La Cassazione si pronuncia sulla tassazione delle plusvalenze da cessione d’azienda in caso di inadempimento dell’acquirente. Ma il principio di competenza fiscale può davvero prescindere dalla sostanza economica? Una sentenza che solleva dubbi e interrogativi sul rapporto tra diritto tributario e realtà economica.
La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla competenza di periodo di una plusvalenza derivante dalla cessione di un’azienda in ordine alla quale il cessionario si rivelava inadempiente nell’assolvimento della relativa obbligazione pecuniaria.
Plusvalenza da cessione d’azienda: competenza temporale
Il giudice regionale, richiamato il principio di cui all’art. 109 TUIR, secondo il quale alla plusvalenza derivante da cessione di azienda si applica il principio di competenza, e rilevato che il contribuente-cedente aveva incassato solo una parte del prezzo pattuito, ottenendo per la restante parte effetti bancari, non onorati, in uniformità con un precedente giurisprudenziale di legittimità (Sez. 5, Ordinanza n. 5876 del 19/02/2014) aveva ritenuto che non avendo il contribuente incassato l’integrale corrispettivo, e non potendo egli successivamente beneficiare della conseguente minusvalenza, derivante dal mancato pagamento, appariva corretto commisurare l’imposta sostitutiva alla sola somma effettivamente ricevuta.
L’Agenzia delle Entrate, in sede di ricorso per Cassazione, formulava un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e 109 TUIR, a mente dei quali la plusvalenza derivante da cessione di azienda si considera conseguita nel momento di stipulazione dell’atto traslativo, per cui in forza del principio di competenza, il corrispettivo deve imputarsi all’esercizio in cui la cessione si realizza, indipendentemente dal suo effettivo pagamento. Il patrocinio erariale sottolineava inoltre che il principio di competenza non ammette deroghe neppure in ordine alla cessione di azienda con ri