In tema di indagini bancarie, la presunzione, relativa, della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti correnti, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti. A fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati.
La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di indagini bancarie.
Il caso: indagini bancarie su libero professionista architetto e coniuge

La CTR aveva in particolare evidenziato che la CTP aveva indebitamente invertito l’onere probatorio, facendolo gravare sull’Amministrazione finanziaria, non tenuta a provare la imputabilità a ricavi delle rimesse.
Avverso la sentenza di appello il contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, per avere la CTR (a suo avviso) erroneamente confermato la ripresa concernente gli accertamenti bancari sui conti correnti del contribuente e della moglie, senza considerare che:
- i prelevamenti non potevano essere considerati come reddito da lavoro autonomo;
- non erano stati considerati i costi, anche in via forfettaria;
- non erano stati esclusi dai ricavi i versamenti che il contribuente aveva giustificato nel corso del giudizio.
Secondo la Suprema Corte le censure erano parzialmente fondate, nei termini di seguito indicati.
Le indagini finanziarie sono valide per tutti i contribuenti
Evidenziano i giudici di legittimità che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art. 32, primo comma, n.





