Il Collegato Lavoro è un complesso di interventi in materia, sviluppati in modo non del tutto sistematico, che introduce novità nel rapporto di lavoro, nei contratti di lavoro, in materia fiscale, previdenziale e contributiva e sulla tutela e alla sicurezza sul lavoro.
Tra le molte novità di rilievo va rilevata anche la modifica alla disciplina delle c.d. dimissioni telematiche introdotta in occasione della riforma “Jobs Act” del 2015.
L’intervento legislativo si connota per il chiaro intento di contrastare la cattiva pratica dell’assenteismo “programmato” dei lavoratori subordinati, al fine di ottenere il licenziamento dal proprio datore di lavoro e, conseguentemente, il trattamento di disoccupazione NASPI dall’INPS. Ecco cosa effettivamente cambia nella gestione del rapporto di lavoro.
È stata pubblicata la circolare ministeriale del 27 marzo 2025 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che illustra i principali interventi attuati con il cosiddetto “Collegato lavoro” (legge 13 dicembre 2024 n. 203 recante “Disposizioni in materia di lavoro”) e fornisce le prime indicazioni operative.
In particolare, il documento si sofferma sulle novità in materia di somministrazione di lavoro, lavoro stagionale, periodo di prova, comunicazioni in materia di lavoro agile e cosiddette dimissioni per fatti concludenti.
Contestualmente sempre il 27 marzo, il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili con la Fondazione dei Commerciali ha pubblicato sul proprio portale istituzionale il documento dal titolo “Primi collegamenti al Collegato Lavoro”.
Vediamo di analizzare alcune parti dei due corposi documenti.
Collegato lavoro: i principali chiarimenti operativi
Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro
La circolare del Ministero evidenzia che l’articolo 19, della legge 13 dicembre 2024, n. 203, ha modificato l’articolo 26 , del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, in materia di “Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale”, introducendo il comma 7-bis, il quale stabilisce che:
“In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima.
Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo.
Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.
Come osserva lo studio dei commercialisti tale disposizione ha riconosciuto espressamente la possibilità che il rapporto di lavoro si concluda per effetto delle cosiddette dimissioni per fatti concludenti (o dimissioni implicite), consentendo al datore di lavoro di ricondurre un effetto risolutivo al comportamento del lavoratore consistente in una assenza ingiustificata, prolungata per un certo periodo di tempo.
Tale effetto risolutivo non discende automaticamente dall’assenza ingiustificata, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, valorizzando la presunta volontà dismissiva del rapporto da parte del lavoratore e facendone derivare la conseguenza prevista dalla norma.
Il fenomeno dell’assenteismo “programmato”, a decorrere d