La Cassazione ha chiarito che, in tema di accertamenti fiscali con indagini bancarie, il contribuente deve giustificare non solo le operazioni ma anche la titolarità dei conti. Il silenzio sulle giustificazioni può sollevare l’Amministrazione dall’onere probatorio, trasferendolo al contribuente. Nel caso che andiamo ad esaminare, un contribuente riceve un avviso di accertamento per discrepanze tra DOCFA presentati e compensi dichiarati. La mancata risposta a un questionario del Fisco rende le sue operazioni bancarie indirettamente imputabili a lui, spostando l’onere della prova sulla sua non titolarità dei conti. La sentenza stabilirà che il contribuente deve fornire prove specifiche per contestare le presunzioni dell’erario derivanti dalle indagini bancarie.
In caso di contraddittorio anticipato, apertosi, per iniziativa dell’Amministrazione, con la somministrazione del questionario, il contribuente deve fornire giustificazioni, non solo sul merito delle operazioni, ma prioritariamente sull’effettiva imputabilità a terzi dei conti correnti recanti le annotazioni di dette operazioni. Il silenzio sul punto comporta l’effetto di assolvere l’Amministrazione dall’onere di ogni ulteriore allegazione e dimostrazione riguardo alla riferibilità al contribuente dei conti e, di riflesso, delle somme movimentatevi, spostando su di lui l’onere di fornire in contrario la prova rigorosa dell’esclusiva ascrivibilità delle somme a chi appare titolare dei conti.
Il caso: accertamento al geometra per incongruenze fra DOCFA e compensi
La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di indagini bancarie.
Nel caso di specie, il contribuente, di professione geometra, riceveva un avviso di accertamento, per imposte dire