Anche le chat di Whatsapp e delle altre app di messaggistica istantanea possono rientrare tra i mezzi di prova validamente utilizzabili in processo. Esame di un caso all’attenzione del Tribunale di Urbino.
Segnaliamo un’interessante decisione del giudice ordinario che include il messaggio inviato su whatsapp tra le fonti di prova nel processo ordinario, ma che a parere di chi scrive può valere anche in ambito tributario.
Secondo il Tribunale di Urbino tale decisione i messaggi di whatsapp depositati in giudizio possono assumere la validità di prova in quanto con l’avvento delle nuove tecnologie le persone si affidano, anche per le pratiche commerciali, a short message o altri tipi di messaggi.
I mezzi di prova in processo
A tale riguardo si evidenzia che l’art. 2712 codice civile stabilisce che:
“…ogni rappresentazione meccanica di fatti e cose forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose…”.
Il successivo art. 2719 codice civile dispone che:
“Le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta”.
In tale ambito si collocano i messaggi whatsapp.
Il giudice ordinario ha rilevato che, atteso che parte opponente non ha disconosciuto la paternità dei messaggi whatsapp depositati dal ricorrente, è necessario comunque procedere con la perizia tecnica sul dispositivo, atteso che hanno valore di prova purché vi siano i supporti informatici (smartphone o pc) nei quali sono presenti le conversazioni (cfr. Cassazione n. 49016/2017).
Il valore della mail
Il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) è un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche ex art. 2712 codice civile e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (Cassazione civ. n. 11606/2018).
Il valore delle chat di Whatsapp come mezzo di prova
Anche il giudice di merito ha ritenuto che le chat WhatsApp, e in generale le conversazioni all’interno di app di messaggistica istantanea, possono essere utilizzate come prova all’interno del processo tributario sebbene la loro utilizzabilità sia tuttavia condizionata all’acquisizione del supporto telematico o figurativo contenente tale registrazione, così da poterne accertare l’affidabilità, la provenienza e l’attendibilità del contenuto (CTP di Reggio Emilia n. 105/2021).
Fonte: Sentenza Tribunale di Urbino n. 244/2024.
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Martina Di Giacomo
Lunedì 17 giugno 2024