La Corte di Cassazione si è espressa in merito alla la competenza fiscale delle provvigioni degli agenti, chiarendo che i ricavi da provvigioni andrebbero riconosciuti al formarsi dei titoli giuridici e non al momento del pagamento. Questo approccio contrasta con la visione che ne leggerebbe il riconoscimento all’incasso effettivo. Queste norme potrebbero sollevare dubbi sulla loro applicazione pratica. Cerchiamo di fare chiarezza…
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, si è pronunciata sulla competenza fiscale delle provvigioni delle prestazioni di intermediazione rigettando la tesi del giudice regionale per il quale testualmente in assenza dell’incasso:
“prevale la questione della effettiva inesistenza dell’operazione da un punto di vista contabile”.
Il caso: la corretta imputazione delle provvigioni nel reddito di impresa
Per la Corte di Cassazione invece in materia di imposte sui redditi, la formazione del reddito d’impresa è regolata dalle regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito di cui all’art. 109, secondo comma, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (principio di competenza), per cui i ricavi, anche se non ancora incassati, purché maturati, rilevano come componenti positive di reddito (Cassazione, Sez. V, 21 ottobre 2021, n. 29485; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32958).
È, pertanto, l’esercizio nel quale si è formato il titolo giuridico che costituisce la fonte dei ricavi, quello che rileva ai fini della tassazione (Cass., Sez. V, 9 novembre 2018, n. 28671) e non quello in cui vi sia stata la conclusione del ciclo finanziario dell’