La riforma delle società di comodo porta significative novità, riducendo le aliquote del test di operatività e introducendo misure che rendono la disciplina più equilibrata e sostenibile per le imprese.
Le nuove regole puntano a distinguere meglio le società realmente inattive da quelle che operano in condizioni particolari, offrendo opportunità di adeguamento e una maggiore flessibilità nel rispetto degli obblighi fiscali.
Approfondiamo gli aspetti principali della riforma e le implicazioni per le aziende, con un focus sulle nuove percentuali, le esclusioni e le strategie per affrontare i cambiamenti normativi.
La riforma delle società di comodo incomincia a prendere forma. Infatti, nelle more di una revisione complessiva, l’art. 20 del D.Lgs. n. 192/2024, ha di fatto dimezzato le aliquote relative al test di operatività.
Vediamo quindi fare un primo punto su una questione di interesse per le società.
Le società di comodo: disciplina e aspetti fiscali
Definizione e ambito normativo
Le cd. società di comodo, cioè quelle società che non svolgono, sostanzialmente, un’attività d’impresa e per questo definite come società non operative, sono ormai da parecchi anni sotto l’occhio del Fisco, che ne ha previsto una particolare tecnica accertativa[1].
In forza dell’art. 30, della L. n. 724/1994, prima delle ultime modifiche, le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si consideravano non operative se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, era inferiore alla somma degli importi che risultavano applicando le seguenti percentuali:
- il 2% al valore dei beni indicati nell’85, comma 1, lettere c), d) ed e), del T.U. n. 917/1986 e delle quote di partecipazione nelle società commerciali di cui all’articolo 5 del medesimo testo unico, anche se i predetti beni e partecipazioni costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti;
- il 6% al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell’8-bis, primo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972, anche in locazione finanziaria; per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale è ridotta al 5 per cento; per gli immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell’esercizio e nei due precedenti, la percentuale è ulteriormente ridotta al 4 %; per tutti gli immobili situati in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti la percentuale è dell’1%;
- il 15% al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria.
Le disposizioni del primo periodo non si applicano:
- ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali;
- ai soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta;
- alle società in amministrazione controllata o straordinaria;
- alle società ed enti che controllano società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri, nonché alle stesse società ed enti quotati ed alle società da essi controllate, anche indirettamente;
- alle società esercenti pubblici servizi di trasporto;
- alle società con un numero di soci non inferiore a 50;
6-bis) alle società che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità;
6-ter) alle società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa ed in concordato preventivo;
6-quater) a