La rateizzazione delle somme dovute è manifestazione di acquiescenza del debito tributario?
Acquiescenza del debito tributario: i principi
Non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario.
Nella fattispecie in esame il contribuente non ha prestato acquiescenza al debito tributario portato dall’avviso bonario giacché la sua autonoma impugnabilità è facoltà ma non onere.
Ed infatti, in tema di contenzioso tributario, devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l’Amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e non essendo, perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili.
Il giudice investito dell’impugnazione non può, però, annullarli ritenendo che i predetti debbano avere gli stessi requisiti di quelli indicati nell’art. 19 cit. ed in particolare che in essi debba essere contenuta l’indicazione, prevista nel comma 2 dello stesso art. 19, del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto, della