La norma che stabilisce l’indeducibilità dei rimborsi per le spese di trasferta non effettuati con metodi di pagamento tracciabili sta suscitando un diffuso malcontento a causa delle complesse implicazioni pratiche e delle criticità applicative. Oggi approfondiamo il “disordine” normativo scaturito dalla Legge di Bilancio, la quale ha integrato la versione precedente del TUIR anziché quella più recente.
Questa sovrapposizione di disposizioni ha generato incertezze interpretative, rendendo evidente la necessità di una revisione e di un chiarimento normativo.
Il comma 81 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2025 (entrata in vigore il 1° gennaio 2025) testualmente dispone in tema di (in)deducbilità dei rimborsi spese:
“All’art. 54 in materia di determinazione del reddito di lavoro autonomo dopo il comma 6bis è inserito il seguente 6ter
“Fermo restando quanto previsto ai commi 5 e 6, le spese relative a prestazioni alberghiere, di somministrazione di alimenti e bevande, nonché di viaggi e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea …addebitate analiticamente al committente, nonché i rimborsi analitici relative alle medesime spese, sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti ai lavoratori autonomi, sono deducibili se i pagamenti sono eseguiti con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 25 del decreto legislativo n. 241/1997”.
Indeducibilità dei rimborsi spese: le criticità della normativa
Relativamente a tale prescrizione si deve in primis sottolineare come essa venga fatta intercalare nel contesto normativo dell’abrogato articolo 54 TUIR ante rif