Motivazione per relationem: validità e limiti negli avvisi di accertamento

Quando un avviso di accertamento rinvia al verbale della Guardia di Finanza, la motivazione per relationem è valida se consente al contribuente di comprendere chiaramente la pretesa fiscale. Non si richiede una valutazione autonoma dell’ufficio se il rinvio realizza un’economia di scrittura, evitando ripetizioni, senza compromettere il contraddittorio. In pratica, il confine tra sintesi efficace e incompletezza diventa cruciale, mostrando come trasparenza e pragmatismo possano convivere negli atti tributari.

Motivazione per relationem negli atti tributari: principi e giurisprudenza

motivazione per relationemIn tema di accertamento tributario la motivazione per relationem con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale della GdF, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione dell’ufficio finanziario, emergendo che lo stesso ufficio ha inteso realizzare un’economia di scrittura, in quanto trattasi di elementi già conosciuti al contribuente, e non arrecandosi alcun pregiudizio allo svolgimento del contraddittorio. Si è espressa in tal senso una recente sentenza di Cassazione.

La decisione, pur non risolvendosi a favore del contribuente, sviluppa le basi su cui deve fondarsi la motivazione contenuta in un atto impositivo.

 

L’obbligo di motivazione degli avvisi di accertamento

La motivazione deve essere contenuta, infatti, in ogni atto amministrativo e deve essere redatta in modo chiaro ed esaustivo, sovvenendo sul punto l’art. 7 dello Statuto del contribuente Legge n. 212/2000 (“Chiarezza e motivazione degli atti”) che, oltre ad individuare gli elementi rilevanti degli atti emanati dall’amministrazione, fa riferimento all’obbligo generale di motivazione degli atti amministrativi, prevedendo che in ogni atto deve comprendersi l’iter logico-giuridico su cui si fonda la pretesa tributaria.

Tale disposizione prevede, inoltre, che l’obbligo di motivazione degli atti tributari possa essere adempiuto anche “per relationem, ossia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto impositivo notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto dell’atto adottato; tutto ciò consente al contribuente. ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato in cui risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (cfr. Cassazione n. 30900/2024).

Il requisito della “motivazione concisa” non equivale ad una motivazione sbrigativa o incomprensibile (Cassazione n. 29721/2019); l’obbligo di motivazione significa chiarire l’iter logico-giuridico seguito dal giudice al fine di consentire l’eventuale impugnazione dell’atto impositivo.

In campo amministrativo la motivazione per relationem è una tecnica di motivazione, ammessa in ambito amministrativo e processuale, in cui il provvedimento o la sentenza fa riferimento ad altri atti o sentenze per giustificare la propria decisione, invece di esporre autonomamente tutte le ragioni. In pratica, si evita la ripetizione di motivazioni già espresse, rinviando ad atti precedenti o a sentenze già emesse.

L’art. 3, legge 241/1990 (procedimento amministrativo) afferma che, i casi di motivazione per relationem, si riferiscono alle ipotesi in cui la motivazione dell’atto non risulti dal corpo del provvedimento finale bensì dagli atti precedentemente compiuti nel corso dell’iter procedimentale.

 

Il caso: rinvio al verbale redatto dalla Finanza

Impugnazione dell’avviso di accertamento e validità della motivazione per relationem

Nella fattispecie in esame, la società contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento analitico-induttivo preceduto da un invito a comparire dell’ufficio per chiarimenti e presentazione documenti.

Sia in primo che secondo grado il ricorso è stato respinto e la società ha proposto ricorso per cassazione, eccependo, tra l’altro, la mancata allegazione dell’atto (processo verbale) su cui si fonda il recupero a tassazione, in violazione dell’art. 7, Legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).

Tale norma sancisce che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono essere motivati; la motivazione deve essere conforme a quanto prescritto dall’art. 3 legge n. 241/1990, riguardante la motivazione degli atti amministrativi, indicando i presupposti di fatti e le motivazioni giuridiche  che hanno determinato la decisione dell’amministrazione.

Preliminarmente non è stata accolta l’eccezione di mancata pronuncia su un punto decisivo, in quanto al giudice di merito non può imputarsi di aver omesso, mentre la motivazione deve ritenersi adeguata in quanto il convincimento risulta da un esame logico e coerente di tutte le prospettazioni ritenute idonee e sufficienti a giustificarlo: in altri termini il giudice del merito non deve dar conto di tutte le prove prodotte, ma di fornire una motivazione e adeguata della decisione che adotta, ponendo in evidenza le prove ritenute idonee e quelle carenti (cfr. Cassazione n. 5511/2011).

La Corte in ordine all’ulteriore motivo, con cui si prospetta la violazione all’art. 7 della legge n. 212/2000, ha ritenuto che si evinca ampiamente la motivazione per relationem contenuta nell’accertamento al processo verbale perché costituito in contradditorio con il rappresentante della società e allo stesso rilasciato in sede di chiusura dell’attività ispettiva della Guardia di Finanza.

Motivazione per relationem negli atti tributari: chiarezza e economia di scrittura

In tal senso si può affermare che in sede di accertamento tributario, la motivazione per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale dei militari, non è illegittima, per mancanza di specifica valutazione dell’ufficio finanziario, emergendo che lo stesso ufficio, condividendone le motivazioni, ha voluto realizzare una economia di scrittura che, essendo a conoscenza del contribuente, non comporta alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (cfr. Cassazione n. 30570/2017).

Per quanto sopra esposto la Corte non ha accolto il ricorso della società contribuente, fornendo tuttavia un esaustivo quadro e gli esatti contorni che deve assumere la motivazione contenuta in un atto impositivo, risultando non invalida la motivazione per relationem ossia la motivazione che si richiama alle conclusioni contenute in un verbale della GdF o mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti.

 

Giurisprudenza sulla motivazione per relationem

La motivazione deve indicare gli estremi oggettivi e soggettivi della posizione creditoria e deve indicare i fatti astrattamente giustificativi della pretesa, delimitando l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nella eventuale successiva fase contenziosa.

La motivazione dell’avviso di accertamento deve riportare tutte le conoscenze dell’ufficio tributario e deve indicare con chiarezza, anche se sinteticamente, le ragioni poste alla base dell’atto impositivo, per segnare il confine del processo tributario, non potendo l’ufficio porre a base della propria pretesa nel giudizio tributario ragioni diverse da quelle emergenti dalla motivazione dell’atto.

È sempre possibile esprimere la motivazione per relationem, ossia facendo riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti a condizione però, come richiede il comma 162 dell’articolo 1 della legge 296/2006 e l’art.7 della legge 212/2000, come modificato dal D.Lgs 219/2023, che siano allegati all’avviso di accertamento (Cassazione n. 3860/2025).

In tema di imposte sui redditi, l’obbligo di motivazione degli atti tributari, ex art. 7 della legge 212/2000 e art 42 Dpr 600/1973, è soddisfatto dall’avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvii «per relationem» a quello riguardante i redditi della società, ancorché solo a quest’ultima notificato, dal momento che il socio, ex articolo 2261 cc, può consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi (Cassazione n. 28660/2024).

L’obbligo motivazionale dell’accertamento è definito tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta.

In particolare, la motivazione, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, richiede soltanto l’indicazione dei fatti giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cassazione n. 20241/2024).

La giurisprudenza di merito ha ritenuto che l’obbligo di motivazione (anche per la Tari) è rispettato quando viene espresso il criterio astratto per il quale è stato emesso, con le specifiche che consentono al contribuente di esercitare il diritto di difesa e per delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nella successiva fase del giudizio; l’omessa dichiarazione della superficie tassata, dei coefficienti e delle percentuali applicati, soddisfa in pieno tale principio, non essendo prevista per le cartelle esattoriali la specifica dei criteri di calcolo degli interessi legali e delle sanzioni, queste ultime calcolabili al 120% dell’imposta evasa (CGT 2° gr Lazio n. 2373/2024).

Nel processo tributario, ai fini della validità dell’avviso di accertamento non rilevano l’omessa allegazione di un documento (processo verbale) o la mancata ostensione dello stesso al contribuente se la motivazione, anche se resa per relationem, è comunque sufficiente, dovendosi distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova

La motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, di cui all’art. 7 legge n. 212/2000, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’an ed il quantum della pretesa tributaria al fine di approntare una idonea difesa (Cassazione n. 15581/2024).

 

Fonte: Corte di Cassazione, Ordinanza n. 17782/2025.

 

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Enzo Di Giacomo

Venerdì 26 settembre 2025