Il rapporto amministrativo/gestorio dei collaboratori familiari che sta alla base del governo dell’impresa familiare continua a presentare interessanti aspetti giurisprudenziali e/o interpretativi, atteso che la particolare ingerenza dei collaboratori nella res familiare e il caratteristico sistema di imputazione del reddito, può determinare alcune peculiari conseguenze.
Forniamo al Lettore un quadro generale delle questioni di maggiore interesse.
Presupposti di sussistenza dell’impresa farmaceutica familiare: la pronuncia della Cassazione n. 34837/2022
L’accertamento
L’Agenzia delle Entrate ha notificato ad un contribuente titolare di farmacia, avviso d’accertamento, relativo all’anno d’imposta 2007, con il quale ha imputato al contribuente il maggior imponibile, oltre alle sanzioni, derivante dal disconoscimento dell’attribuzione di quote di reddito ai figli, studenti universitari della facoltà di farmacia sita in Roma e residenti a Roma, non riconoscendo a questi ultimi, ai fini fiscali, la qualità di prestatori d’opera in favore dell’impresa familiare – di cui agli artt. 230-bis codice civile e 5, quarto e quinto comma, del T.U. n. 917/1986 – di gestione della farmacia sita in provincia di Matera.
Il contenzioso
Avverso l’atto impositivo il contribuente ha presentato ricorso innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di primo grado, che lo ha accolto.
Contro tale decisione l’Agenzia ha proposto appello, che gli aditi giudici hanno accolto, ritenendo che difettasse l’effettiva collaborazione, continuativa e prevalente, dei figli del contribuente all’impresa familiare, in quanto studenti universitari, che – dal 2001 al 2007- per il completamento degli studi universitari di farmacia, avevano trasferito la loro residenza in Roma, mentre l’esercizio commerciale della farmacia, dove veniva esercitata l’attività imprenditoriale familiare, si trovava altrove.
Il ricorso in cassazione
Il contribuente ha quindi proposto ricorso, denunciando, per quel che ci interessa in questa sede, che la qualità di studenti in farmacia dei figli non escluderebbe la loro collaborazione all’impresa familiare, concretandosi invece in un investimento nella formazione professionale che avrebbe escluso il ricorso all’utilizzo di dipendenti farmacisti.
Aggiunge inoltre che i figli, nell’anno d’imposta 2007, si erano laureati ed avevano concluso pertanto gli studi, in costanza dei quali, difettando l’obbligo di frequenza obbligatoria (richiesto dal piano di studi della facoltà solo per i primi due anni), avrebbero comunque potuto assicurare una collaborazione continuativa e prevalente.
Ancora, il ricorrente assume che la predeterminazione documentale (in particolare tramite il contratto di costituzione dell’impresa familiare e la dichiarazione dei redditi per l’anno 2007) dimostrava la collaborazione dei figli all’impresa familiare.
Il pensiero della Corte
Per la Corte il motivo è infondato.
Osservano gli Ermellini che, dal punto di vista fiscale, l’applicazione del regime dell’impresa familiare, contenuto nell’art. 5, commi quarto e quinto, del T.U.n.917 del 1986, postula che ricorrano le seguenti condizioni:
“a) l’indicazione nominativa dei familiari partecipanti all’attività d’impresa, risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
b) l’indicazione, nella dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa in modo continuativo e prevalente nel periodo di imposta;
c) l’attestazione di ciascun partecipante, nella propria dichiarazione dei redditi, di avere prestato l’attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente”.
La ricorrenza degli elementi documentali appena elencati è indispensabile alla dimostrazione della sussistenza dell’impresa familiare ai fini fiscali (Cassazione 31/01/2017, n. 2472; Cass. 28/03/2017, n. 7995) e
“l’onere della relativa prova spetta al contribuente imprenditore che, in ragione di tale collaborazione e della sussistenza dell’impresa familiare, voglia avvalersi del regime fiscale apposito