Con la Riforma fiscale, il diritto al contraddittorio preventivo sarà assicurato, salvo poche eccezioni, al destinatario di qualsiasi atto limitativo dei suoi diritti? Esploriamo le differenze fra la normativa comunitaria e quella italiana; ricordiamo che le novità in tema di contraddittorio preventivo sono già in vigore.
Il nuovo art. 6 bis dello Statuto del Contribuente prevede la generalizzazione del diritto al contraddittorio preventivo generalizzato, salvo alcune tassative eccezioni, arrivando ad assumerlo come una colonna portante dell’ordinamento tributario. Definitivo epilogo di un’opera ermeneutica che nel tempo si è dimostrata più sensibile alle ragioni del Fisco che ad un’autentica democrazia del procedimento amministrativo in materia tributaria.
Vale comunque la pena ripercorrere in ordine al principio del contraddittorio la dialettica di confronto che si è avuta tra la Dottrina accademica da una parte e la timidezza legislativa e l’argine di tutela del Fisco eretto dalla Corte di Cassazione dall’altra.
Appare utile ripercorrere anche il diaframma divisorio sul principio del contraddittorio tra diritto e cultura giuridica della Corte di Giustizia europea da una parte e il giudice nazionale dall’altra.
Il diritto al contraddittorio nelle due visioni europea e nazionale
Com’è noto l’attività di accertamento dell’Ente impositore ha natura di attività amministrativa (si cfr per tutti L. Del Federico “La rilevanza della legge generale sull’azione amministrativa in materia tributaria e l’invalidità degli atti amministrativi” in Riv. Dir. Tributario 2010) e si svolge conformemente ad un procedimento regolato dai principi generali contenuti nella legge 7 agosto 1990, n° 241 e nella legge 27 luglio 2000, n° 212.
In modo particolare la funzione accertativa degli Enti impositori è in particolare soggetta ai principi della legge 241/1990, salvo le espresse norme di esclusione in essa contenute.
Peraltro, proprio tali espresse disposizioni di esclusione (artt. 13 ss in tema dei cc.dd. istituti partecipativi) confermano che le previsioni della citata legge n° 241/1990 assumono rilievo anche in materia tributaria.
Ulteriore elemento di supporto al pieno riconoscimento dei principi della legge 241 sulla funzione impositiva deriva altresì dall’art. 1 della legge 212/2000, ove sono richiamate le disposizioni costituzionali (in particolare gli artt. 3,23 e 97 Cost.) che regolano l’azione amministrativa e non è sancita alcuna inapplicabilità dei principi generali di cui alla legge n° 241/1990.
Per la dottrina (Perrone, “La disciplina dell’accertamento tributario nello Statuto del Contribuente”, in Rass. Trib. 2011), proprio la mancanza di una qualsiasi inconciliabilità tra i principi dello Statuto del Contribuente e la legge sulla trasparenza amministrativa 241/1990 obbliga a ritenere che il complessivo paradigma legale dell’azione amministrativa debba essere fatto derivare dal coordinamento delle norme di entrambe le leggi, con la sola esclusione degli istituti speciali contenuti nella legge 212/2000.
Da tale piena integrazione di fonti normative deriva che l’assetto legale dell’attività dell’Amministrazione finanziaria è altresì completato dai principi “dell’Ordinamento Comunitario”, richiamati dall’art. 1, comma 1, della legge 241/1990.
Tali principi costituiscono, quindi, parametri cui deve essere informato anche il procedimento di accertamento fiscale, anche quando quest’ultimo è connesso a settori (quali quello delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro, dei tributi locali) che non costituiscono diretto oggetto di competenza comunitaria (si cfr C. Califano, “Principi comuni e procedimento tributario: dalle tradizioni giuridiche nazionali alle garanzie per il contribuente” in Riv. Dir. Trib. 2004).
I principi dell’ordinamento europeo rilevano, poi, sotto il versante dell’art. 117, comma 1, Costituzione, il quale testualmente dispone che:
“la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’Ordinamento comunitario”.
Risulta essere assolutamente consolidata l’opinione (si cfr F. Gallo, “I principi di diritto tributario: problemi attuali” in Rass. Trib. 2008) per cui l’art 117 Cost. ha reso i principi generali del diritto comunitari parametri di legittimità (costituzionale) delle norme del diritto interno, per cui la norma nazionale deve essere, in primis, interpretata in via adeguatrice ai principi costituzionali (secondo il canone elaborato dalla Corte Costituzionale) e, quindi, pure di quelli comunitari, ovvero censurata, in quanto illegittima per contrasto con i predetti principi.
Contraddittorio preventivo e accertamento fiscale
In ordine ai principi generali del diritto comunitario pienamente interagenti con il procedimento di accertamento fiscale va innanzitutto annoverato proprio il principio del contraddittorio nella fase che precede l’adozione di un atto giuridicamente produttivo di effetti per il destinatario.
Non solo tale principio è stato reiteratamente affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ma per effetto del Trattato di Lisbona è adesso divenuto vero e proprio principio costituzionale dell’Ordinamento Comunitario, dato che la Carta di Nizza (la quale ne costituisce componente essenziale (ex art. 6, paragr. 1 TUE) attribuisce espressamente ad ogni cittadino (art. 41) il diritto alla cd buona amministrazione, il quale comprende il diritto del contraddittorio e la garanzia che esso costituisca una fase di autentico confronto di diritto e di merito con la Finanza e non un fo