Con una recente sentenza del 2025, la Cassazione cambia prospettiva circa la responsabilità del commercialista per le violazioni fiscali dell’impresa sua cliente: ora può essere chiamato in causa anche solo per il suo contributo all’illecito, contributo materiale o anche solo psicologico.
Un cambio di rotta che apre scenari inediti e ridefinisce i confini del ruolo del professionista, sollevando interrogativi sul futuro delle tutele e degli obblighi a suo carico.
Nuovo orientamento della Cassazione sulla responsabilità tributaria dei commercialisti
Il precedente orientamento della Cassazione
In origine, la normativa prevedeva che le sanzioni amministrative derivanti da violazioni fiscali commesse nell’ambito dell’attività di società o enti dotati di personalità giuridica dovessero ricadere esclusivamente su questi ultimi, senza coinvolgere direttamente le persone fisiche che vi operavano.
Successivamente, ulteriori disposizioni hanno cercato di raccordare questa impostazione con quella previgente, integrando principi già esistenti in materia di sanzioni tributarie, ma mantenendo fermo il principio della responsabilità in capo all’ente, salvo specifiche eccezioni.
La Corte di Cassazione (tra le più recenti: Sez. V, Ordinanza del 28 aprile 2022, n. 13232) interpretava il suddetto D.Lgs. n. 472/1997, nel senso che escludeva, da qualsiasi colpa, il commercialista, attribuendo, invece, l’intera responsabilità all’ente, ovvero alla persona giuridica, a meno che l’irregolarità fosse stata commessa dal rappresentante o amministratore della società al fine di raggiungere vantaggi propri e non vantaggi a favore della società stessa. A tal proposito, si riporta la relativa massima:
“Poiché nelle controversie avverso il diniego di agevolazioni il contribuente ha l’onere della prova dei fatti costitutivi posto a suo carico, laddove egli abbia richiesto la “definizione a zero” della sanzione ai sensi dell’art. 6, comma 3, del D.L. n. 119 del 2018[2], assumendo che la sanzione fosse collegata al tributo dovuto da altri e da questi versata, lo stesso è onerato di dare dimostrazione in ordine alla sussistenza del requisito dell’intervenuta estinzione dell’obbligazione tributaria principale, secondo le diverse modalità previste dalle norme di diritto civile e tributario, con la conseguenza che ove tale prova difetti o emerga prova della permanenza, anche parziale, dell’obbligazione principale, non può essere riconosciuto il diritto all’agevolazione richiesta”.
Cassazione e CTR a confronto: nuova lettura dei limiti di responsabilità del commercialista
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