Prestiti ai dipendenti: quando costituiscono fringe benefit imponibili?

I prestiti aziendali concessi ai dipendenti possono costituire un vantaggio economico soggetto a tassazione come retribuzione in natura. La normativa distingue tra casi esenti e imponibili, introducendo soglie di esenzione e criteri di calcolo particolari. Ma quando il beneficio diventa tassabile? Una questione da approfondire.

Prestiti ai dipendenti come fringe benefit: trattamento fiscale e contributivo alla luce del TUIR

prestiti ai dipendentiIl Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, numero 917, sancisce all’articolo 51, comma 1, il principio di onnicomprensività della base imponibile ai fini fiscali; nello specifico sono da considerarsi redditi di lavoro dipendente (come tali soggetti ad IRPEF e relative addizionali regionali e comunali) tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Dal principio descritto emerge che rilevano sotto il profilo fiscale tanto le somme in denaro erogate in busta paga a titolo di retribuzione per l’attività (manuale e / o intellettuale) resa a beneficio del datore di lavoro quanto i beni e servizi (cosiddetti “fringe benefits”) che il dipendente riceve in natura dalla stessa azienda.

Mentre per le somme in denaro non si evidenziano problematiche in merito alla loro quantificazione in termini numerici, necessaria per il corretto calcolo di IRPEF e addizionali, il discorso cambia quando si ha a che fare con la retribuzione in natura.

Sul punto il TUIR distingue tra beni e servizi:

  • non tassati;
  • tassati assumendo come riferimento il loro valore normale;
  • tassati sulla base di un valore convenzionale individuato dal Testo Unico.

Appartengono a quest’ultima categoria i prestiti concessi dall’azienda ai dipendenti.

Analizziamo la questione in dettaglio.

 

Prestiti ai dipendenti, perché sono retribuzione in natura?

Nel momento in cui il datore di lavoro concede ai dipendenti prestiti in denaro con un tasso di interesse inferiore rispetto al sistema bancario e finanziario, sta riconoscendo, secondo il TUIR, una retribuzione in natura.

In queste situazioni i beni – servizi concessi dall’azienda come fringe benefits sono rappresentati dal vantaggio economico del lavoratore chiamato a farsi carico di interessi inferiori rispetto a quelli di mercato.

Non a caso i prestiti aziendali, ai sensi dell’articolo 51, comma 4, lettera b) del TUIR rilevano per il calcolo di contributi e imposte secondo un valore convenzionale pari alla differenza tra alla differenza tra gli interessi calcolati secondo il Tasso Ufficiale di Riferimento (TUR) e gli interessi determinati in base al tasso applicato dal datore di lavoro.

Il valore convenzionale

Per le ragioni poc’anzi descritte, tutte le forme di finanziamento erogate dal datore di lavoro, a prescindere dalla loro durata e dalla valuta utilizzata, sono da considerarsi ai fini dell’elaborazione delle buste paga, per il corretto calcolo di contributi (carico azienda e dipendente) e imposte (in capo al lavoratore), secondo un valore convenzionale fissato dall’articolo 51, comma 4, lettera b) del TUIR.

La disciplina in parola interessa anche le ipotesi di prestiti erogati ai dipendenti da soggetti terzi con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni.

 

Quale somma si assume come reddito?

Per il calcolo di contributi e imposte si assume convenzionalmente come retribuzione in natura:

  • per i prestiti a tasso fisso, il 50 percento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al Tasso Ufficiale di Riferimento (TUR) vigente alla data di concessione del prestito e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato dal datore di lavoro o dal soggetto terzo convenzionato;
  • per i prestiti a tasso variabile, il 50 percento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al TUR vigente alla data di scadenza di ciascuna rata e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sui prestiti.

La normativa in parola si applica anche quando il datore di lavoro:

  • non sostiene alcun onere specifico, come nel caso di prestiti sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario o di cessione dello stipendio;
  • versa direttamente ad un istituto di credito scelto dal dipendente, un contributo in conto interessi sul conto corrente del dipendente, dedicato al pagamento del prestito, senza che la somma entri nella disponibilità economica del lavoratore.

Il reddito determinato in base alle disposizioni del TUIR dev’essere assoggettato a contributi e tasse (mediante ritenuta d’acconto applicata dal datore di lavoro in busta paga, per conto dell’Erario) all’atto del pagamento delle singole rate del prestito (a mezzo apposita trattenuta in cedolino) stabilite nel piano di ammortamento.

 

Beni e servizi di modico valore

Ai fini dell’assoggettamento fiscale e contributivo dei prestiti aziendali si precisa che non concorrono al reddito, nel limite ordinario (per singolo periodo d’imposta) di 258,23 euro, elevato eccezionalmente (per le annualità 2025, 2026 e 2027) a:

  • 1.000,00 euro per la generalità dei dipendenti;
  • 2.000,00 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico.

i compensi in natura concessi ai lavoratori (ai sensi dell’articolo 51, comma 3, del TUIR).

All’interno del predetto limite rientrano anche i prestiti concessi ai dipendenti, secondo le regole dettate dalla lettera b), comma 4, del medesimo articolo 51.

Alla luce di quanto descritto, se il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dal datore di lavoro (comprensivo degli interessi sui prestiti aziendali) non supera, nel singolo periodo d’imposta, la soglia ordinaria di 258,23 euro o quella eccezionale di 1.000,00 / 2.000,00 euro, gli interessi stessi non generano in busta paga alcun contributo previdenziale – assistenziale né tantomeno tassazione supplementare.

Al contrario, se i fringe benefits superano la soglia di detassazione i medesimi concorrono per intero a formare il reddito ai fini contributivi e fiscali.

Si precisa che per l’osservanza della soglia in argomento:

  • se il rapporto di lavoro ha una durata inferiore al periodo d’imposta, il limite suddetto non dev’essere ragguagliato ma va considerato interamente;
  • in caso di diversi rapporti di lavoro succedutisi nel corso del medesimo periodo d’imposta, anche se con realtà differenti, ai fini del computo si assumono tutti i beni e servizi ricevuti dallo stesso dipendente.

Esclusioni

Non sono qualificati come fringe benefits e pertanto non rilevano per il calcolo di contributi e imposte:

  • prestiti aventi durata inferiore a 12 mesi, concessi, a seguito di accordi aziendali, dal datore di lavoro ai dipendenti in contratto di solidarietà o in Cassa integrazione guadagni ovvero ai dipendenti vittime dell’usura o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a un rifiuto opposto a richieste estorsive;
  • acconti e anticipazioni di retribuzione (trattandosi non di prestito ma di una modalità di pagamento della retribuzione);
  • dilazioni di pagamento previste per beni e servizi ceduti o prestati direttamente dal datore di lavoro.

 

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Paolo Ballanti

Lunedì 7 luglio 2025