La presunzione di distribuzione, da parte della società, e di incasso, da parte dei soci, alla luce del nuovo dettato normativo della Riforma della Giustizia tributaria: cosa cambia in tema di onere della prova per le società a ristretta base partecipativa?
E’ legittima la presunzione di distribuzione e di percezione, da parte dei soci, del maggior reddito accertato in capo alla società alla luce del nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 D.lgs. 546/1992?
Sussiste un diverso riparto dell’onere probatorio per la “ristretta base societaria” alla luce del nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 D.lgs. 546/1992?
E’ vigente, alla luce del nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 D.lgs. 546/92, la presunzione in base alla quale il Fisco, a fronte di un accertamento emesso nei confronti di una società di capitali – in genere in forma di S.r.l. – composta da un numero esiguo di soci legati da rapporti di tipo personale, in genere familiari, presume che il maggior reddito accertato in capo alla società è stato distribuito ai soci, gravando – di fatto – questi ultimi della probatio “diabolica” circa la mancata percezione del maggior reddito?
Qual’è la corretta declinazione del criterio di ripartizione dell’onere probatorio tra contribuente e amministrazione finanziaria in tema di distribuzione e percezioni dei maggior utili accertati in capo alla società a ristretta base partecipativa?
Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 D.lgs. 546/92 è una norma sostanziale (con efficacia ex nunc), che attiene al presupposto impositivo, oppure processuale, con evidenti differenze e ricadute sull’ambito applicativo temporale?
Effetti della novella normativa
La legge 31 agosto 2022, n. 130 di riforma della giustizia tributaria ha introdotto una disciplina specifica dell’onere della prova all’interno del processo tributario confluita nel nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 D.lgs. 546/92, intitolato “Poteri delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado”.
Il presente contributo vuole verificare, alla luce della citata novella, la vigenza della regola che l’accertamento del maggior reddito ad una società di capitali a ristretta base partecipativa implica una presunzione (semplice) di distribuzione degli utili tra i soci, basata sulla partecipazione al capitale sociale, a prescindere dalla prova di specifici poteri di gestione.
Tale presunzione denota che gravi a carico del singolo socio l’onere di fornire prova contraria, rispetto alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria, dimostrando che i maggiori ricavi dell’ente siano stati accantonati o reinvestiti.
Orbene, la novità normativa[1], in ossequio ai principi del giusto processo e del diritto di difesa, prevede quale unica “deroga” alla regola dell’imputazione dell’onere probatorio in capo al Fisco quella del rispetto della normativa tributaria sostanziale, fatta, dunque, salva dal legislatore della riforma.
Da ciò ne discende che la presunzione “giurisprudenziale” della “ristretta base” non prevale rispetto al nuovo precetto, atteso che, in questo caso, per la ristretta base, non esiste alcuna disposizione “sostanziale” da salvaguardare.
La presunzione di distribuzione degli utili, per la “ristretta base societaria, non trova – e non ha m