La Suprema Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sganciando dalla dichiarazione la configurabilità del reato di indebita compensazione, atteso che lo stesso si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato dalla contestazione e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi.
Ne consegue che il modello F24 perfeziona la condotta.
La Cassazione sul reato di indebita compensazione
Per gli Ermellini:
“il delitto di indebita compensazione previsto dall’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza del reato di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva; il reato, infatti, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale” (Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32686 del 17 settembre 2020).
Breve nota
Già con la sentenza n. 44737 del 5 novembre 2019 la Corte di Cassazione aveva avuto modo di affermare che il reato di indebita compensazione si consuma:
“al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale (così Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018, dep. 01/02/2019, Cappello, Rv. 274854).
L’indebita compensazione deve, dunque, risulta