più di un servizio sotto un unico accordo, il corrispettivo ricevuto o da ricevere deve essere attribuito con riferimento ai relativi fair value dei servizi forniti se gli ammontari sono separatamente identificabili;
- nel caso in cui il concedente non effettua il pagamento in contanti dei servizi di costruzione e ampliamento, ma fornisce al concessionario un’attività immateriale si applicano i criteri di valutazione della permuta previsti dallo IAS 18 applicabile.
Il concedente riconosce al concessionario un importo fisso incondizionato che non dipende dall’uso dell’infrastruttura; i clienti pagano il concessionario per l’uso dell’infrastruttura, inoltre il concedente riconosce al concessionario l’uso dell’infrastruttura secondo lo schema del “pedaggio ombra” ed i clienti pagano il concessionario per l’uso dell’infrastruttura e il concedente riconosce un corrispettivo basato tra il livello di ricavi consuntivi e un livello prestabilito “minimo garantito” finanziari.
In accordo con lo IAS 23, gli oneri finanziari attribuibili all’accordo devono essere rilevati a conto economico nel periodo in cui sono sostenuti salvo il concessionario abbia un diritto contrattuale a ricevere un’attività immateriale: in questo caso gli oneri finanziari attribuibili all’accordo possono essere capitalizzati durante la fase di costruzione dell’accordo secondo il trattamento alternativo consentito in base a tale principio.
Il concessionario può avere un’obbligazione contrattuale nell’ambito della concessione:
- a mantenere l’infrastruttura ad uno specifico livello di funzionalità, o
- a ripristinare l’infrastruttura in una specifica condizione prima che venga devoluta al Concedente al termine della concessione.
Lo IAS 37 richiede che l’importo rilevato come accantonamento venga valutato secondo la miglior stima della spesa richiesta per adempiere l’obbligazione alla data di riferimento del bilancio:
- se l’effetto del valore attuale del denaro è un aspetto rilevante, l’importo dell’accantonamento è rappresentato dal valore attuale delle spese che si suppone saranno necessarie per estinguere l’obbligazione
- Il tasso di attualizzazione deve essere determinato al lordo delle imposte e deve essere tale da riflettere le valutazioni correnti di mercato del valore attuale del denaro e i rischi specifici connessi alla passività
Normalmente i costi sostenuti per la manutenzione ricorrente sono spesati quando vengono sostenuti, nel caso in cui la manutenzione non è considerata un’attività generatrice di ricavi:
- un approfondimento particolare può rendersi necessario per definire se un particolare programma di manutenzione sia un’obbligazione che trae origine dall’utilizzo dell’infrastruttura da rilevare in accordo con lo IAS 37, o un servizio erogato in adempimento dei termini della concessione e perciò un’attività generatrice di ricavi transitorie.
L’interpretazione va applicata in modo retroattivo all’inizio del primo periodo presentato, in analogia a quanto previsto dallo IAS 8 che richiede l’applicazione retroattiva per le variazioni nei criteri contabili.
Se il concessionario per un accordo di servizio non può applicare l’IFRIC 12 retroattivamente all’inizio del primo degli esercizi presentati, esso deve:
- rilevare le attività finanziarie e immateriali che esistevano all’inizio del primo degli esercizi presentati. Utilizzare i precedenti valori contabili di tali attività immateriali e finanziarie (in qualunque modo esse siano state classificate in precedenza) come valori contabili a tale data;
- verificare a tale data se le attività finanziarie e immateriali rilevate abbiano subito una riduzione di valore, a meno che ciò non sia fattibile, nel qual caso gli importi devono essere verificati per riduzione di valore all’inizio del periodo corrente.
- L’International Financial Reporting Interpretations Committee: IFRIC 17
L’IFRIC ha approvato una nuova interpretazione, IFRIC 17, relativa alle modalità di rilevazione e valutazione dei dividendi costituiti da beni non monetari; in ambito IFRS non esistevano regole precise per queste fattispecie e la discrezionalità lasciata agli amministratori ha finora causato lo sviluppo di prassi diverse sui mercati, a detrimento del confronto dei dati di bilancio.
Le nuove regole saranno obbligatorie a partire dall’esercizio che si apre il 1° luglio 2009 o in data successiva, ma è possibile applicarle anticipatamente.
L’International Financial Reporting Interpretations Committee è la Commissione tecnica dello IASB che si occupa dello studio e dell’interpretazione delle norme contabili emanate dal Board: l Interpretazioni, una volta approvate e pubblicate, assumono lo stesso valore degli IFRS e ciò significa che gli amministratori che redigono il bilancio secondo i principi contabili internazionali debbono includere nell’insieme degli standard da seguire anche il corpus delle Interpretazioni dell’IFRIC.
Il 27 novembre 2008, la Commissione ha pubblicato la IFRIC Interpretation 17, Distribution of Non-cash Assets to Owners, che stabilisce le regole di contabilizzazione e valutazione dei dividendi in natura deliberati a favore degli azionisti: fino a tale data, infatti, non esistevano regole specifiche, in ambito IFRS, per la fattispecie in parola e questo ha causato il permanere di pratiche diverse tra le entità che adottano i principi contabili internazionali in Italia e in altri Paesi.
In particolare, una delle principali differenze si riferiva alla valutazione del debito verso i soci per i dividendi in natura, in taluni casi effettuata considerando il valore netto contabile dei beni da distribuire, in altri casi, invece, fondata sul loro fair value.
Altre difformità di trattamento contabile potevano essere riscontrate in tema di modalità di registrazione delle differenze tra il valore contabile dei beni distribuiti e il loro fair value al momento della loro effettiva distribuzione.
Le domande a cui i membri dell’IFRIC hanno voluto rispondere con la pubblicazione del documento IFRIC 17 riguardano il momento in cui deve essere contabilizzata la passività nei confronti dei soci per i dividendi deliberati, le modalità di valutazione dei beni prescelti per la distribuzione dei dividendi in natura e le regole per la contabilizzazione delle eventuali differenze che dovessero sorgere al momento della distribuzione tra il valore netto contabile dei beni distribuiti e il valore loro attribuito nel calcolo della passività per dividendi.
1. Le regole stabilite dall’IFRIC 17
Contabilizzazione della passività verso i soci
In base a quanto stabilito dall’IFRIC 17, il momento in cui deve essere contabilizzata la passività verso i soci per i dividendi da distribuire deve coincidere con quello in cui essi sono adeguatamente approvati e viene pertanto meno ogni controllo e discrezionalità dell’entità con riguardo alla loro distribuzione:
- Tale momento sarà quello in cui la proposta di dividendo effettuata dagli amministratori è approvata in via definitiva dall’assemblea dei soci, nei Paesi, come l’Italia, in cui è necessaria tale approvazione perché la proposta diventi efficace ed irrevocabile da parte dell’entità;
- Il momento potrebbe tuttavia coincidere con quello della mera decisione degli amministratori, in Paesi in cui non è necessaria l’approvazione dell’assemblea dei soci; qualunque sia la giurisdizione in cui opera l’entità, è essenziale, secondo l’IFRIC 17, che la passività sia contabilizzata quando la decisione di distribuire non è più revocabile dall’entità.
Lo IASB, in risposta a una raccomandazione dell’IFRIC, ha proceduto a modificare il testo del principio IAS 10, Events after the Reporting Period, specificava che “se i dividendi sono dichiarati (cioè sono appropriatamente autorizzati e non più soggetti alla discrezionalità dell’entità) dopo la chiusura dell’esercizio, ma prima che sia approvato il bilancio per la pubblicazione, i dividendi non devono essere contabilizzati come passività alla chiusura di tale esercizio, in quanto non esiste alcuna obbligazione dell’entità a tale data”.
Infatti, l’IFRIC ha accolto le osservazioni di alcuni commentatori esterni che avevano sollevato dubbi sul concetto di dividendo dichiarato in contrapposizione con quello di dividendo adeguatamente autorizzato.
In particolare, è stato ritenuto che la frase sui dividendi contenuta nello IAS 10 potesse causare dubbi interpretativi in Paesi in cui è sufficiente la dichiarazione dei dividendi da parte degli amministratori, senza necessità di approvazione dell’assemblea: le modifiche allo IAS 10 apportate dallo IASB hanno consistito nell’eliminazione del contenuto della frase sopra riportata, comunque l’IFRIC 17, di fatto, non ha comunque cambiato il principio già stabilito in IAS 10, ma ne ha precisato i contenuti.
Determinazione del valore del dividendo in natura
L’IFRIC 17 stabilisce che la determinazione del valore del dividendo in natura sulla base dei beni scelti per la distribuzione deve avvenire considerando il loro fair value al momento in cui diventa obbligatoria la contabilizzazione della relativa passività verso i soci; si esclude pertanto la contabilizzazione della passività misurandola in base al valore netto contabile dei beni da distribuire.
Nondimeno, se l’entità concede ai propri soci la scelta di ricevere i dividendi in contanti o in natura, essa dovrà valorizzare la passività per dividendi considerando sia il fair value dei beni che potranno essere scelti per la distribuzione, sia il fair value dell’alternativa di natura finanziaria concessa ai soci, nonché la probabilità associata a ciascuna scelta da parte dei soci.
Se la passività verso i soci per dividendi in natura da distribuire è ancora in essere alla chiusura dell’esercizio annuale o di periodi intermedi per i quali è richiesta la predisposizione del bilancio, gli amministratori dovranno considerare le eventuali variazioni intervenute nel fair value dei beni destinati alla distribuzione rispetto al valore attribuito alla passività.
La contabilizzazione di tali variazioni dovrà modificare il valore della passività, in aumento o in diminuzione, con contropartita nelle riserve di patrimonio netto distribuibili.
La Commissione ha deciso di non includere nel documento IFRIC 17 alcun riferimento a specifici principi IFRS per la determinazione del fair value dei beni destinati alla distribuzione, in quanto la scelta dipenderà dalla natura di tali beni.
In alcuni casi si dovrà verosimilmente fare riferimento allo IAS 39, Financial Instruments:Recognition and Measurement, in altri alle regole previste dallo IAS 37, Provisions, Contingent Assets and Contingent Liabilities; Invece, nelle fattispecie che implicano la distribuzione di dividendi in natura consistenti in intere aziende o rami d’azienda funzionanti, la determinazione del valore del complesso dei beni da distribuire potrebbe dare un risultato diverso dalla somma dei fair value dei singoli beni, in quanto potrebbe essere opportuno includere un plusvalore relativo all’avviamento:
in questi casi, si dovrà pertanto fare riferimento alle regole dell’IFRS 3, Business Combinations; la Commissione ha pure deciso di non proporre eccezioni alla regola della valutazione dei dividendi in natura in base al fair value dei beni corrispondenti, in quanto si è basata sulla presunzione che la decisione stessa di distribuire dividendi in natura presupponga la possibilità di determinare in modo sufficientemente affidabile il valore equo dei beni prescelti per la distribuzione.
In caso contrario, l’entità non potrebbe garantire equità di trattamento tra i suoi soci. Ciò è vero, secondo l’IFRIC, anche nel caso in cui si sia deciso, ad esempio, di distribuire strumenti finanziari non quotati su un mercato attivo o beni immateriali unici, come i marchi, per i quali per definizione non esiste un mercato attivo di oggetti identici.
Nei due esempi sopra riportati, infatti, secondo l’IFRIC è assai inverosimile che non possa essere stabilito il valore equo di tali beni, almeno con tecniche di valutazione alternative al mercato, e in ogni caso la distribuzione di dividendi in natura potrebbe essere considerata un evento talmente rilevante da giustificare gli sforzi e i costi aggiuntivi per effettuare le stime di questi valori equi, non giustificabili altrettanto efficacemente nel caso di normali valutazioni di fine esercizio.
La necessità di stimare il valore della passività per dividendi in natura alla fine di ogni periodo amministrativo, invece, scaturisce dall’obbligo, per gli amministratori, di rispettare la regola stabilita dallo IAS 37, che richiede di rivedere al termine di ogni esercizio i valori contabili delle passività già registrate a bilancio, al fine di assicurare che essi riflettano adeguatamente le migliori stime delle passività stesse, disponibili e aggiornate alla data di chiusura.
Differenze tra valore contabile e fair value dei beni distribuiti
Al momento in cui i beni destinati alla distribuzione sotto forma di dividendi in natura sono effettivamente distribuiti, vale a dire, quando escono dal patrimonio dell’entità, essa deve contabilizzare a conto economico eventuali differenze esistenti tra il valore contabile dei beni stessi e quello della passività verso i soci.
L’IFRIC 17 esclude la possibilità di contabilizzare tali differenze a patrimonio netto, contrariamente a quanto invece richiesto per le differenze di fair value riscontrate nel valore della passività per dividendi alla fine di ogni esercizio, nel caso in cui questa esista ancora nel patrimonio dell’entità e non sia stata ancora estinta alla chiusura del bilancio.
È interessante notare che, normalmente, al momento della distribuzione dei dividendi in natura e della contestuale derecognition dei corrispondenti beni, il valore contabile di questi ultimi dovrebbe essere inferiore a quello della passività relativa ai dividendi.
Si deve infatti considerare che, se da un lato la passività per dividendi, proprio in virtù di quanto stabilito dall’IFRIC 17, deve essere pari al fair value dei beni da distribuire, dall’altro lato il valore contabile degli stessi beni destinati alla distribuzione non potrà superare, in base alle norme stabilite dall’IFRS 5, il minore tra il costo storico e il loro fair value al netto dei costi stimati per la vendita.
Infatti, al momento in cui si registra la passività per dividendi in natura, i beni scelti per la distribuzione, se costituiti da attività immobilizzate, dovranno essere classificati tra le “Attività non correnti destinate alla dismissione e valutati”, come già accennato, al minore tra valore netto contabile e fair value al netto dei costi di vendita, in base al principio contabile IFRS 5, applicabile a tale fattispecie.
Il Board ha provveduto, contestualmente all’approvazione dell’IFRIC 17, a modificare il testo dell’IFRS 5, includendo esplicitamente la fattispecie delle attività non correnti destinate alla dismissione e costituite da beni destinati a essere distribuiti come dividendi in natura.
2. Ambito di applicazione dell’IFRIC 17
L’Interpretazione IFRIC 17 specifica l’ambito di applicazione delle nuove norme. In particolare, esse sono applicabili alle seguenti tipologie di distribuzioni non reciproche di beni da parte di un’entità a favore dei propri soci, agenti in tale veste:
- Distribuzione di beni non monetari;
- Distribuzioni che danno diritto ai soci di scegliere tra il ricevere beni di natura non monetaria o un’alternativa di natura finanziaria.
L’IFRIC 17 si applica solo alle distribuzioni, così come sopra individuate, nei casi in cui i soci appartenenti a una medesima classe di strumenti di capitale siano trattati tutti in modo uguale: essa non si applica, inoltre, alla distribuzione di un bene che è già controllato in ultima istanza dallo stesso soggetto o da un insieme di soggetti prima della distribuzione.
Questa esclusione dall’ambito di applicazione vale per il bilancio consolidato, separato e individuale del soggetto che effettua la distribuzione.
In base a quanto appena detto, l’IFRIC 17 non si applica, pertanto, ai seguenti casi:
- Il bene non monetario è in ultima istanza controllato dagli stessi soggetti prima e dopo la distribuzione; in questo senso, si deve fare riferimento all’IFRS 3, che stabilisce che un gruppo di individui controlla un’entità quando, in base ad accordi contrattuali, costoro nel loro insieme detengono il potere effettivo di determinare le politiche operative e finanziarie della stessa entità, allo scopo di ottenerne dei vantaggi economici; pertanto, non si potrà applicare l’IFRS 17 se un gruppo di singoli soci beneficiari della distribuzione di dividendi ha, in base a un accordo contrattuale, il controllo ultimo dell’entità che esegue la distribuzione;
- Un’entità distribuisce parte dei suoi investimenti azionari nel capitale di una sua controllata, ma continua a controllare la stessa dopo la distribuzione; in questa particolare fattispecie, infatti, dovrà applicarsi lo IAS 27, in quanto trattasi di operazione tra soci senza trasferimento del controllo.
Vale la pena osservare che i casi in cui siano distribuite azioni o aziende, od anche rami d’azienda appartenenti a un gruppo, a favore di soggetti non inclusi nel gruppo prevedono l’applicazione delle regole dell’IFRIC 17: queste operazioni, note con il termine di spin-off, splitoff o demerger, non sono in effetti considerate operazioni sotto comune controllo.
Al contrario, le ipotesi di attribuzione, nell’ambito di un gruppo, di due o più differenti attività operative a due diversi sottogruppi o a due o più distinte società, che si possono giuridicamente concretizzare in operazioni di scissione, con creazione di due o più nuovi soggetti giuridici che continuano a essere posseduti dai medesimi soggetti che possedevano l’entità scissa, sono invece escluse dall’ambito di applicazione dell’IFRIC 17 e sono altresì escluse da quello dell’IFRS 3, in quanto ritenute operazioni sotto comune controllo.
L’IFRIC 17, infine, non si applica ai bilanci dei soggetti che ricevono il dividendo in natura, ma solo a quelli dell’entità che effettua la distribuzione.
3. Rappresentazione in bilancio
L’IFRIC 17 stabilisce che la differenza tra il valore netto contabile del bene distribuito e il fair value della passività per dividendi al momento della distribuzione debba essere presentata a conto economico in una voce separata.
Inoltre, nel caso in cui la passività per dividendi sia ancora presente alla chiusura dell’esercizio, le note al bilancio dovranno indicare:
- Il valore contabile della passività per dividendi all’inizio e alla fine dell’esercizio;
- L’incremento o il decremento nel valore contabile della stessa passività contabilizzato nell’esercizio, riconducibile alla variazione del fair value dei beni da distribuire.
Nel caso in cui dopo la fine dell’esercizio, ma prima dell’approvazione del bilancio, l’entità dichiari un dividendo da distribuire in natura, essa dovrà indicare nelle note al bilancio dell’esercizio appena chiuso.