In tema di rimborso dell’eccedenza detraibile dell’IVA, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento. Il credito che nasce dal coacervo delle poste detraibili che prevalgono sul debito e che quindi eccedono l’imposta liquidata esiste in quanto ne sussistano i fatti generatori, sicché non è sufficiente che sia esposto in dichiarazione, né l’inerzia può equivalere al riconoscimento implicito del credito. Al contrario, il legislatore assegna all’inerzia il significato di rifiuto tacito, in quanto tale impugnabile.
La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di contestabilità del rimborso IVA, come emergente da dichiarazione non oggetto di accertamento nei termini di decadenza.
Il caso: diniego di rimborso IVA
Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sentenza di primo grado, la quale ne aveva a sua volta rigettato il ricorso nell’ambito di un contenzioso su diniego di rimborso di un credito IVA.
Il rimborso del credito IVA era stato negato dall’Amministrazione finanziaria in ragione della non soggezione ad IVA dei trasferimenti immobiliari, costituenti cessione di azienda, e, comunque, nella insussistenza del diritto alla detrazione per la partecipazione della società ad una frode IVA, articolata dalla capogruppo, che non aveva versato l’imposta.
La CTR aveva poi rigettato l’appello, evidenziando che:
- la contestazione del credito IVA oltre la decorrenza del termine accertativo era legittima;
- non sussisteva nel caso di spec