La cessione di partecipazioni in associazioni professionali e società semplici apre scenari fiscali inaspettati: le plusvalenze rientrano sempre nel reddito di lavoro autonomo o esistono eccezioni? Una nuova interpretazione sfida le regole tradizionali, creando possibili vantaggi (o insidie) per professionisti e investitori. Scopriamo come orientarci in questo nuovo contesto.
Cessione di partecipazioni in associazioni o società semplici che svolgo attività professionale
In ordine alla cessione a titolo oneroso delle partecipazioni in associazioni e società che esercitano un’attività artistica o professionale produttiva di reddito di lavoro autonomo, la riforma fiscale perseguita con il D.lgs. 192/2024 ha introdotto nel TUIR alcune modifiche così inventariabili:
- nell’art. 67, comma 1, lett. C e C bis TUIR sono state soppresse le parole “escluse le associazioni di cui all’art. 5, comma 3, lett. C”;
- nell’art 17 la versione letterale della lett. g ter è stata sostituita con…
“corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali incluse le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni e società che esercitano un’attività artistica o professionale produttiva di reddito di lavoro autonomo, se percepiti, anche in più rate, nello stesso periodo d’imposta”.
Preliminarmente si deve sottolineare come l’iniziale esclusione dall’art. 67, comma 1 lett. C e C bis, era giustificata dal fatto che nella determinazione del reddito di lavoro autonomo non era contemplata la rilevanza fiscale delle plusvalenze, per cui costituiva logica simmetria di effetti fiscali l’irrilevanza impositiva dei capital gains maturati in conto alle partecipazioni. Una partecipazione, come noto, configura un bene c.d. di secondo grado, nel quale si riversa l’effetto riflesso del bene di primo grado, per cui quanto non costituisce prerogativa fiscale del bene di primo grado, non può costituire materia