Se il datore di lavoro, anziché erogare buoni pasto, fornisce un servizio parallelo a quello di una mensa aziendale, stipulando convenzioni con varie strutture affinché eroghino i pasti ai propri dipendenti, come deve essere gestito tale costo in termini fiscali dal datore di lavoro e quali impatti ha nei confronti del dipendente?
Come deve essere gestita in termini fiscali l’erogazione del servizio mensa gestita come “mensa diffusa”, in sostituzione dell’erogazione di ticket restaurant?
Tale interrogativo è stato posto all’Agenzia delle Entrate, la quale fornisce soluzione al quesito.
Con tale risposta a Interpello, infatti, l’Agenzia fornisce istruzioni circa l’aliquota IVA applicabile alla somministrazione, sulla possibilità di emettere fattura differita da parte dei ristoranti, ma anche sulla detraibilità dell’IVA applicata e sull’imponibilità dell’importo del pasto in capo al collaboratore, e infine sulla deducibilità del costo inerente in capo alla società.
Trattamento fiscale del servizio sostitutivo di mensa: il servizio offerto
Più in dettaglio, l’istante ha richiesto tali chiarimenti all’Agenzia delle Entrate in quanto al posto dei ticket restaurant ha intenzione di attivare un servizio di mensa diffusa, ossia un servizio attraverso il quale in uno specifico orario stabilito dall’azienda, i dipendenti medesimi potranno rivolgersi a strutture convenzionate che potranno erogare il pasto previsto, solo per quella giornata, e solamente in quello specifico orario.
Ciò significa che se il dipendente in quella data è assente, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga per ferie o per malattia, non potrà beneficiare del pasto, e altresì non potrà consumarlo nei giorni successivi.
Tale sistema differisce da quello dei buoni pasto in quanto ogni giornata nella quale non si usufruisce del servizio viene considerata persa e non comporta il mantenimento del diritto ad un credito.
Il pasto inoltre può essere fruito solamente avvalendosi di un apposito badge o applicazione, i quali permettono di stabilire in maniera precisa e univoca il giorno e orario di fruizione del pasto medesimo.
Il pagamento del pasto non avviene però da parte del dipendente, ma verrà successivamente fatturato al datore di lavoro da parte della struttura convenzionata, e sarà il datore di lavoro a dover effettuare il pagamento dei pasti per i propri dipendenti.
Gli aspetti chiariti dal Fisco
Problematiche IVA
Dopo aver brevemente spiegato come funziona il servizio, è possibile approfondire quanto chiarito da parte dell’Agenzia delle Entrate: infatti il primo chiarimento riguarda l’aliquota IVA applicabile.
L’istante, infatti, ritiene che debba essergli addebitata l’aliquota IVA del 4%, citando quanto previsto all’interno della Risoluzione n. 63/E/2005 dell’Agenzia Entrate.
L’Amministrazione Finanziaria sottolinea che le card che il datore di lavoro intende introdurre non sono assimilabili a ticket restaurant ma a un servizio di mensa aziendale, che può essere definita “diffusa” in quanto il dipendente può rivolgersi a diverse strutture convenzionate con il datore di lavoro.
All’interno di tale documento di prassi si chiarisce che devono essere considerate come mense aziendali anche gli esercizi pubblici, limitatamente alle prestazioni di somministrazione di alimenti e bevande realizzate sulla base di specifiche convenzioni con i datori di lavoro.
La mensa diffusa non rientra nell’ambito dei ticket restaurant, bensì risponde meglio alla definizione di gestione di una mensa da parte dei datori di lavoro.
Ad ogni modo, l’aliquota IVA applicabile e le modalità di detrazione seguono quanto previsto dalla Risoluzione n. 63/E/2005 richiamate all’interno dell’Interpello, per cui se la società offre ai propri dipendenti un servizio qualificabile come mensa diffusa o sostitutivo di mensa aziendale, lo si considera soggetto ad aliquota IVA del 4% in sede di fatturazione da parte del ristoratore al datore di lavoro, e l’IVA addebitata è considerata detraibile in capo al datore di lavoro ai sensi dell’articolo 19-bis1, comma 1, lettera f), del Decreto IVA.
Trattamento a fini IRES
Un altro aspetto trattato dall’Agenzia Entrate riguarda la valorizzazione di tale importo ai fini IRES, e più in dettaglio la deducibilità dei costi sostenuti dall’istante in relazione al servizio offerto; i costi sostenuti dall’istante per la gestione del servizio di app, rappresentano un onere per l’acquisizione di un servizio complesso che non è riconducibile alla mera somministrazione di alimenti e bevande, con la conseguenza che esso non subisce le limitazioni di deducibilità previste dall’articolo 109, comma 5, del TUIR; pertanto, al ricorrere dei presupposti previsti, i relativi costi concorreranno integralmente alla formazione del reddito imponibile fermo restando il rispetto dei principi generali di inerenza, e previa imputazione dei componenti negativi di cui all’articolo 109 del TUIR.
Trattamento a fini IRAP
Anche ai fini IRAP, sempre che sussistano tutti i presupposti, i costi sostenuti per il servizio in parola potrà essere considerato interamente deducibile.
…e IRES
Infine, facciamo un appunto per quanto riguarda il trattamento ai fini IRPEF in capo al dipendente: se la società scrivente intende offrire ai propri dipendenti un servizio di mensa diffusa, eliminando dagli accordi la dicitura “servizio sostitutivo di mensa aziendale” (inserita all’interno dei documenti inviati all’Agenzia delle Entrate per l’esame), l’importo del pasto non concorrerà a formare reddito in capo al lavoratore dipendente.
Fonte: Agenzia Entrate, Risposta n. 301/2023.
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A cura di Antonella Madia
Venerdì 18 agosto 2023