Lo smart working offre flessibilità, ma apre anche interrogativi sui limiti del controllo a distanza. È davvero lecito monitorare dove si trovano i dipendenti durante l’attività da remoto? Un recente caso ha acceso i riflettori su privacy, geolocalizzazione e diritti.
Smart working e privacy: vietato geolocalizzare i dipendenti a distanza
La normativa nazionale, rappresentata dalla Legge 22 maggio 2017, numero 81, definisce il lavoro a distanza (detto anche smart-working) come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato in cui la prestazione si svolge per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro.
La prestazione svolta in modalità agile, a differenza del lavoro in presenza, si caratterizza quindi per una certa flessibilità che, eccezion fatta per l’eventuale previsione di fasce di reperibilità, riguarda sia il luogo che il tempo relativo allo svolgimento dell’attività.
Considerato lo svolgimento della prestazione al di fuori dei locali aziendali, eventuali verifiche sull’adempimento degli obblighi contrattuali possono consistere, nei confronti del lavoratore a distanza, nella redazione di report periodici o documenti di sintesi in merito all’a