Nel sistema fiscale italiano gli errori del commercialista o del consulente tributario possono gravare sul contribuente, se non verifica il lavoro delegato. Questa responsabilità insidiosa genera frequenti contenziosi. Comprendere i limiti e gli obblighi di ciascuno è essenziale per evitare errori e sanzioni. Analizziamo i casi principali e gli interventi chiarificatori della Cassazione.
La responsabilità soggettiva per le sanzioni
L’art. 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (di seguito all’art. 3, comma 133, della L. 23 dicembre 1996, n. 662), dispone, in linea generale, che le sanzioni amministrative irrogate per le violazioni di norme tributarie, sono a carico:
- della persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione;
- della società o ente, con o senza personalità giuridica (Artt. 5 e 73, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), che ha commesso la violazione.
La responsabilità nella consulenza tributaria
L’art. 5, commi 1, 3 e 4, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, tratta della responsabilità di chi esercita l’attività di consulenza tributaria. Ebbene:
- ognuno è responsabile delle proprie azioni e, quindi, ne risponde in proprio;
- detta responsabilità si estende all’omissione dell’azione, sia essa cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa;
- quando la violazione, effettuata nell’esercizio dell’attività di consulenza tributaria, ha riguardato la soluzione di problemi di speciale difficoltà, la punizione è irrogata unicamente in caso di dolo o colpa grave;
- la colpa è valutata come grave, quando l’imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non si può esitare ragionevolmente sul significato e sulla portata della norma violata, con evidenza mad