Un agente residente in Italia ma attivo solo all’estero deve iscriversi all’Enasarco? Una questione tutt’altro che semplice, dove residenza, fatturazione e centro di interessi possono contare più della zona operativa. Un quadro interpretativo in evoluzione, tra prassi ispettive, orientamenti europei e decisioni contrastanti che sollevano dubbi e spunti da approfondire.
Agenti di commercio operanti all’estero e obblighi Enasarco: criteri, prassi e incertezze applicative
Nell’ambito dello svolgimento del mandato può accadere che agenti di commercio italiani, residenti in Italia, anche operando per conto di aziende nazionali, siano chiamati a svolgere la loro attività prevalentemente o, addirittura, esclusivamente, all’estero.
Sia gli intermediari che le aziende mandanti si chiedono come comportarsi dal punto di vista contributivo, ed in particolare se coloro che esercitano l’attività di intermediazione all’estero, siano obbligati o meno all’obbligo di iscrizione all’Enasarco.
Alla luce dei recenti orientamenti comunitari vengono valorizzati gli aspetti del domicilio, della fatturazione e della produzione di reddito in Italia (sebbene si tratti di elementi che sono caratteristici di attività di tipo organizzativo/amministrativo), ritenendo tali elementi sufficienti ad affermare la sussistenza dell’obbligo contributivo Enasarco.
In tale direzione assume rilevanza marginale la circostanza che l’attività commerciale e di promozione (tipica dell’agenzia) sia svolta di fatto all’estero.
Fattispecie concreta
Un agente di commercio, residente in Italia, svolge l’attività prevalentemente all’estero per conto di due diverse aziende mandanti entrambe italiane. Ci si chiede se le due ditte proponenti abbiano l’obbligo di versamento dei contributi al Fondo ENASARCO per l’attività agenziale svolta fuori dal territorio nazionale
Riferimenti normativi ed interpretativi
La normativa di riferimento è rappresentata dall’art. 5, comma 1, L. 12.02.1973 n. 12, secondo cui…
“… So