Fra gli strumenti possibili per il riassetto societario il conferimento di azienda è uno dei più interessanti, soprattutto per la neutralità fiscale concessa da questa operazione straordinaria.
Vediamo le difficoltà ed i passaggi operativi e amministrativi.
Nell’ambito delle tipologie negoziali utilizzate per trasferire i complessi aziendali, può essere utile dare conto dello strumento del conferimento previsto dall’art. 2465 del codice civile (per le Srl), facendo in particolare riferimento a taluni passaggi societari e amministrativi, prendendo in considerazione anche un fac-simile di redazione di perizia giurata di stima prevista dal citato art. 2465 del codice civile. In primo luogo, è bene precisare che oggetto ora di esame è il conferimento di un complesso aziendale, vale a dire il complesso integrato di beni e di risorse organizzato in forma di impresa, complesso quindi visto in chiave sia di azienda nel suo complesso che di parte di essa, purché si tratti del trasferimento non di singole risorse, bensì di in un coordinato complesso di uomini e mezzi idoneo a produrre reddito secondo quanto stabilito dal codice civile per la definizione delle aziende (art. 2555 codice civile)[1].
La circolazione di un complesso aziendale o di un suo ramo può quindi avvenire non solo direttamente, utilizzando uno schema negoziale ove è l’azienda stessa ad essere oggetto del trasferimento, ma anche indirettamente, tramite il passaggio di titoli rappresentativi dell’azienda oggetto di cessione.
Infatti, come alternativa alla cessione diretta del complesso aziendale, o di ramo di esso, può essere presa in considerazione:
- la cessione delle partecipazioni della società che possiede il complesso aziendale medesimo;
- il conferimento del complesso aziendale seguito dalla cessione della partecipazione ricevuta;
- la scissione della società contenitore con cessione delle partecipazioni della scissa o della beneficiaria a seconda dei casi e degli scopi perseguiti
Trasferimento aziendale: cessione diretta – effetti IVA/Registro/IRES
La cessione diretta dell’azienda è operazione esclusa dalla sfera applicativa dell’IVA [art.2, comma 3, lettera b), del DPR 633/72] ma l’Atto recante il trasferimento dell’azienda è soggetto al tributo di registro sulla base del valore del ramo d’azienda trasferito.
Infatti, il trasferimento sia attuato a titolo oneroso, il tributo si determina applicando ai valori dei singoli beni le aliquote corrispondenti previste dalla Tariffa, parte 1°, allegata al DPR 131/86.
Le passività totali vanno imputate ai diversi beni, mobili ed immobili, in proporzione al loro rispettivo valore.
L’imposta è del 3% sull’avviamento e beni mobili, lo 0,5% sui crediti (per praticità, nella prassi gestionale si può stimare l’imposta di registro pari al 3% del patrimonio netto conferito + l’avviamento)
Va da sé che, in caso di cessione aziendale, la base imponibile dell’imposta di registro è il valore dell’azienda e non il prezzo pattuito (Cfr. L’art. 51, comma 2, del DPR 131/86) sicché è possibile che gli Uffici finanziari, utilizzando parametri talvolta discutibili, rettifichino l’avviamento quantificato dalle parti e utilizzino la rettifica per rideterminare, la plusvalenza soggetta a tassazione ordinaria IRES[2].
Le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalla cessione di rami di aziende non rilevano ai fini della formazione del valore della produzione IRAP per effetto dell’art. 5, comma 1, del D.Lgs 446/1997 che esclude ai fini IRAP le componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda (l’inciso normativo è stato inserito dall’art. 13-bis, comma 3, DL