L’incasso giuridico torna al centro del dibattito fiscale come strumento per attribuire rilevanza impositiva alla rinuncia di un credito. Una ricostruzione che, tra finzione e tecnica, solleva interrogativi su coerenza sistematica, capacità contributiva e ruolo dell’interprete. Un’analisi che stimola riflessioni oltre la prassi.
L’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto di connettere ai soli crediti in regime d’impresa un valore fiscalmente riconosciuto se raccordato ad una base imponibile tassata, come già indicato nella precedente risoluzione n. 124 del 13 ottobre 2017 per i crediti privati partecipi di un compendio patrimoniale personale, allo scopo di perseguire una più lineare perequazione fiscale ed evitare ammanchi d’imposta, è tornata a riesumare l’istituto dell’incasso giuridico.
Rinuncia al credito e incasso giuridico: tra prassi amministrativa e limiti costituzionali
Per l’Agenzia delle Entrate, quindi, un credito riassume una dualità di connotazioni fiscali a seconda che verta in regime d’impresa o che partecipi di un compendio patrimoniale privato. In tal caso non potendo contare il Fisco sulle tutele dell’art. 88, comma 4bis, TUIR, vale quanto già rappresentato nella remota circolare 73/E del 27 maggio 1994, ossia l’istituto dell’incasso giuridico. Prima di esaminare la liceità fiscale che a fronte di un’identica dinamica di effetti giuridici (la rinuncia di un credito) e di un’unica prescrizione di legge (l’art. 88, comma 4bis, TUIR) in vigore per eliminare il distorsivo squilibrio impositivo in questione, raccordata a meccanismi fiscali del tutto diversi da quelli intravedibili nell’incasso giuridico, appare utile ripercorrere l’ermeneutica prospettata dal giudice di Cassazione sull’istituto.
In particolare la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 12223 del 14 aprile 2022, ricongiunge il fondamento causale del cd incasso giuridico al fatto che la rinuncia al credito da parte del socio, origina la presupposizione che esso sia affluito alla sfera giuridica del rinunciante (e non, quindi, nel suo compendio patrimoniale), il quale nell’ambito della sua autonomia decide di rimettere il corrispondente debito della società. Così testualmente il Giudice di Cassazione:
“La rinuncia presuppone il conseguimento (non, quindi, la riscossione) del credito il cui importo, anche se non materialmente incassato, viene, comunque utilizzato, tramite la rinuncia, in favore della società.”
La giurisprudenza di Cassazione
Appare rilevante sottolineare come la Corte di Cassazione sia costretta a ricorrere al termine “conseguimento del credito” in quanto costituendo civilisticamente la remissione