Il nuovo contraddittorio tributario introduce lo schema di atto, offrendo ai contribuenti la possibilità di interagire con il fisco prima di un accertamento definitivo. Questa innovazione punta a migliorare il dialogo e garantire maggiore trasparenza. La recente riforma fiscale ha introdotto nel nostro ordinamento delle novità la cui applicazione ha cambiato il DNA del contenzioso che verrà a crearsi in futuro.
Serve ora chiarezza sulle nuove norme e il loro impatto per evitare incertezze applicative. Scopriamo cosa cambia e cosa aspettarsi!
Il nuovo contraddittorio tributario: introduzione dello schema di atto e impatti per contribuenti e fisco
L’art. 6-bis del D.Lgs. n. 219/2023
Le nuove regole apportate dal D.Lgs. n. 219/2023 con l’art. 6-bis, dal titolo “Principio del contraddittorio” sono andate ad integrare l’art. 6 della legge 27 luglio 2000. L’aggiunta, rispetto al passato sta appunto nel terzo comma, che così recita:
“Per consentire il contraddittorio, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, lo schema di atto di cui al comma 1, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. L’atto non è adottato prima della scadenza del termine di cui al primo periodo”.
Il quarto comma, continua:
“L’atto adottato all’esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’Amministrazione ritiene di non accogliere”.
Con queste premesse sono state inserite nel nostro ordinamento tributario delle disposizioni che, se condotte in modo corretto, dovrebbero risolvere parte del contenzioso aperto.
Definizione di schema d’atto
Con l’introduzione di tale istituto, che rappresenta un cambiamento epocale, il legislatore ha tracciato un programma di lavoro che le parti, vale a dire Amministrazione e contribuente devono seguire, se vogliono risolvere la controversia. È uno strumento preliminare del contenzioso tributario necessario al fine di compiere correttamente il contraddittorio con le parti interessate e costituisce la prima chiamata dell’ufficio. Nello stesso atto sono evidenziate le motivazioni e le riprese fiscali che l’Amministrazione assoggetta a tassazione. Per iniziare la via del “contenzioso fiscale” è obbligatoriamente necessaria la notifica dello schema d’atto.
La novità principale, ora in esame, sta nel fatto che il contribuente ha la possibilità di fornire chiarimenti o contestazioni prima che gli venga notificato l’atto definitivo che è appunto l’avviso di accertamento. La conoscibilità dello schema d’atto da parte del contribuente avviene mediante la notifica dello stesso al proprio domicilio. È un mezzo che consente al contribuente di esprimere eventuali controdeduzioni fornendo prove ed argomentazioni a proprio favore producendo deduzioni solide, raccogliendo documentazione valida che può convincere il funzionario a chiudere bonariamente la contestazione.
Si parla di incontro tra funzionario e contribuente, ma è necessario incontrarsi più volte al fine di svolgere diligentemente la propria linea difensiva. Sarà necessario calendarizzare i successivi incontri con un programma di lavoro da stabilirsi già al primo incontro. Se la materia del contendere risulta essere molto tecnica, sarà utile che il contribuente si avvalga di un pool di professionisti, dove ognuno di questi, porta il suo contributo e tecnicismo.
Cambia il modo di lavorare fra le parti e tutto questo costituisce una fase di dialogo preventivo molto importante tra fisco e contribuente. Occorrerà redigere un verbale che sarà aggiornato di volta in volta e che riporterà domande e risposte dei partecipanti che giustificano le proprie tesi difensive. Per quanto riguarda il timing, l’introduzione nel nostro ordinamento di tale strumento, allunga i tempi di durata del contenzioso stesso, già per suo conto non breve! I professionisti che assisteranno il contribuente dovranno essere dotati di una delega ben precisa per partecipare all’incontro.
Soggetti che beneficiano dello schema d’atto
La platea di soggetti tenuti ad applicare tale istituto è ampia e la stessa racchiude: la persona fisica, l’imprenditore, il professionista, le società di persone e di capitali e tutti i soggetti che potrebbero ricevere un avviso di accertamento e qualsiasi altro atto, di tipo fiscale-tributario emesso dall’Amministrazione, nelle sue varie ramificazioni.
Sono esclusi dal nuovo strumento gli atti automatizzati emessi dal Fisco, quali (atti che derivano dall’art. 36- bis D.P.R. 600/1973) o di pronta liquidazione e pochi altri. Con l’eliminazione degli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni, di cui all’art. 6-bis 2° comma, del D. Lgs. 219/2023, il legislatore ha ridotto di gran lunga il lavoro ai funzionari in quanto, per questi casi, non sussiste il diritto al contraddittorio. Quindi, il lavoro che sarebbe scaturito dall’esame delle dichiarazioni fiscali, di società che di persone fisiche, ora non è oggetto di contraddittorio.
Qualora sorgessero delle contestazioni sulle dichiarazioni fiscali, come atti di scienza, il contribuente dovrà seguire altre strade per contestare l’operato dell’ufficio, non potendo esperire la via del contraddittorio.
Mezzi di difesa utilizzati dal contribuente
Gli strumenti utilizzati dal contribuente per una valida difesa sono numerosi, ma talvolta risultano di non facile produzione al controllore. Partiamo dal campo “societario” per chiudere con documenti o atti in capo a “persona fisica”. I documenti per la società possono essere i seguenti: fatture, bolle di accompagnamento, atti notarili, bilanci di annualità precedenti a quella in esame, documenti contabili, libri contabili e societari, registri IVA, copie di sentenze emesse da Corti tributarie ed altro ancora.
Per la persona fisica: copia di atti di compravendita, copie di testamento, atto di donazione, atti di divorzio fra i coniugi, e tutto ciò che è di valido e utile a giustificare la propria difesa.
Se le poste fiscali riprese dall’ufficio sono di importi significativi, sarà utile che parte privata si premunisca di una perizia asseverata da un professionista iscritto ad un albo professionale, possibilmente con data non superiore a sessanta giorno dalla sua asseverazione.
Con tale atto il perito attesta le caratteristiche tecniche, qualitative e quantitative del compendio stesso e con l’asseverazione asserisce la veridicità e la professionalità del contenuto stesso, tenuto conto che il consulto di un esperto permette di valutare il bene in relazione degli aspetti tecnici, soprattutto con serenità di giudizio. Oltre a ciò il contribuente potrebbe produrre all’ufficio degli incartamenti dal titolo “Pareri pro veritate” elaborati da insigni studiosi della materia oggetto del contendere.
Tutto questo si traduce in opinioni espresse formalmente in merito ad una determinata questione. Ed ancora, il contribuente potrebbe produrre una consulenza tecnica che si sostanzia in un saggio avente ad oggetto l’analisi o la soluzione di un problema tecnico o giuridico.
Il termine per le controdeduzioni del contribuente
Sul concetto di assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni
Sul punto il legislatore ha assegnato a carico del contribuente il termine per consentirgli eventuali controdeduzioni che non deve essere inferiore a sessanta giorni. Sostiene ancora che l’atto non è adottato prima della scadenza del termine di cui al primo periodo. Quindi, assistiamo ad un “arresto” da parte dell’ufficio che inizierà i propri lavori dopo tale periodo.
Quindi il funzionario deve attendere che tale periodo vada a spirare. Se il professionista avanza la richiesta di avere l’accesso agli atti, e dopo aver ottenuto la risposta dall’ufficio e avuto i documenti richiesti, non avrà a disposizione i famosi sessanta giorni per contestare lo schema d’atto, ma un lasso di tempo minore. Se applichiamo alla lettera la nuova norma, è precluso al contribuente esplicare compiutamente il diritto di difendersi perché prima di stendere ed elaborare le osservazioni deve possedere le carte del fascicolo.
Un caso concreto
Esempio. La ditta Alfa di Rossi Giovanni è stata inserita nel piano di controllo dell’ufficio a seguito di segnalazione della Direzione Provinciale, Ufficio Controlli di Milano. L’ufficio ha trasmesso gli esiti di una verifica generale effettuata nei confronti della società Beta con la quale aveva intrattenuto rapporti, nell’anno di imposta indicato, nella veste di committente. La società Beta risultava emittente di fatture per operazioni “oggettivamente inesistenti”.
Secondo i controlli del fisco, la società Beta è soggetto privo di reale consistenza, costituito al solo scopo di veicolare manodopera a prezzi concorrenziali, che ha utilizzato lo strumento del contratto d’appalto, imponibile ai fini IVA, per dissimulare una mera somministrazione di manodopera, notoriamente non assoggettabile ad Iva. Afferma l’ufficio che da un punto di vista civilistico, l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio tra due soggetti, da un lato il committente, ossia colui che conferisce l’incarico relativo al compimento dell’opera o del servizio e che rappresenta il soggetto in favore del quale si realizza il risultato finale; dall’altro l’appaltatore, ossia colui tenuto ad eseguire l’opera o il servizio a fronte del pagamento di un corrispettivo, agendo a proprio rischio e con l’organizzazione dei propri mezzi.
Per l’ufficio, la società Beta possiede le tipiche caratteristiche di una società c.d. “serbatoio di manodopera” in quanto non dotata di beni strumentali di qualsiasi genere, ma solo di un telefono cellulare e di due auto in leasing, comprese le utenze a lei intestate.
La manodopera, secondo l’ufficio era stata utilizzata all’infuori di una qualsivoglia organizzazione propria e senza assunzione di alcun rischio di imposta, in netto contrasto con le caratteristiche proprie delle prestazioni di appalto.
Conseguentemente i rapporti di appalto stipulati dalla società venivano considerati simulati, celando di fatto l’effettiva prestazione di fornitura di manodopera, così come dovevano ritenersi inesistenti i flussi di fatturazione con gli attori della frode, in danno dei quali l’ufficio recupera l’IVA detratta. Dall’indagine effettuata è risultato che la ditta Alfa ha ricevuto nell’anno in esame, da parte della società Beta fatture per un importo complessivo di euro 100.000,00 oltre iva di euro 22.000,00. A seguito di ciò recuperava l’ammontare globale dell’Iva, in quanto indetraibile perché afferente ad operazioni oggettivamente inesistenti.
L’ufficio il 1° ottobre notificava al contribuente Rossi Giovanni lo schema d’atto, recuperando a tassazione l’IVA detratta. Il 10 ottobre il difensore di Rossi Giovanni, presentava all’Agenzia delle entrate osservazioni e controdeduzioni, nonché richiesta di accesso agli atti del fascicolo posseduto dall’ufficio. Ciò a’ sensi dell’art. 6-bis, comma 3, del D.Lgs. n. 219/2023.
Dopo svariate telefonate e invio di email da parte del difensore all’ufficio, solo in data 20 ottobre il difensore ha potuto dialogare con il funzionario e in data 30 ottobre riusciva a reperire la documentazione che era stata richiesta il 10 ottobre con l’invio dell’apposita richiesta. La documentazione ottenuta riguardava il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, e dallo stesso emergeva che la società Beta era coinvolta in una frode IVA. Oltre a ciò otteneva anche copia di fatture di suo interesse.
Il difensore racimolata la documentazione e riunita la stessa alla copia del contratto d’appalto che regolarizzava il rapporto commerciale fra Alfa e Beta, già in suo possesso, riusciva ad elaborare un incartamento nel quale erano state elencate le contestazioni e le controdeduzioni in aggiunta ad altri allegati che nel frattempo si era premunito di recuperare.
In data 25 novembre 2025 il difensore inviava all’ufficio le osservazioni e controdeduzioni. Descritto il fatto è necessario trarre alcune considerazioni:
- Se il difensore volesse contestare lo schema d’atto, in base alle date sopra riportate, non gode più di un termine di sessanta giorni, bensì di un lasso di tempo di gran lunga inferiore a sessanta giorni. Può qui il contribuente invocare, per analogia, l’art. 21 del D.Lgs. n. 546/92 “Termini per la proposizione del ricorso”, anche se nel caso de quo non si può parlare di ricorso.
- Tenuto conto che lo schema d’atto non costituisce un atto impositivo, pertanto lo stesso non è autonomamente impugnabile, il difensore può presentare all’ufficio la richiesta per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. Ricevuti gli atti, il difensore rimane in attesa che l’ufficio notifichi l’avviso di accertamento, vero e proprio, al contribuente. Già questo è un passo in avanti in quanto il professionista si è impossessato dei documenti che prima non aveva.
Tenuto conto di tutto ciò, il difensore utilizzerà i documenti ricevuti per la propria difesa ed avanzerà opposizioni nei termini di sessanta giorni (art. 21 D. Lgs. 546/92), sull’avviso di accertamento, classico, che è stato notificato al contribuente. In detto caso il difensore non presenterà le osservazioni e controdeduzioni sullo schema d’atto, ma applicherà alla lettera l’art. 6-bis, 3° comma, dando risalto alla congiunzione “ovvero”, che significa “ossia” o, “oppure” (con valore disgiuntivo). - La scelta di una delle due strade prospettate, sarà decisa dal contribuente su consultazione del professionista.
Sulla richiesta per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo
Ora il professionista ha la possibilità di accedere ed estrarre copia degli atti dal fascicolo che l’ufficio possiede. Sul punto il legislatore nulla di specifico ha detto. E allora, tocca al professionista ingegnarsi a trovare il mezzo e il modo più veloce per escogitare tale possibilità. Infatti la richiesta di esaminare il fiscolo non è corredata da aspetti temporali che sarebbero stati utili.
La norma avrebbe dovuto calendarizzare la tempistica, vale a dire: una volta ricevuto lo schema di atto, entro un termine preciso consegnare al professionista i documenti richiesti e, dopo averli ricevuti, esaminati e studiati, il difensore potrà elaborare e depositare le controdeduzioni.
Ma nell’articolo di legge questa parte è stata lasciata per ultimo, dando la precedenza al deposito delle controdeduzioni. Le cose sono state invertite! Norma è che prima l’ufficio deve consegnare gli atti e poi il professionista prosegue nella stesura delle controdeduzioni. Un fatto così importante non poteva essere collocato in second’ordine così come invece è avvenuto. Ma siamo sicuri che l’accesso presso l’ufficio verrà assicurato dal funzionario?
Nel concetto di Amministrazione finanziaria entrano anche gli Enti Locali
Il diritto di accesso dovrà essere garantito anche dalle Regioni e dagli Enti locali per i tributi o tasse di loro competenza. Qui entra in gioco il comma 3-ter dell’art. 1 del D.Lgs. n. 219/2023 laddove afferma:
“Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate dalle disposizioni di cui al comma 3- bis, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela”.
Ed ancora, il comma 3-bis dell’art. 1, sempre del sopra citato decreto, recita:
“Le amministrazioni statali osservano le disposizioni della presente legge concernenti la garanzia del contraddittorio e all’accesso alla documentazione amministrativa tributaria….”.
Tenuto conto di quanto sopra anche gli enti locali seguono a pieno titolo la procedura introdotta dall’art. 6-bis del D.Lgs. n. 219/2023. Gli enti locali, anche noti come enti territoriali, sono enti pubblici che operano in un determinato ambito territoriale, presentando interessi di natura circoscritta al territorio su cui insistono. Sono ricondotte alla predetta categoria: le Province, i Comuni, le Unioni di Comuni, le Città metropolitane e Comunità montane ecc..
Tali enti, poiché svolgono funzioni normative ed amministrative, che contribuiscono a realizzare il cosiddetto decentramento, sono già dotati da responsabili e funzionari a cui è affidata la gestione vera e propria, con l’ufficio chiamato “Ufficio Tributi locali”.
Ad esempio per questioni IMU, Tari, ecc. il Comune, attraverso il proprio ufficio emetterà lo schema d’atto così come stabilito dall’art. 6-bis sopra citato e, anche qui il contribuente su richiesta potrà accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo posseduto dal funzionario, indipendentemente dall’importo economico della pratica. Stesso discorso, ad esempio, sarà per un contenzioso di bollo auto dove viene coinvolto l’ufficio della Regione.
Così dicasi pure per un contenzioso di diritto camerale dove viene interessato l’ufficio della Camera di Commercio competente. Ebbene, viene in aiuto l’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992. Alle controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali appartenenti alla Corte di Giustizia Tributaria si applica l’art. 6-bis.
La mancata risposta allo schema d’atto
Con la mancata risposta allo schema di atto il contribuente perde l’occasione per poter instaurare un contraddittorio con l’amministrazione finanziaria, che sarebbe stato utile. L’ufficio non avendo ricevuto delle controdeduzioni relative allo schema d’atto, primo atto notificato, emetterà l’avviso di accertamento secondo le regole ordinarie. Lo schema d’atto non costituisce un atto impositivo, pertanto, lo stesso non è autonomamente impugnabile.
È il caso di affermare che la mancata risposta non è sanzionabile e nulla è pregiudicato nei confronti del contribuente.
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Guido Chiametti e Giacomo Alberto Bermone
Lunedì 17 febbraio 2025