Illustriamo la parte della normativa sul Concordato Preventivo Biennale relativa ai controlli, coordinandola con quanto sorprendentemente affermato dalla circolare 18, che ha decisamente modificato i criteri di calcolo della convenienza economica verso l’istituto: da quali verifiche fiscali protegge l’adesione al concordato preventivo?
Uno degli aspetti decisamente – quanto immotivatamente – sottovalutati del concordato preventivo biennale è senz’altro quello relativo alla copertura dagli accertamenti.
Il concordato preventivo biennale proteggerà da accertamenti e verifiche fiscali?
L’art. 34 del decreto legislativo n. 13/2024, prevede che per i periodi d’imposta oggetto di concordato, tutti i soggetti che vi aderiranno non potranno essere sottoposti agli accertamenti analitici, analitico-induttivi o presuntivi e induttivi puri ai fini delle imposte dirette (in una parola, agli accertamenti di cui all’art. 39 del DPR n. 600/73).
Tuttavia, tale copertura non opera se, in esito all’attività istruttoria dell’Amministrazione finanziaria ricorrano le cause di decadenza dal CPB. E’ il caso in cui a seguito di verifica siano emersi redditi non dichiarati o costi indeducibili per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati relativamente ai periodi di imposta oggetto di concordato o a quello precedente; al riguardo, si fa notare come il riferimento percentuale all’ammontare dei ricavi dichiarati può senz’altro essere una buona soglia.
Molto interessante, al riguardo, la precisazione della circolare n. 18/2024, laddove si afferma che in ogni caso, nei confronti dei soggetti ISA (esclusi quindi i forfettari) che hanno aderito al CPB, l’eventuale attività di accertamento per i periodi d’imposta oggetto di concordato non assume a riferimento ricostruzioni analitico-induttive (e ciò sia per le imposte dirette sia per l’IVA), così come previsto da uno dei benefici del regime premiale ISA, che opera anche per chi aderisce al CPB.
A questo punto, l’ombrello contro l’accertamento dei soggetti ISA è il seguente:
- non possono essere emessi avvisi di accertamento analitici-induttivi ai fini delle imposte dirette e IVA, qualsiasi sia l’importo;
- non possono essere emessi avvisi di accertamento analitici e induttivi ai fini delle imposte dirette (non anche IVA, dunque, in questo caso, stante la esplicita irrilevanza prevista dalla norma), se conseguenti ad attività istruttoria se non determinano la decadenza dal concordato (ossia per un importo inferiore al 30% dei ricavi dichiarati).
Un ombrello tutt’altro che piccolo!
Quali sono i periodi coperti da concordato?
Ricordiamo che il totale riparo (citato dalla circolare 18) dagli accertamenti analitico-induttivi vale solo per gli anni oggetto di concordato, non anche per il 2023, annualità per la quale la stessa copertura potrà essere assicurata solo da un punteggio almeno pari a 8,5 (o 9, se media degli anni 2022 e 2023). Nel caso di punteggio ISA inferiore per il 2023, la decadenza potrebbe derivare anche da un accertamento analitico-induttivo da cui scaturisca un maggior reddito superiore al 30%.
Per chi deciderà di aderire al CPB, questo è dunque forse l’unico caso in cui diventa importante ottenere un punteggio almeno pari alla predetta soglia (8,5 o 9), anche per effetto dell’indicazione di ulteriori componenti positivi.
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