Recenti modifiche allo Statuto del Contribuente hanno riorganizzato l’istituto dell’autotutela, riducendo la discrezionalità dell’Amministrazione finanziaria e distinguendolo in forme obbligatorie e facoltative.
Le nuove regole, interpretate dall’Agenzia delle Entrate, mettono in evidenza l’importanza della sospensione amministrativa degli atti qualora dall’atto impugnato possa derivare al contribuente un danno grave ed irreparabile.
Scopriamo come queste innovazioni influenzano il sistema tributario e proteggono i diritti dei contribuenti.
Il D.Lgs. n. 219/2023 è intervenuto sullo Statuto del Contribuente, di cui alla L. n. 212/2000, operando, fra l’altro, un riordino dell’istituto dell’autotutela, abbandonando in via di principio il carattere di discrezionalità, declinandola sostanzialmente attraverso due forme: obbligatoria e facoltativa. Le nuove disposizioni sono ora interpretate e applicate dall’Agenzia delle Entrate.
In questo nostro contributo ci occupiamo di una particolare questione: la sospensione amministrativa dell’esecuzione dell’atto.
Quadro giuridico di riferimento sull’autotutela
L’art. 10-quater, comma 1, del D.Lgs. n. 219/2023, indica gli specifici casi in cui l’Amministrazione finanziaria procede obbligatoriamente all’annullamento o alla rinuncia ad atti di imposizione. La norma, in particolare, stabilisce che l’Amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:
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