L’Agenzia delle Entrate rimedia una sconfitta in Cassazione, in ordine all’esenzione da tasse ed imposte, disposta dall’art. 19, della L. 74/1987, sul regolamento patrimoniale tra coniugi in sede di separazione, così come in sede di divorzio.
Con rammarico si rileva però come la Corte di legittimità prosegue a compensare le spese in questi procedimenti giudiziari, provocando un’aggiunta di ingiustizia a quella già maturata in sede di rifiuto dell’Agenzia delle Entrate a esonerare gli atti patrimoniali da tasse ed imposte.
Separazione coniugale: i vecchi, ma sempre attuali, provvedimenti legislativi
Sulla separazione coniugale, l’art. 19, della L. 6 marzo 1987, n. 74, recita:
“Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
L’art. 8 (rubricato “Atti soggetti a registrazione in termine fisso”), della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), tra l’altro, dispone l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa agli atti dell’autorità giudiziaria aventi per oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione.
Detta disposizione fu confermata dall’interpretazione autentica del legislatore con la L. 10 maggio 1976, n. 260, successivamente avvalorata, dall’allora Ispettorato Comp.le delle Tasse e Imposte indirette sugli affari, nella Riunione del 21 giugno 1988, nonché nella successiva Riunione del 10 luglio 1990.
Questi gli argomenti qui trattati:
- L’intervento a più riprese della Corte Costituzionale
- Gli interventi di prassi coerenti ma poco attuati dell’Agenzia delle Entrate
- Gli interventi altalenanti della Corte di Cassazione
- L’ultima sentenza della Suprema Corte
Separazione coniugale e regolazione patrimoniale esente: l’intervento a più riprese della Corte Costituzionale
In presenza di questa chiara legislazione, abbiamo dovuto scomodare più volte la Corte costituzionale per vederci affermare dei principi già elementari, per la caparbietà tuttora presente, come vado a dimostrare, in alcuni responsabili dell’Agenzia delle Entrate e non solo.
Orbene, l’incomparabile e equa Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del ridetto art. 19, della L. n. 74/1987:
- con sentenza del 15 aprile 1992, n. 176, in relazione agli artt. 4 e 1, della Tariffa, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, nella parte in cui non comprende nell’esenzione dal tributo anche le iscrizioni di ipoteca effettuate a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge nel giudizio di separazione;
- con sentenza del 10 maggio 1999, n. 154, nella parte in cui non estende l’esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.
La sentenza della Corte costituzionale n. 176/1992
Con ordinanza del 21 febbraio 1991, la Commissione tributaria di primo grado di Milano – interessata a seguito ricorso di due coniugi in merito ad una ingiunzione di pagamento di imposta ipotecaria erroneamente pretesa per l’iscrizione di ipoteca effettuata al fine di garantire obbligazioni assunte da un coniuge verso l’altro in un giudizio di separazione – ritenne rilevante e non ma